Negli ultimi giorni abbiamo sentito molto parlare degli eccezionali risultati ottenuti sul campo di battaglia dagli uomini della Compagnia Militare Privata Wagner. Con la vittoria nei sanguinosi combattimenti, durati mesi, per la conquista di Bakhmut/Artyomovsk e Soledar si erano guadagnati il rispetto di tutta la Russia, un rispetto che ha resistito all’onta che il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, aveva fatto cadere su di loro con il suo sconsiderato ammutinamento armato durante lo scorso fine settimana.
Infatti, nel suo discorso ai comandanti militari che avevano ostacolato la marcia di Wagner su Mosca e costretto Prigozhin a negoziare un accordo, il Presidente Vladimir Putin ha riconosciuto che il Gruppo Wagner ha dimostrato una maggiore efficacia sul campo di battaglia rispetto alle truppe regolari del Ministero della Difesa.
Questa osservazione mi è sembrata piuttosto singolare, pronunciata davanti ad ufficiali che avevano appena salvato il Cremlino dalla prospettiva di un disastroso bagno di sangue alle porte di Mosca. Forse serviva ad attenuare lo shock della dichiarazione successiva, quando Putin ha rivelato la quantità di soldi che il governo russo aveva pagato al gruppo Wagner nell’anno mobile maggio 2022 maggio 2023, ossia 95 miliardi di rubli, equivalenti a 1 miliardo di euro, sia per il mantenimento della forza che per i premi di incentivazione, pari al 20% del totale.
Tuttavia, riflettendoci, concludo che il pubblico a cui era destinato il discorso di Putin non era in sala ma all’estero, nelle agenzie di intelligence di Londra e Washington, per dare a loro e ai leader a cui riferiscono la falsa speranza che l’esercito russo sarà ora indebolito dallo scioglimento del Gruppo Wagner.
Dico questo perché la Russia ufficiale è molto cauta nel descrivere ciò che sta accadendo e ciò che probabilmente accadrà sul campo di battaglia in Ucraina. Certo, annunciano le terribili perdite subite dall’esercito ucraino e la distruzione di carri armati, artiglieria e mezzi corazzati occidentali nelle prime due settimane della sua controffensiva. Ma ricordano a se stessi che, fino ad ora, le riserve ucraine sono state tenute in disparte e potrebbero essere utilizzate in qualsiasi momento, con risultati imprevedibili. Da parte russa, non si grida affatto “Missione compiuta”, come aveva prematuramente fatto George W. Bush durante la guerra in Iraq.
Eppure, se osserviamo con attenzione i rapporti quotidiani delle forze armate russe sulle operazioni sul campo di battaglia, dobbiamo ricalibrare la nostra comprensione di chi è chi, dove finiscono le forze di Wagner e iniziano quelle dell’esercito regolare russo.
Il Gruppo Wagner si era distinto nella battaglia per Bakhmut, in gran parte un conflitto urbano, sempre sanguinoso. Nonostante il vantaggio in artiglieria delle forze russe, conquistare un edificio dopo l’altro e una strada dopo l’altra era costato caro in termini di vite umane. È facile immaginare che le perdite russe non siano state inferiori a quelle ucraine. Per i russi questo era politicamente accettabile solo perché la maggior parte delle truppe wagneriane impegnate nei combattimenti erano ex detenuti le cui vite erano sacrificabili, almeno secondo il punto di vista di Mosca. Poi, per altre missioni speciali, c’erano i ceceni delle forze speciali Akhmat, che avevano fatto miracoli per liberare Mariupol.
