Il “potere occulto” dietro la strage di Bologna: Prove eclatanti del contributo di Gelli
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Le motivazioni della sentenza con cui i giudici della Corte di assise di Bologna hanno confermato le condanne di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia: “Alla strage contribuirono Ligio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto. Tra i moventi la necessità di impedire l’accesso della sinistra al potere”
Un potere occulto rappresentato dalla loggia massonica della P2 e dai servizi segreti, che aveva come vertice la figura di Licio Gelli, criminale scomparso nel 2015 e ritenuto tra i mandanti della strage di Bologna. Un’ipotesi più concreta, come confermato dai giudici della Corte di assise di Bologna nelle conclusioni della sentenza che ha confermato le condanne di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia.
“Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D’Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo”. E non solo. “Qui abbiamo accertato – si legge nelle motivazioni – che Gelli, Ia P2, i servizi segreti e quel centro occulto di potere coagulatosi intorno all’ex capo dell’Ufficio affari riservato avevano gestito e destinato ingenti somme di denaro all’esecuzione di un fatto che gravi convergenti indizi indicano nella strage di Bologna”.
Licio Gelli e la strage di Bologna
Nella strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto del 1980, persero la vita 85 persone e ne rimasero ferite altre 200. Un drammatico attentato a cui, secondo i giudici, avrebbero contribuito Licio Gelli e la P2, la loggia massonica riconosciuta poi come una vera e propria organizzazione criminale e sciolta nel 1982: “Qui abbiamo accertato che Gelli, la P2, i servizi segreti e quel centro occulto di potere coagulatosi intorno all’ex capo dell’Ufficio affari riservato avevano gestito e destinato ingenti somme di denaro all’esecuzione di un fatto che gravi convergenti indizi indicano nella strage di Bologna. Le complesse e intrecciate causali che portarono quel gruppo di potere, al cui servizio operavano le diverse squadre di eversori neri sempre a disposizione per manovre di attacco alia democrazia e alia Costituzione, sono tuttora questioni aperte e hanno solo parzialmente formato oggetto di analisi in questo processo”.
![Strage di Bologna, una foto dell'epoca Strage di Bologna, una foto dell'epoca](https://citynews-today.stgy.ovh/~media/64218733603666/strage-di-bologna-3.jpg)
“Uno dei moventi emersi – continua – è consistito nella necessità di impedire ogni prospettiva di accesso della sinistra al potere in Italia, in una fase di ripresa formidabile della guerra fredda sul finire degli anni ’70 e all’inizio degli ’80, con l’invasione sovietica dell’Afghanistan e il dispiegamento dei missili Cruise in Sicilia. Poi ancora l’attuazione del Piano di Rinascita democratica attraverso l’impiego misurato della strategia delle bombe in una prospettiva di guerra psicologica, di provocazione e di preparazione dell’opinione pubblica al taglio delle ali estremi del sistema politico”.
“Si è finalmente giunti a porre un punto fermo che considera la strage del 2 agosto 1980 a Bologna come il momento conclusivo, sia pure sui generis ed atipico rispetto ai momenti precedenti della cosiddetta ‘Strategia della tensione’ – scrivono i giudici – È ormai appurato, grazie alle indagini sul quinto terrorista, l’ex militante di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini, e grazie alle nuove acquisizioni su Sergio Picciafuoco che la compagine degli esecutori materiali non agiva nel vuoto di strategia e fuori da contesti politici nazionali e probabilmente internazionali. Gli esecutori erano strettamente collegati a chi la strage aveva deciso, agevolato e finanziato, attraverso un fitta rete di legami e di mediazioni, di cui tuttavia si intravede ora il vertice, come è stato per le stragi politiche dei primi anni Settanta, la cui funzione fu tutta interna alle strategie atlantiche di prevenzione dell’espansione del comunismo in Europa, mediante operazioni connesse al contrasto alla ‘guerra rivoluzionaria’ con l’impiego della controguerriglia psicologica che prevedeva anche il ricorso a stragi e provocazioni nelle varie forme delineate nell’operazione Chaos”.
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E ancora: “La strage di Bologna rispecchia questa strategia in un modo sui generis, in un mondo che e diventato molto più complesso e vede in atto il consueto tentativo, questa volta riuscito definitivamente, di influire sulla politica nazionale attraverso la strage indiscriminata per chiudere definitivamente con il passato resistenziale del nostro Paese, di cui l’omicidio dell’onorevole Moro e poi del presidente Mattarella furono precisi momenti attuativi”.
