
Cambiamenti in vista per l’Organizzazione mondiale della sanità, che potrebbe diventare il decisore unico delle prossime pandemie. Peccato che le sue scelte siano condizionate dai finanziatori privati, da Gates a Big Pharma
«Ci saranno altre gravi pandemie e altre gravi emergenze sanitarie. Il punto non è se succederà. Ma quando». Correva l’anno 2021. Era il mese di marzo. E i principali leader mondiali si unirono al monito del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e del direttore generale dell’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, Thedros Adhanom Ghebreyesus. L’emergenza Covid aveva spianato la strada a un nuovo Trattato internazionale per la gestione delle pandemie.
Oggi l’OMS, da agenzia delle Nazioni unite con pareri «non vincolanti», si prepara a diventare l’autorità prevalente nelle emergenze sanitarie. Con ampi poteri, anche sulla sicurezza. E con il rischio che gli Stati vedano assottigliarsi l’autonomia nella gestione sanitaria, e le multinazionali tengano ancora più salda in mano la catena di comando.
Tra dubbi e polemiche, il prossimo maggio, nel corso della 76esima assemblea, a Ginevra, i 194 Paesi che fanno parte dell’Organizzazione saranno chiamati a votare anche le proposte di modifica del Regolamento sanitario internazionale (RSI). Questi emendamenti, insieme al nuovo Trattato sulla pandemia, potrebbero cambiare radicalmente l’OMS. E il rapporto di potere con gli Stati.
«Non ci sarà alcuna perdita di sovranità in tema sanitario» rassicura Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale, che in passato ha svolto diversi ruoli nell’istituto internazionale. «L’esperienza del Covid ci ha insegnato che bisogna agire in maniera globale, soprattutto per le malattie infettive. Non è un problema di legittimità, ma di efficienza. Se mai l’agenzia oggi è un carrozzone lento, farraginoso, per colpa della burocrazia. Non dimentichiamo però che l’OMS è un organismo di proprietà degli Stati e che da cinquant’anni è sottofinanziata, quindi ha dovuto aprire ai privati. I quali non hanno colpe, come non ne ha l’agenzia stessa. Sono i Paesi membri che debbono garantirne l’indipendenza».
Proprio i fondi rappresentano il piano inclinato per l’OMS, che ha un ruolo centrale anche nelle strategie vaccinali in Europa. E vede tra i suoi maggiori finanziatori i privati. Per alimentare un budget triennale di quasi 7 miliardi di dollari, l’agenzia ha due fonti principali: gli Stati che pagano le loro quote di adesione; i contributi volontari che possono arrivare sia dagli Stati stessi dai partner privati. È questa attualmente la fetta più consistente dei fondi (65,41 per cento), con quasi 4 miliardi e mezzo di dollari.
La fondazione Bill e Melinda Gates è il secondo più grande finanziatore dopo gli Stati Uniti. Secondo Lawrence Gostin dell’Università di Georgetown (USA), «la maggior parte dei soldi che Gates garantisce è legata a programmi specifici della Fondazione. Ciò significa che l’OMS non può stabilire in maniera indipendente le priorità sulla salute globale. È in balia del privato».
Gates, azionista di rilievo nel mercato dei vaccini, ha un ruolo determinante anche in tutti i partenariati pubblico-privati. Oltre all’Organizzazione della sanità, finanzia Gavi Alleanza, un ente di cooperazione pubblico-privato che annovera governi, Banca Mondiale, varie fondazioni tra le quali la Rockefeller Foundation, case farmaceutiche, persino il World Economie Forum. E Gavi è al terzo posto come finanziatore privato dell’OMS per tutti i progetti vaccinali.
«Non si ha consapevolezza del pericolo che stiamo correndo» avverte Giuseppe Tritto, urologo, esperto di biotecnologie e presidente della ONG Wabt, l’Accademia mondiale di scienze biomediche e tecnologiche nata nel 1987s otto l’egida deU’Unesco.«Le lobby private sono divenute attori alla pari con i governi, dentro OMS e Nazioni Unite. Qui è stata fatta una doppia operazione: hanno svuotato l’ONU sul tema dello sviluppo sostenibile, e in nome della “One Health”, un concetto di salute che integra uomo, cibo e ambiente, hanno assegnato al World economie forum la gestione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Ora vogliono fare la stessa operazione con l’OMS. La realtà è che il cartello di Big Pharma imporrà così le scelte sanitarie globali».
