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USA 2024: Trump o Harris? La partita nei territori di confine

Alla fine ci siamo: domani ecco il tanto atteso, e temuto, Election Day. Siamo alle porte di un nuovo scontro titanico per la Casa Bianca, un déjà vu che si ripete con toni sempre più infuocati. Stavolta, a contendersi la guida degli Stati Uniti non sono più Donald Trump e Joe Biden, ma Repubblicani e Democratici danno vita ad un duello inedito: Trump contro Kamala Harris. Due visioni opposte, due destini politici diversi, ma solo uno approderà alla tanto ambita soglia dei 270 Grandi Elettori.

Il sistema elettorale americano: conta il collegio elettorale

Per chi ha bisogno di un veloce ripasso, il sistema elettorale statunitense è una di quelle complicazioni made in USA che fanno impazzire il mondo. Non conta il voto popolare a livello nazionale, ma quello in ogni singolo Stato, ognuno dei quali assegna al vincitore i suoi “Grandi Elettori”, per un totale di 538. Il primo a raggiungere i fatidici 270 si prende tutto: presidenza degli Stati Uniti e chiavi di accesso alla Storia (con la S maiuscola).

Ma c’è di più. In questo bizzarro e barocco sistema, alcuni Stati, i cosiddetti “swing states” o “Stati in bilico”, rappresentano il vero ago della bilancia. Altri, come California e New York per i Dem e Texas e Florida per i Repubblicani, sono quasi certi. Tuttavia, la vera lotta si consuma nei territori di confine, dove tutto può accadere e dove il vento della politica cambia direzione ad ogni elezione.

Gli swing states del 2024: sette scommesse

Le elezioni del 2024 si preannunciano all’ultimo voto, e il campo di battaglia si è ristretto a sette Stati strategici: Pennsylvania, Georgia, Arizona, Nevada, North Carolina, Wisconsin e Michigan. Questi sono i territori chiave, quelli dove ogni scheda conta come oro. Andiamo allora a vedere i numeri e le previsioni.

  1. Pennsylvania (19 Grandi Elettori)
    In Pennsylvania, Trump si trova avanti di due punti. È incredibile come in pochi anni i centri urbani di Philadelphia e Pittsburgh, roccaforti tradizionali dei Democratici, abbiano visto un recupero del partito Repubblicano, soprattutto grazie alla crisi del settore automobilistico. Un settore che si sente tradito dall’attuale amministrazione e guarda a Trump come l’ultimo baluardo. Tuttavia, Philadelphia potrebbe ancora spostare l’ago della bilancia: se Harris riesce a mobilitare un’alta percentuale di elettori urbani, potrebbe accorciare il divario. Ma attenzione, qui si gioca la partita più tesa di tutte.
  2. Georgia (16 Grandi Elettori)
    In Georgia Trump sembra avere una posizione leggermente più solida. Tuttavia, gli osservatori non abbassano la guardia, perché le città di Atlanta e Savannah potrebbero riversare una valanga di voti Democratici che potrebbero ribaltare la situazione all’ultimo minuto. Sarà l’ennesima sfida da cardiopalma, con una battaglia che potrebbe decidersi per una manciata di voti.
  3. Arizona (11 Grandi Elettori)
    Qui la situazione sembra più serena per Trump, con un vantaggio di quattro punti. L’Arizona è storicamente un bastione Repubblicano, ma in tempi recenti, la crescita delle popolazioni urbane e delle minoranze ha visto un progressivo spostamento verso il centro. Nonostante ciò, il margine di vantaggio per Trump in questo momento è rassicurante, e le speranze per Harris sembrano più flebili.
  4. Wisconsin e Michigan (10 e 15 Grandi Elettori)
    In Wisconsin e Michigan, fino a poche settimane fa, Harris era in vantaggio. Negli ultimi giorni, però, i sondaggi indicano un pareggio in Wisconsin e un vantaggio di un punto per Trump in Michigan. Questi sono i territori dove Trump è passato da outsider a presidente nel 2016. Oggi, anche se si conferma l’incertezza, i Repubblicani contano su un elettorato che ricorda il passato recente e potrebbe consegnare nuovamente i Grandi Elettori a Trump.
  5. North Carolina (16 Grandi Elettori)
    La North Carolina vede Harris avanti di un punto. Tuttavia, si tratta di una leadership che sembra meno solida di quanto sembri. Storicamente un campo difficile per i Democratici, lo Stato si conferma una terra di battaglie serrate, dove una minima variazione nei sondaggi potrebbe trasformarsi in una vittoria Repubblicana.
  6. Nevada (6 Grandi Elettori)
    Il Nevada è lo Stato più instabile del gruppo. Una settimana fa sembrava propendere per Trump, oggi Harris guida con uno strettissimo margine dello 0,2%. Qui i Democratici sono favoriti per tradizione, ma Trump ha investito risorse e retorica in grado di galvanizzare la sua base, sperando in una sorpresa dell’ultimo minuto.