Tuttavia, le operazioni sul campo di battaglia in Ucraina stanno ora procedendo in modo molto diverso, quello della tradizionale guerra di logoramento in cui la forza dell’artiglieria è determinante. Fin dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale, i soldati russi fungevano da carristi, operatori di droni e di altri equipaggiamenti pesanti, mentre gran parte dei combattimenti di fanteria venivano svolti dalle milizie di Donetsk e Lugansk, combattenti incalliti che difendevano la propria terra. Ma, visti da Mosca,[questi combattenti] erano anche più facilmente sacrificabili rispetto, ad esempio, ai riservisti o persino ai soldati a contratto di Mosca, Kazan o Vladivostok. Durante il 2022, l’esercito regolare russo era svantaggiato rispetto a quello ucraino per quanto riguarda la ricognizione in tempo reale delle posizioni nemiche ai fini del puntamento. Gli ucraini ricevevano questi dati dagli aerei e dai satelliti americani. Inoltre, i russi non erano molto abili nelle manovre con i carri armati e cadevano ripetutamente nelle trappole ucraine o venivano colpiti dalle armi anticarro fornite dall’Occidente.
Nel 2023, vediamo che la situazione si è ribaltata. L’esercito russo ha imparato a lavorare con i droni in modo molto efficace. Le eventuali carenze di droni verificatesi all’inizio della guerra sono state compensate da una produzione molto più ampia da parte del complesso industriale militare e anche da una produzione che potremmo definire “artigianale”, sia da parte di aziende start-up sul fronte interno che da assemblaggi improvvisati dalle stesse truppe vicino alle linee del fronte.
Abbiamo visto sulle televisioni occidentali molti servizi sugli attacchi dei droni russi alle città ucraine e alle infrastrutture critiche. Inizialmente questi droni erano in gran parte importati, dall’Iran e da altre fonti. Oggi sono sicuramente in gran parte di produzione russa.
Ma questi attacchi alle città sono solo uno spettacolo secondario in questa guerra rispetto ai droni da ricognizione e ai droni kamikaze che l’esercito russo sta ora schierando sul campo di battaglia. I soldati russi hanno perfezionato il coordinamento di entrambi i tipi di droni per ottenere un successo comprovato nel distruggere sia i più recenti equipaggiamenti pesanti della NATO sia i vecchi modelli di epoca sovietica che Kiev sta spostando al fronte nel corso della sua cosiddetta controffensiva.
I portali di notizie russi di oggi riportano notizie e immagini video della distruzione di un veicolo blindato Bradley, fornito dagli americani, da parte di un carro armato russo T-80 da una distanza di 9,5 chilometri, con l’utilizzo di droni per localizzare il bersaglio nascosto, ottenere le coordinate per un tiro di precisione e registrare la distruzione del bersaglio. Questo, ovviamente, è un metodo completamente nuovo di guerra tra carri armati che richiede personale esperto di computer e comunicazioni altamente sofisticate.
Nel programma Una serata con Vladimir Solovyov, che si è susseguito per diverse domeniche, il conduttore ha proiettato sullo schermo i video girati durante i suoi incontri con gli ufficiali e i soldati in prima linea nel Donbass. Di recente, una trasmissione è stata interamente dedicata ai soldati che manovrano i droni e ai loro colleghi che gestiscono l’artiglieria e i carri armati.
Oltre ai droni, l’esercito russo sta utilizzando elicotteri d’attacco, soprattutto i cosiddetti Alligator, per distruggere le attrezzature pesanti ucraine sul campo di battaglia. I rischi del fuoco di terra o dei missili lanciati contro gli elicotteri vengono mitigati da una serie di nuovi dispositivi di guerra elettronica che sembrano essere molto efficaci nella pratica. La guerra elettronica viene utilizzata dai russi per disorientare e neutralizzare in altro modo i droni ucraini.
Allo stesso tempo, l’esercito russo ci sta dicendo molto tranquillamente che sta schierando bombardieri stealth nella zona di guerra. I primi voli hanno dimostrato la loro capacità di operare sopra il territorio controllato dall’Ucraina senza essere rilevati. Se questa pratica verrà generalizzata, i russi potranno finalmente godere della superiorità aerea che ha caratterizzato le operazioni belliche degli Stati Uniti e della NATO negli ultimi trent’anni o più.