Che i finanziamenti privati siano un problema lo ha ammesso lo stesso direttore generale Thedros, che ha rilanciato la necessità di incrementare i contribuiti degli Stati «per garantire più certezza e indipendenza dai finanziamenti privati». E l’anno scorso l’Assemblea si è chiusa con l’impegno degli Stati di aumentare la loro quota associativa, entro dieci anni, fino al 50 per cento del bilancio dell’OMS, a fronte dell’attuale 16 per cento. E l’Italia? Il nostro Paese segue la linea della Commissione europea. Dei suoi 25 milioni di dollari di donazione annui, la maggior parte è destinata a finanziare il programma OMS in situazioni di emergenza sanitaria. Nel 2020 l’allora governo Conte ha garantito, in favore di Gavi, un contributo di 287,5 milioni di euro.
Tra timori, pericoli e polemiche, cosa si avvia dunque a diventare la maggiore istituzione mondiale della sanità? Alcune organizzazioni umanitarie, in testa Amnesty International, sollevano preoccupazioni per la salvaguardia dei diritti umani. Negli oltre 300 emendamenti al Regolamento sanitario internazionale, in caso di prossima pandemia si parla di limitazioni alla circolazione delle persone, di scambio di dati sensibili e controllo dell’informazione.
«Come presidente della Wabt, insieme ad altre 250 organizzazioni no profit» conclude Tritto «abbiamo chiesto le dimissioni del segretario generale delle Nazioni Unite e del direttore generale dell’Oms». Ecco perché l’Assemblea mondiale di maggio potrebbe riservare molte sorprese.
Cosa e come sta in piedi l’OMS
L’Organizzazione mondiale della sanità è stata fondata il 22 luglio 1946, ed è divenuta operativa due anni dopo. E’ l’agenzia delle Nazioni Unite per le questioni sanitarie. Ha sede a Ginevra.Vi aderiscono 194 Paesi in tutto il mondo, divisi in sei grandi regioni, più due “associati”.
L’agenzia è nata con lo scopo di far raggiungere a tutte le popolazioni il più alto livello possibile di salute, inteso come condizione di benessere fisico, mentale e social. Ogni Stato membro partecipa con due tipi di contributi: versamenti predefiniti, i cosiddetti “assessed”, e volontari, I primi sono calcolati in base al PIL.
Principale finanziatore dell’OMS sono gli USA, con 893 milioni di dollari solo per il bienni 2018-2019; che sommati ai 656 milioni di dollari di contributi volontari , rappresentano il 15 per cento circa dei fondi totali. Il secondo maggiore contribuente è la Bill and Melinda Gates Foundation, Al terzo posto troviamo la Gavi Vaccine Alliance, organizzazione internazionale privata per vaccini e immunizzazioni. Quarta è la Gran Bretagna, con il 7, 79 per cento, seguita dalla Germania con il 5,68 per cento. L’Italia è al settimo posto. Tra i contribuenti figura anche la Cina.
Chi è il direttore Thedros Adhanom Ghebreyesus
Nato ad Asmara, Eritrea, padre di 5 figli, Ghebreyesus ha un solido curriculum accademico alle spalle: una laurea in biologia, poi un master in Immunologia delle malattie infettive alla London School of Hygiene & Tropical Medicine, un dottorato in Community Health all’università di Nottingham; membro di diversi enti internazionali fra cui l’Aspen Institute e la Harvard School of Public Health. Ma la sua esperienza è stata anche politica: membro del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF), che confluì nel Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (partito socialista di opposizione che nel 1991 ottenne la caduta del dittatore marxista Mengistu Haile Mariam), si ritrovò così nel governo di Meles Zenawi, che prese il potere e vi rimase fino al 2012. Fu in quegli anni che Ghebreyesus divenne dapprima consulente per la sanità pubblica, poi nel 2001 capo dell’ufficio sanitario regionale del Tigray, poi nel 2003 viceministro della salute e infine ministro della salute nel 2005. Sotto le sue direttive si registrarono notevoli riduzioni di aids e meningite e progressi nella pianificazione familiare. Promosse l’informatizzazione del sistema sanitario, la formazione di 30mila sanitari e la costruzione di 4mila centri di salute in tre anni.
Ma quel governo di cui faceva parte era violento e illiberale: vinse con brogli elettorali, incarcerò oppositori e giornalisti, represse le proteste nel sangue. Quando il premier Zenawi morì, nel 2012, il potere passò al suo vice, Haile Mariam Desalegn, che nominò Ghebreyesus ministro degli esteri. Tale rimase fino al 2016, proprio negli anni in cui l’Etiopia cresceva a livello internazionale, ma al suo interno soffocava con violenza le proteste delle componenti maggioritarie del paese, Oromo e Amara, contro la minoranza tigrina da sempre al potere e di cui lo stesso Ghebreyesus è parte.