Strage Bologna, i giudici: “Nei confronti dei mandanti quadro indiziario corposo”
Accuse pesantissime, come si legge nelle motivazioni della sentenza con cui sono state confermate le condanne di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia: “La strage di Bologna ha avuto dei ‘mandanti’ tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica interna e internazionale da quelle figure, quale contesto operativo della strage di Bologna”.
“Anche la causale plurima affonda radici nella situazione politico-internazionale del paese e nei rapporti tra estremisti neri e centrali operative della strategia della tensione sul finire degli anni Settanta. È nella complessa realtà politica di quegli anni – scrivono i giudici – che vanno trovate le causali della strage, una causale la cui individuazione va compresa allargando ancora di più il campo di osservazione cui ci si è dovuti necessariamente contenere in questo processo”.
La figura di Paolo Bellini
I giudici si sono concentrati ovviamente anche sulla figura di Bellini: “La vicenda personale e processuale di Paolo Bellini è assai intricata (…) si tratta di un personaggio poliedrico, la cui figura e riemersa per oltre trent’anni nell’ambito delle vicende più opache della storia italiana, presentandosi ogni volta in vesti diverse e sempre con nuovi punti di riferimento, rivelando cosi doti di eclettismo e di camaleontismo degne del protagonista di un romanzo”. Nelle motivazioni della sentenza, i magistrati sottolineano:”Uno dei principali elementi di prova che ha consentito la riapertura delle indagini nei confronti di Paolo Bellini è rappresentato dal filmato amatoriale girato dal turista Harald Polzer alia stazione ferroviaria di Bologna in concomitanza con l’attentato del 2 agosto 1980″. “Un documento – si legge – munito della massima attendibilità”.
Non solo. Secondo i giudici della Corte di Assise di Bologna “è altamente probabile che l’uomo raffigurato al binario I della stazione di Bologna il 2 agosto 1980 fosse Paolo Bellini. Si tratta, allora, di un rilevante indizio a carico dell’imputato, che deve essere necessariamente combinato con gli altri elementi indiziari di segno analogo, primi fra tutti quello costituito dalla caduta dell’alibi e la prova della sua falsità a seguito della deposizione della ex coniuge”. “Bellini – proseguono i giudici – ha riferito di non avere mai conosciuto Fioravanti, Mambro e Cavallini. Per quest’ultimo soggetto l’affermazione appare dubbia, alla luce dell’emersione di documenti provenienti dal Sisde che invece attesterebbero un incontro avvenuto tra Bellini e Cavallini in America Latina. In ogni caso, la circostanza che Bellini non conoscesse altri soggetti partecipanti alla strage, quali Fioravanti e Mambro, non è affatto inverosimile, anzi, appare plausibile; ma va subito detto che, quand’anche cosi fosse, ciò sarebbe in alcun modo di ostacolo alle conclusioni raggiunte in questo processo”.
“Infatti – si legge nelle motivazioni – la conoscenza tra compartecipi non può essere reputato un elemento necessario, dovendo ipotizzarsi che il commando terroristico fosse composto da più cellule partecipanti, composte ciascuna da alcuni individui e, altresì, che ogni cellula fosse stata istruita per agire autonomamente rispetto alle altre. Così, senza pretesa di esaustività, può congetturarsi che vi fossero soggetti con mansioni di ordine meramente logistico, incaricate di reperire i veicoli per gli spostamenti e luoghi idonei ad ospitare i terroristi, prima dell’attentato e subito dopo di esso e che alcuni avessero il compito di accompagnare i partecipi in un luogo posto nei pressi della stazione ed aspettare poi il loro ritorno, per riportarli via; alcune persone deputate a portare la valigia all’interno della sala di aspetto della seconda classe; altri individui incaricati di seguire i predetti soggetti e di vigilare che non fossero scoperti; altri soggetti ancora dislocati in luoghi diversi della stazione, al fine di accertare l’arrivo di forze di polizia e in tal caso comunicarle agli altri sodali; infine, è probabile che alcuni fossero stati incaricati di effettuare un breve giro di perlustrazione dopo lo scoppio, per assicurarsi degli effetti devastanti desiderati e della complessiva riuscita dell’impresa criminale”.
E poi, precisano i magistrati: “Si deve poi immaginare che i componenti dei vari gruppi fossero tra loro in contatto con apparecchi ricetrasmittenti, in modo da potere comunicare tra loro il verificarsi di eventuali eventi eccezionali ostativi all’azione ed i relativi o contrordini. Un’organizzazione assai complessa, dunque, e con la probabile partecipazione di un numero di soggetti più elevato di quanto si sia sempre ritenuto. Un commando organizzato in ogni dettaglio e addestrato militarmente a compiere un’azione di sabotaggio della giovane e già sofferente democrazia italiana”.