I risultati più sensazionali delle nuove modalità di guerra russe finiscono sui tabloid e nelle trasmissioni televisive occidentali, perché la distruzione dei Bradley e dei Leopard fa notizia nei Paesi fornitori. Questi sistemi avanzati vengono presi di mira in modo prioritario dai soldati e dagli aviatori russi per le alte ricompense messe in palio dal Ministero. Come parte del processo di documentazione delle “uccisioni”, le distruzioni di questi mezzi vengono videoregistrate e postate sui social media dai russi. Ciò che manca nella nostra copertura è una panoramica di ciò che questo significa per la nostra valutazione del potenziale militare dell’esercito russo.
Neutralizzare i carri armati, i mezzi corazzati e i pezzi di artiglieria ucraini significa eliminare i soldati e gli ufficiali ucraini più addestrati ed esperti. Espone la fanteria a perdite sempre più terribili, mentre la controffensiva procede su richiesta dei padroni di Washington, Bruxelles e Londra.
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Consideriamo ora le implicazioni di quanto sopra per il finale di questa guerra.
Finora, nella controffensiva iniziata il 4 giugno, l’Ucraina ha perso quasi il 20% dei Bradley forniti dagli Stati Uniti e circa la stessa percentuale di Leopard forniti dagli Stati membri europei della NATO. Le ultime informazioni che arrivano dagli Stati Uniti sulla prossima tranche di assistenza militare a Kiev indicano una sostituzione uno contro uno degli equipaggiamenti pesanti persi sul campo di battaglia. Notate: uno contro uno! Le forze ucraine non otterranno alcun vantaggio rispetto alle perdite attuali. La conclusione che ne traggo è che, indipendentemente da ciò che Washington dichiara sul futuro a lungo termine della guerra, ha già dismesso la possibilità che l’esercito ucraino possa riuscire nella sua missione di liberare il proprio territorio dall’occupazione russa.
Per quanto riguarda il personale, a due settimane dall’inizio della controffensiva ucraina il comando militare russo ha riferito a Putin che gli ucraini avevano perso 13.000 tra soldati e ufficiali. Da allora, secondo i resoconti quotidiani, ci è stato detto che 500 o più combattenti ucraini sono stati uccisi ogni giorno sui vari fronti in cui si sono concentrati gli attacchi. Un rapporto pubblicato oggi su Forbes conferma che i campi minati russi e le altre difese che ostacolano gli attacchi ucraini hanno portato a perdite di personale disastrose.
In realtà, gli Stati Uniti potrebbero aver cancellato del tutto l’esistenza dell’esercito ucraino. Secondo alcune indiscrezioni, durante la sua ultima visita a Kiev, il Presidente polacco Duda avrebbe messo a punto insieme a Zelensky un piano per l’ingresso di truppe polacche nell’Ucraina occidentale nel periodo luglio-agosto, al fine di sostenere l’esercito ucraino. Se questo è vero, conferma il sospetto che, a quel punto, non esisterà più un esercito ucraino degno di questo nome a causa dell’altissimo tasso di perdite che molte unità ucraine stanno sperimentando, non solo, ma nelle unità ucraine ridotte a pezzi i soldati in preda alla disperazione potrebbero alla fine rivoltarsi contro i loro ufficiali. Finora, i soldati ucraini sul campo di battaglia che avevano visto ciò che li aspettava e avevano cercato di arrendersi erano sempre stati colpiti alle spalle dalla Guardia Nazionale ucraina.
La possibilità che ci sia qualche fondamento sotto la voce di piani polacchi per l’invio di truppe nell’Ucraina occidentale è supportata da altre voci riguardanti la posizione delle forze del Gruppo Wagner che hanno lasciato la Russia per la Bielorussia e sono state ridispiegate vicino ai confini con la Polonia e l’Ucraina occidentale.
