Sei i rumori sono forti e invadenti, e diventano nocivi per la salute di chi abita nelle vicinanze, il Comune ha il dovere di pagare i danni causati dalla movida e dal mancato rispetto delle norme di quiete pubblica. A deciderlo sono stati i giudici della Cassazione a cui si è rivolta una coppia di coniugi di Brescia per protestare contro la “immissione da rumore” generata dalla piazza piena di ragazzi fino a tarda notte. Una sentenza che potrebbe essere utilizzata da altri cittadini di tutta Italia, contro le amministrazioni locali, perché stanchi del caos notturno.
A riportare la vicenda, iniziata nel 2012, è Il Messaggero. Protagonista Gianfranco Paroli, fratello maggiore dell’allora sindaco di Brescia Adriano, oggi senatore di Forza Italia. Una causa vinta in primo grado, con un risarcimento previsto di oltre 50mila euro (20mila euro a coniugi per il danno non patrimoniale, 9mila per quello patrimoniale, oltre le spese processuali), e persa poi in appello con la Cassazione che adesso riapre il caso: i residenti dei quartieri della movida possono chiedere il risarcimento dei danni alle amministrazioni comunali “che non garantiscano il rispetto delle norme di quiete pubblica e di conseguenza non tutelino la salute dei cittadini“.
Per i supremi giudici “la tutela del privato che lamenti una lesione del diritto alla salute (costituzionalmente garantito) è incomprimibile nel suo nucleo essenziale sulla base dell’articolo 32 della Costituzione, ma anche del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà, che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini l’affievolimento, cagionata dalle immissioni (nella specie, acustiche) intollerabili, provenienti da area pubblica (nella specie, da una strada della quale la Pubblica Amministrazione è proprietaria)”.
Tocca dunque al Comune garantire ai suoi cittadini questo diritto: “La pubblica amministrazione – si legge nel provvedimento – è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, può essere condannata sia al risarcimento del danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un “facere”, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità”.
Per il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, presidente anche dell’Unione delle Province d’Italia, “questa sentenza attribuisce forti responsabilità, anche risarcitorie, ai Comuni; in passato i locali lamentavano di venire sanzionati per il rumore in strada di fronte a loro. A volte ben sappiamo che i comportamenti scorretti di pochi avventori creano enormi problemi, a fronte della maggioranza degli utenti che si intrattengono in maniera rispettosa. Certo è che servirebbe un intervento legislativo che abbini alle responsabilità i poteri, per poi far rispettare le regole perché – ragiona il primo cittadino parlando con l’ANSA – il danno economico per i Comuni potrebbe essere enorme”.
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