In un mondo fantastico dove il libero mercato è più libero di un gabbiano sopra il mare, ogni transazione è un valzer volontario tra compratore e venditore. Si dice che per fare il grosso gruzzolo, basta anticipare i desideri dei consumatori e battere la concorrenza, spendendo meno di quanto si incassa. Sembra un gioco da ragazzi, vero? Eppure, stranamente, il cimitero imprenditoriale è pieno di lapidi di aziende che non hanno ballato abbastanza bene a questo ritmo.
Nel nostro caro mondo reale, i mercati hanno più fili attaccati di un burattino in uno spettacolo di marionette. La vera abilità sta nel giocare a tetris con le leggi o, meglio ancora, nell’essere il burattinaio che tira le corde del legislatore. Un esempio scintillante è la transizione green. Tra obblighi e incentivi, qualcuno paga il conto mentre altri si fanno la doccia in una cascata di banconote, proclamando la loro amorevole dedizione al pianeta, con un pizzico di ipocrisia qua e là.
Perché non chiedere anche una bella tassa per “incentivare” comportamenti esemplari, omettendo comodamente di menzionare il profumato guadagno che ne deriva? Basta poi indossare la maschera di una società benefit e improvvisamente tutto diventa angelico, non importa se i compensi dei dirigenti siano proporzionali ai profitti.
Prendiamo, ad esempio, l’idea brillante di elettrificare tutte le auto in meno di dieci anni. Come? Semplicemente tassando le auto con motore tradizionale e usando metà di quella tassa per promuovere l’acquisto di auto elettriche e pannelli solari. L’altra metà? Un piccolo regalo allo Stato per il mancato introito sulle accise. Inizialmente, ogni acquisto di auto elettrica avrebbe un incentivo di 6000 euro, ma se il piano funziona, quella tassa si ridurrebbe a zero. Un calcolo semplice anche per un bambino, ma scomodo da ammettere.
Si presuppone poi che tutti abbiano il lusso di ricaricare l’auto nel proprio box o cortile, ignorando chi parcheggia per strada. Forse questi ultimi preferiscono adornare il cortile con statuette piuttosto che con auto elettriche? E per gli appassionati di supercar che non vogliono rinunciare al rombo della loro Ferrari, niente paura: saranno così pochi che le loro emissioni saranno considerate trascurabili. Per i meno fortunati, che non possono permettersi né l’auto elettrica né la Ferrari, resterà il conforto di fare del bene al pianeta, o almeno così si dice.
Proviamo a riderci sopra, ma ammettiamolo: in questa commedia dell’assurdo, la risata è amara.