Per coloro che sono allarmati dal fatto che l’entrata in guerra della Polonia potrebbe portare ad una guerra generale a livello europeo e ad una probabile escalation di attacchi nucleari, offro la “consolazione” che il possibile impegno della Polonia in Ucraina non comporta l’obbligo di rispettare l’articolo 5 del Trattato dell’Alleanza Nord Atlantica. Si tratterebbe di una guerra polacco-russa, eventualmente limitata ai soli campi di battaglia ucraini. Punto e basta. E, anche se improbabilmente il conflitto si estendesse al territorio polacco, non immagino che la Germania metta in pericolo Amburgo per difendere Breslavia o Varsavia dalla delirante avventura della leadership polacca.
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Qualche giorno fa, il decano della Scuola Realista di Relazioni Internazionali degli Stati Uniti, il professor John Mearsheimer dell’Università di Chicago, ha pubblicato sul suo sito substack.com un articolo intitolato “The Darkness Ahead: Where the Ukraine War is Headed” [Il buio davanti a noi: dove va la guerra in Ucraina]. Si tratta ovviamente di un saggio in cui ha investito molto tempo e molta riflessione, dal momento che, alla fine, afferma che lo utilizzerà come base per le conferenze pubbliche che terrà nei prossimi mesi.
Questo saggio ha tutte le caratteristiche di un documento professionale di scienza politica. Presenta una lunga serie di scenari che descrivono le possibili eventualità. Sostiene che, poiché sia l’Ucraina che la Russia considerano esistenziale il loro confronto, nessuna delle due parti verrà al tavolo dei negoziati. Per questo motivo, secondo Mearsheimer, la guerra si concluderà con un conflitto congelato che potrebbe riaccendersi in futuro. Nel frattempo, le relazioni della Russia con l’Europa e l’Occidente collettivo ristagneranno nel loro attuale stato di rottura e le economie europee continueranno a subire le conseguenze delle sanzioni contro Mosca.
È curioso che il buon professore non abbia parlato dell’”elefante nella stanza”, ovvero la possibilità di un collasso militare ucraino e la conclusione di una pace in termini di capitolazione alle richieste russe.
Ho menzionato in precedenza l’attuale tasso di perdite molto sfavorevole delle forze ucraine, che, dopo un anno di combattimenti, si trovano ad affrontare una Russia molto più forte e un esercito russo molto più capace tecnologicamente. Lo stesso Mearsheimer descrive la guerra di logoramento in corso come una guerra decisa dall’artiglieria in cui, per sua ammissione, i russi hanno un vantaggio di 10 a 1 in termini di pezzi e proiettili di artiglieria. Prosegue affermando che, dati i limiti delle scorte e delle capacità produttive occidentali, nel prossimo anno non c’è modo di migliorare la condizione degli ucraini per quanto riguarda l’artiglieria.
Curiosamente, Mearsheimer sceglie di fissare il rapporto delle perdite fra russi e ucraini a 1:2 mentre, secondo la sua stessa logica, dovrebbe essere 1:5 se non 1:10. Inoltre, egli fa notare il vantaggio della Russia in termini di popolazione, che fissa a 5:1, tenendo conto della fuga degli ucraini all’estero, compresi i 4 milioni che si sono trasferiti nella Russia vera e propria.
Quindi, traiamo la conclusione appropriata dai fatti forniti dal professor Mearsheimer: l’Ucraina sta per essere distrutta militarmente e questo suggerisce una capitolazione, indipendentemente da qualunque cosa Washington voglia o speri. Inoltre, con il Gruppo Wagner che alita sul loro collo proprio dall’altra parte del confine con la Bielorussia, sarebbe una vera follia per i polacchi procedere ad un “salvataggio” dei loro amici ucraini, che, più realisticamente, si potrebbe definire un’occupazione dell’Ucraina sconfitta.
Il tempo lo dirà. Ma, in questo momento, il tempo è assai favorevole alla causa russa.
Gilbert Doctorow
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