Matteo Renzi, il “rottamatore” autoproclamato della politica italiana, ha vissuto una parabola politica così veloce e drammatica che nemmeno una serie Netflix potrebbe competere. Da premier rampante a condottiero di un minuscolo partito, Renzi oggi gioca a fare lo statista con l’1% dei voti, facendo ridere chiunque non abbia perso il senso dell’umorismo.
La paradossale ascensione del “fuoriclasse” Renzi
Chi avrebbe mai immaginato che un ex sindaco di Firenze potesse ambire a essere il nuovo Napoleone della politica italiana? Renzi, con l’arroganza di chi si crede un predestinato, è riuscito in un’impresa incredibile: ha distrutto la sinistra italiana con più efficacia di un terremoto politico. Dopo aver conquistato la segreteria del Partito Democratico e la carica di Presidente del Consiglio, ha usato il suo potere per abbattere tutto ciò che odorava di comunismo. Bersani? Spazzato via. Prodi al Quirinale? Un sogno infranto. Tutto in nome di un blairismo che sembrava più una parodia malriuscita del centrismo.
Renzi ha incarnato un anti-comunismo così radicale che perfino Berlusconi, con il suo storico odio per la sinistra, sembrava un socialista in confronto. La sua “rivoluzione” ha portato a riforme che hanno fatto infuriare i sindacati e l’ala sinistra del PD, spingendo verso un modello di partito che era più vicino a un club privato che a una forza popolare.
Il giocatore d’azzardo della politica
Dopo aver perso il referendum costituzionale del 2016, che doveva essere il suo capolavoro, Renzi ha avuto l’umiltà di un dittatore deposto: zero. Invece di ritirarsi in una dignitosa ombra, ha fondato Italia Viva, un partito che, se fosse un film, sarebbe un B-movie che nessuno vuole vedere. Ma ecco il genio del nostro fuoriclasse: con un misero 1% dei voti, Renzi continua a comportarsi come se fosse il centro del mondo politico. Due interviste consecutive sui principali giornali nazionali, Corriere della Sera e La Repubblica, lo dipingono come un “stakeholder” del centrosinistra, un visionario che vuole guidare la riscossa contro il governo Meloni. Sì, proprio lui, il leader che ha portato il PD dal 40% al baratro.
Non contento di questa performance da Oscar, Renzi ha anche lanciato un nuovo progetto politico, che somiglia più a un club per élite annoiate che a un movimento popolare. Il suo obiettivo? Tornare al potere, ovviamente, magari con un sistema politico alla francese che gli permetta di farlo senza passare per il fastidioso processo democratico del voto popolare.
La guerra con i Cinquestelle e la sinistra
Il vero spettacolo, però, è il suo eterno scontro con i Cinquestelle e la sinistra radicale. Per Renzi, i Cinquestelle sono “il male della politica”, una definizione che sembra una proiezione freudiana del suo stesso impatto sulla scena politica italiana. Dopo aver contribuito alla caduta del governo Conte II, sostituendolo con l’esecutivo Draghi, Renzi ha continuato a criticare il movimento con un fervore quasi religioso.
Ma Renzi non ha nemmeno il conforto di un’alleanza stabile. Il suo rapporto con Carlo Calenda, ad esempio, è un misto di amore e odio che potrebbe competere con le più tumultuose relazioni di Hollywood. E quando Enrico Letta ha cercato di unire la sinistra, Renzi e Calenda hanno deciso di abbandonare la nave, lasciando Letta a cercare di raccogliere i cocci di una sinistra frammentata.
Le vicende giudiziarie e l’illusione del premierato
Come se la sua carriera politica non fosse già un’epopea, Renzi ha anche dovuto affrontare una serie di problemi giudiziari, sia personali che familiari. Ma il nostro “eroe” non si arrende mai: ha accusato le procure di giacobinismo e i suoi avversari politici di sciacallaggio, usando la sua solita retorica incendiaria per difendersi.
Nonostante tutto, Renzi è uno dei pochi politici italiani a sostenere il premierato, una riforma che vede come la chiave per il futuro della politica italiana. Una posizione, questa, che lo rende ancora una volta un “corpo estraneo” rispetto al panorama politico dominante.
La cruda realtà: quanto conta oggi Renzi?
E ora veniamo al punto cruciale: quanto conta veramente Matteo Renzi oggi? Alle elezioni europee, il suo partito, in alleanza con +Europa, ha raggiunto un misero 3,2%. Italia Viva, da sola, ha appena l’1% dei voti. Un risultato che, in termini calcistici, lo collocherebbe in piena zona retrocessione. Eppure, Renzi continua a comportarsi come se fosse destinato a grandi cose, promettendo una riscossa della sinistra che, francamente, sembra più un delirio di onnipotenza che una previsione realistica.
L’ennesima giravolta a Damasco
L’ultima mossa di Renzi è stata la sua “conversione” post-partita del cuore con Elly Schlein. Come un novello San Paolo, è “caduto dal cavallo” e ha deciso di tornare a sinistra, o almeno così dice. In realtà, questa sua ennesima giravolta sembra più una strategia per mantenere un minimo di rilevanza politica. Ma chi lo prende ancora sul serio? Gli elettori di sinistra lo vedono come un traditore, quelli di destra come un avversario. E nel mezzo, Renzi continua a lanciare proclami e a dettare linee politiche come se fosse il capo di uno Stato maggiore.
Il Don Chisciotte della politica italiana
In definitiva, Matteo Renzi è un personaggio che suscita emozioni contrastanti: frustrazione, divertimento, a volte persino compassione. È il Don Chisciotte della politica italiana, che continua a combattere contro i mulini a vento, convinto di essere un cavaliere in armatura scintillante. Ma la realtà è che il suo cavallo è un pony e la sua armatura è fatta di stagnola. Con l’1% dei voti, la sua pretesa di essere un leader di statura nazionale è ridicola quanto patetica.
Renzi, con la sua arrogante sicurezza e le sue interminabili giravolte politiche, è il perfetto esempio di come non fare politica. Mentre lui si pavoneggia sui media, il resto del Paese guarda avanti, sperando in una leadership che sappia davvero ascoltare e rappresentare i cittadini. Ma fino a quando Renzi continuerà a credere nella sua grandezza, possiamo essere certi che non ci sarà mai un momento noioso nella politica italiana. Perché, come dice il vecchio adagio, la realtà spesso supera la finzione. E Matteo Renzi è la prova vivente di questa verità.
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