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Il gigante vuoto del Sestriere: quando il villaggio olimpico diventa un monito

A guardarlo da lontano mantiene ancora un’aria importante, come se volesse ricordare a tutti il suo passato olimpico. Ma quando ci si avvicina, il Villaggio Olimpico di Sestriere rivela per intero la sua natura: un gigante di cartapesta (nel più vero significato del termine), nato per brillare un paio di settimane e poi lasciato a se stesso. Una fragile cattedrale nel deserto che oggi finisce all’asta, come un oggetto ingombrante che nessuno vuole più tenere in casa. Diciannove anni dopo Torino 2006, è il simbolo di una stagione di opere faraoniche e di eredità pesanti che incidono ancora sui bilanci e sul paesaggio.

L’idea, all’epoca, era persino elegante. Quegli anelli di rame sopra le teste degli atleti avrebbero dovuto evocare la Belle Époque, con una galleria che richiamava i porticati di inizio Novecento. Chissà se qualcuno ci ha fatto caso davvero. Forse no. Perché la realtà, oggi, è assai meno poetica.

All’asta, ancora una volta

Il Villaggio torna all’asta. Era già successo tra il 2022 e il 2023, sempre senza risultati. Nessuno voleva prendersi in carico quell’area di 75mila metri quadrati incastonata a oltre 2mila metri di quota. E allora la base d’asta era “solo” 18 milioni. Oggi è quasi raddoppiata, arrivando a 35 milioni. Non perché sia diventato più prezioso, anzi, ma perché nella vendita sono finite anche le multiproprietà che occupano una parte importante del complesso.

Parliamo di 300 stanze, 1.200 posti letto, sei palazzine, le due torri storiche “Club Med” e “Valtur”, e un blocco centrale che sembra un piccolo mondo a sé: ristorante, bar, cinema-teatro, centro benessere, sale convegni. Una città nella città, piazzata su un cucuzzolo alpino.

La gestione, per ora, prosegue grazie a TH Resort, che lo riempie nelle settimane bianche. Le condizioni manutentive, dicono, sarebbero buone. Ma tra funzionare, alla bell’e meglio, e trovare un acquirente c’è un abisso. Un colosso così, oggi, è un investimento che fa paura.

Le eredità olimpiche: un rosario di fallimenti

E qui arriviamo al punto dolente. Perché Sestriere non è un’anomalia. È un tassello di un mosaico più grande, quello delle opere di Torino 2006 finite in rovina, abbandonate o inutilizzate.

Il Villaggio Olimpico di Torino, in città, è diventato la tristemente nota “Calais italiana”, teatro per anni della più grande occupazione abusiva d’Europa.
I trampolini di Pragelato, costruiti per quasi 35 milioni di euro e poi spostati dalla loro iniziale posizione, che avrebbe fatto atterrare gli atleti direttamente nel fiume Chisone, sono rimasti lì a farsi mangiare dal tempo.

E poi c’è il fallimento più clamoroso di tutti: la pista da bob di Cesana Pariol.
Un’opera da 110 milioni di euro, concepita come fiore all’occhiello, chiusa pochi anni dopo per costi di gestione insostenibili e mai più davvero utilizzata. Una delle figuracce più costose e più imbarazzanti della storia olimpica italiana, tanto che oggi perfino Milano-Cortina ha dovuto rinunciare a utilizzarla, preferendo rivolgersi all’estero.
Un monumento allo spreco, alla disorganizzazione e all’illusione che “dopo” qualcuno avrebbe trovato un modo per salvarla. Ovviamente non è successo.

Milano-Cortina dovrebbe prendere appunti

Ed è inevitabile, a questo punto, guardare al futuro. Perché tra due anni toccherà a Milano-Cortina. E i segnali non sembrano dei più rassicuranti. Cantieri in ritardo, costi che lievitano, progetti che cambiano in corsa, opere che già nascono con l’incubo di diventare doppioni inutilizzati.

Il Villaggio Olimpico di Sestriere è lì, fermo, immobile, enorme, come uno spettro alpino che guarda dall’alto e ammonisce: attenzione a ciò che costruite.
Perché quando l’ultima fiaccola si spegne e le telecamere ripartono verso altri orizzonti, restano solo i conti da pagare, le strutture ingombranti e malridotte, il ricordo di quello che poteva essere e non è stato.

Chi oggi sale al Sestriere non vede solo un resort mai davvero decollato. Vede un avvertimento.
E sarebbe ora che qualcuno lo prendesse sul serio.

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