Le elezioni presidenziali russe del 2024 si annunciano come un appuntamento cruciale per il futuro del Paese e del suo ruolo sulla scena internazionale. Al cospetto dell’indomabile Vladimir Putin, si presentano tre sfidanti: Leonid Slutskyj, Vladislav Davankov e Nikolaj Kharitonov. Ognuno di loro porta in dote una visione politica distinta, con promesse e programmi che mirano a riscrivere il destino di una nazione al bivio tra continuità e cambiamento.
Leonid Slutskyj: il veterano del Partito Liberaldemocratico
Leonid Slutskyj, a 56 anni, è una figura ben nota nella politica russa, presidente del Comitato della Duma di Stato per gli affari internazionali e leader del Partito Liberaldemocratico di Russia. Il suo programma si concentra fortemente sulla situazione in Ucraina, proponendo misure drastiche per concludere il conflitto entro l’anno. Slutskyj, infatti, sostiene l’idea di “paralizzare il sistema ferroviario dell’Ucraina” come strategia per impedire la fornitura di armi a Kiev.
Oltre agli aspetti geopolitici, Slutskyj si impegna in promesse di riforme sociali ed economiche, come la revisione del sistema fiscale e l’introduzione di esenzioni per i cittadini a basso reddito. Le sue proposte includono anche il congelamento dei prezzi per i beni di prima necessità e misure per facilitare l’accesso alla casa e alla riduzione dei tassi di prestito.
Vladislav Davankov: la nuova speranza progressista
Vladislav Davankov, il più giovane dei candidati a 40 anni, rappresenta il partito Nuova Gente, posizionandosi come il portavoce di una visione progressista e orientata verso la pace. Contrariamente ai suoi concorrenti, Davankov pone l’accento sull’importanza di avviare negoziati di pace con l’Ucraina, puntando a una Russia “indipendente e forte”.
Il suo programma è ambizioso sul fronte interno, proponendo un significativo aumento della spesa pubblica in settori chiave come l’istruzione e la sanità, dalla quale prevede di generare nuovi posti di lavoro. Davankov si impegna anche per una riforma del sistema giudiziario che includa l’introduzione di giurie in casi politici e misure più leggere per i reati non violenti. Un altro punto cardine della sua campagna è la lotta contro la censura e la promozione delle libertà civili.
Nikolaj Kharitonov: il veterano comunista
Nikolaj Kharitonov, a 75 anni, non è nuovo alle sfide presidenziali, avendo già concorso nel 2004. Come membro del Partito Comunista, propone un ritorno alle radici socialiste della Russia, con uno slogan evocativo: “Abbiamo giocato al capitalismo, ora basta”. Il suo programma si focalizza sulla necessità di proseguire l’operazione militare speciale in Ucraina fino alla “completa sconfitta” del nemico.
Sul fronte interno, Kharitonov propone aumenti significativi di stipendi, pensioni e salario minimo, oltre a misure per contrastare l’inflazione sui beni di prima necessità. Preconizza inoltre l’introduzione dell’imposta progressiva e la nazionalizzazione delle risorse naturali, delineando un programma fortemente orientato al welfare e alla giustizia sociale.
Mission: impossible?
Analizzando i programmi e le promesse dei tre candidati, emerge un panorama variegato di proposte e visioni per il futuro della Russia. Mentre Slutskyj e Kharitonov condividono una certa propensione per la continuazione delle ostilità in Ucraina, seppur con modalità e giustificazioni diverse, Davankov si distingue per il suo approccio pacifista e progressista, puntando a una risoluzione dialogica del conflitto.
Le sfide che attendono questi candidati sono molteplici, non solo in termini di persuasione dell’elettorato ma anche nel contesto di un sistema politico russo notoriamente rigido e centralizzato. La capacità di questi sfidanti di intercettare il malcontento popolare e di proporre alternative credibili alla gestione attuale del Paese sarà cruciale per determinare l’esito delle elezioni.