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Giuseppe Conte e Matteo Renzi, due ex premier in rotta di collisione

Di cose in comune ne hanno solo una: l’alta considerazione di sé stessi. Per il resto, a livello politico, Giuseppe Conte e Matteo Renzi sono come il giorno e la notte. Puntualmente capita che i due ex premier entrino in rotta di collisione: e non sono sfide di fioretto, bensì incontri di pugilato, senza esclusione di colpi. È un odio antico, quello tra i due leader di M5S e Italia viva, che affonda in radici ormai inestirpabili. Tutto nasce a cavallo del Ferragosto 2019. In quell’estate infuocata la Lega, con Matteo Salvini all’apice del consenso, fa saltare il primo governo Conte per andare al voto anticipato, il cui esito (scontato) sarebbe stato a favore del Carroccio. È in quel frangente che Renzi, d’intesa con l’ala sinistra di quello che di lì a poco diventerà il suo ex partito, s’inventa la più impensabili delle mosse del cavallo: diventa il regista dell’alleanza tra il Pd e gli acerrimi nemici del M5S pur di sbarrare a Salvini la strada verso Palazzo Chigi, tenendo Conte in sella. È questo, forse, l’unico frangente in cui i rapporti tra Conte e Renzi sono amichevoli.

Ma è mera convenienza politica, anche perché Renzi, appena venti giorni dopo, fa scattare la «fase 2» del suo disegno politico: prima vara la scissione dal Pd di una quarantina tra deputati e senatori, fonda Italia viva e inizia a condizionare il governo, che poggia su una variopinta e delicata maggioranza. È qui che i rapporti iniziano a incrinarsi seriamente. Renzi, di fatto, con la sua truppa di parlamentari può di fatto staccare la spinta al Conte II da un momento all’altro. Scintille dopo scintille si arriva a fine gennaio del 2021, quando il leader di Italia viva dice davvero basta. Ma siamo in piena pandemia: niente elezioni anticipate, a Palazzo Chigi arriva Mario Draghi. Una beffa politica, questa architettata dall’ex premier, che Conte non perdonerà mai a Renzi. Dei due non esiste una foto assieme. Dai duelli politici si passa a veri e propri scontri che, talvolta, trascendono pure nel personale. Lo scorso gennaio, mentre il capo del Movimento viene paparazzato a Cortina in un albergo extralusso, Renzi affonda: «È legittimo andare negli hotel 5 stelle. Quello che non è legittimo è giocare sulla rabbia della gente aizzando il popolo del reddito di cittadinanza contro gli altri politici che vanno negli hotel 5 stelle. Questo è moralismo senza morale».

Cazzotto dopo cazzotto si arriva all’ultimo round, in attesa del prossimo. Incalzato da La Repubblica sulle prospettive di questa maggioranza, Renzi la mette così: «La premier Meloni durerà, ma in caso di crisi sarà aiutata da Conte», evidenziando le intese dietro le quinte che hanno portato all’elezione di Barbara Floridia (M5S) come nuova presidente della Vigilanza Rai e a quella dell’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, grillino pure lui, nel consiglio di presidenza della Giustizia tributaria. Poi, visto che dal 3 maggio l’ex premier sarà anche il direttore politico de Il Riformista, viene incalzato in veste di giornalista: «Cosa domanderei a Conte? Gli chiederei se ha una idea in cui crede davvero o cambia idea sempre a seconda delle convenienze e degli alleati».

Poche ore arriva la contraerea del leader del Movimento: «Renzi? Pensa solo a curare i suoi affari», ribatte velenoso Conte evocando i possibili conflitti d’interesse per i diversi ruoli del senatore di Firenze, impegnato anche nella sua attività privata di conferenziere. Ma non finisce qui. Perché l’ultima velenosa bordata Renzi la spara discutendo privatamente con i suoi fedelissimi: «Conte dice che curo i miei interessi? Mi deve aver scambiato con uno dei colleghi del suo studio legale che durante la pandemia di occupavano di mascherine. A proposito: a quanto la commissione di inchiesta sul Covid?».

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Pubblicato inPolitica italiana

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