Terminato il suo incarico di governo, Ghebreyesus si è poi candidato alla guida dell’Oms. Quando mancavano pochi giorni all’elezione, esplose il caso di tre presunte epidemie di colera che Tedros avrebbe insabbiato negli anni precedenti, facendole passare per “diarree acute”. Accuse volte a boicottare la sua elezione, secondo Ghebreyesus. Scriveva il Guardian nel 2007, in occasione di una delle tre infezioni, che “il governo etiope” aveva “compiuto seri sforzi” per affrontare la malattia, ma si era rifiutato di dichiarare ufficialmente l’epidemia per timore di ricadute su economia e turismo.
Pochi mesi dopo, il primo vero scandalo: Ghebreyesus nominò ambasciatore di buona volontà per l’OMS quel Robert Mugabe che tiranneggiava da decenni il suo paese, lo Zimbabwe. Dopo quattro giorni di feroci polemiche (Lancet lo definì “dittatore generale”), Ghebreyesus annullò la nomina. Un clamoroso passo falso: ma quando Tedros fu scelto come candidato, il presidente di turno dell’Unione Africana era proprio Mugabe. A posteriori, quest’episodio mostra un’idea di “lealtà”. “Principio” che potrebbe aver influito anche nelle scorse settimane, quando Tedros ha più volte elogiato la Cina per la sua “risposta decisa” al covid-19 o quando, la prima settimana di febbraio, si è espresso contro la chiusura dei confini e la sospensione dei voli. “Abile diplomazia”, secondo i suoi sostenitori, per non “rompere” con il soggetto chiave della pandemia. Ma in tanti leggono nelle sue dichiarazioni un asservimento alla Cina.
Intanto restano alcuni fatti inconfutabili: che prima di Ghebreyesus l’Oms sia stata guidata per un decennio dalla cinese Margaret Chan; che la Cina, fra i maggiori contributors dell’Oms, abbia promesso a Ghebreyesus appena eletto di raddoppiare i propri finanziamenti. Quello che è certo sono gli stretti, strettissimi rapporti che legano la Cina all’Etiopia, sede dell’Unione Africana e paese in cui Ghebreyesus ha per anni ricoperto ruoli politici di primo piano. Circa metà del debito estero etiope è nei confronti della Cina, che giusto un anno fa accettava di rinegoziarne i termini con il nuovo premier, il nobel per la pace Abiy Ahmed. Fra gli enormi investimenti cinesi in Etiopia, spiccano la costruzione della ferrovia Addis-Gibuti, un’opera da 4 miliardi di dollari con un enorme interesse strategico (a Gibuti si trova la prima base navale militare cinese in Africa) e la compartecipazione cinese nella tanto discussa maxi diga sul Nilo. Secondo l’agenzia Xinhua, sono 400 i progetti d’investimento cinesi già operativi nel paese, per oltre 4 miliardi di dollari. L’Etiopia è anche fra i partner chiave nella Belt and road Initiative.
Inoltre, Pechino vuole costruire in Etiopia un nuovo centro da 80 milioni di dollari per l’Africa Centers for Desease Control and Prevention: l’amministrazione Trump a febbraio ha dichiarato che, in tal caso, non finanzierà più il Centro, perché “i cinesi lo useranno per spiare gli africani”. Del resto, nel gennaio 2018 Le Monde denunciò che i sistemi informatici del nuovo palazzo dell’Unione Africana, dono della Cina, erano stati configurati con una backdoor che passava informazioni a server cinesi.
Lo scorso 15 gennaio, la compagnia aerea statale Ethiopian Airlines, fra le poche ad aver mantenuto voli con la Cina, ha annunciato la costruzione di un nuovo aeroporto della capacità di 100 milioni di passeggeri. Il progetto, nel cassetto da anni, prevede investimenti per 5 miliardi di dollari, che non si sa chi da chi verranno. Intanto il patron di Alibaba Jack Ma ha annunciato la donazione di dispositivi di protezione integrale a tutto il continente africano, proprio tramite Ethiopian. Il premier Ahmed provvederà alla distribuzione agli altri Paesi. Arrivato a fine marzo un primo lotto da 108 tonnellate di kit, mascherine e tute protettive.
Fatti che non dimostrano l’eventuale influenza della Cina sulle decisioni dell’etiope Ghebreyesus. Ma di certo sollevano domande.