Strategia elettorale: quale strada per la vittoria?

Guardando ai numeri, se Trump dovesse portare a casa Pennsylvania, Georgia e Arizona, potrebbe permettersi di perdere Wisconsin, Michigan, North Carolina e Nevada e sarebbe comunque in vantaggio con 281 Grandi Elettori. Una situazione che permetterebbe ai Repubblicani di tirare un sospiro di sollievo.

E anche se Trump perdesse l’Arizona, otterrebbe comunque i 270 Grandi Elettori necessari. Questo scenario, tuttavia, apre la possibilità che alcuni Grandi Elettori decidano di non rispettare il mandato popolare – ma la probabilità di un simile evento è molto bassa.

In sintesi, due Stati rimangono decisivi: Pennsylvania e Georgia. Il loro risultato sarà cruciale, e il peso del voto postale potrebbe ribaltare completamente i pronostici, come già accaduto nel 2020. Questa volta, tuttavia, i Repubblicani si sono organizzati con controlli minuziosi in ogni contea per evitare “sorprese”.

Il Congresso: l’anatra zoppa in agguato?

Non dimentichiamo che gli Americani voteranno anche per il Congresso, con un rinnovo totale della Camera dei Rappresentanti e di un terzo del Senato. La Camera è attualmente a maggioranza Repubblicana, mentre il Senato è spaccato in due. Se Trump dovesse vincere la presidenza, si troverebbe di fronte a un Congresso a maggioranza Repubblicana, un vantaggio enorme per far avanzare la sua agenda senza ostacoli.

In caso contrario, se Harris conquistasse la Casa Bianca, con un Congresso in mano ai Repubblicani si troverebbe in quella situazione che gli americani chiamano “lame duck” – letteralmente “anatra zoppa” – costretta a negoziare ogni mossa legislativa con l’opposizione. Per molti elettori, una Harris anatra zoppa potrebbe rappresentare il peggio del peggio, un incubo di immobilismo e conflitto istituzionale.

Voto postale: Il fattore X del 2024

Eccolo, l’elefante nella stanza: il voto postale. In America si deve fare i conti con pacchi e pacchetti di schede elettorali inviate per posta. Con un record di 32 milioni di elettori già alle urne, quest’anno il voto postale sarà il fattore X delle elezioni. La grande paura dei Repubblicani? Rivivere l’esperienza del 2020, quando il voto postale ribaltò i risultati dei seggi in molti Stati chiave, generando polemiche e accuse di brogli.

Ma attenzione: il 2024 potrebbe essere diverso. Questa volta, i Repubblicani non sono impreparati. Con nuovi strumenti di controllo e una vigilanza costante, il partito di Trump ha implementato un monitoraggio scrupoloso nelle contee critiche. Ma riusciranno a evitare che il voto postale sfugga di mano?

La battaglia resta più che mai aperta

Le elezioni 2024 rappresentano una delle sfide più incerte della storia recente. Da una parte, un Trump determinato a riconquistare la presidenza; dall’altra, una Harris che punta a scrivere la storia come prima donna presidente degli Stati Uniti. Ma attenzione, il voto postale, il Congresso e la dinamica degli Stati in bilico sono tutte variabili che potrebbero sovvertire ogni pronostico.

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