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Messa dal divano all’altare: la verità che la pandemia ha confuso

La confusione nata negli ultimi anni attorno alla Messa in TV non è solo pastorale, ma anche giuridica e teologica. Si è parlato molto di “inclusione”, di “nuove forme”, di “partecipazione a distanza”, ma poco di ciò che la Chiesa insegna davvero, nero su bianco, nei suoi testi normativi e nel Catechismo. Approfondire significa fare chiarezza, perché il diritto canonico non è contro la misericordia: ne è una delle forme più concrete. E proprio per questo distingue con precisione tra chi non può e chi non vuole.

Il precetto domenicale nel diritto canonico: obbligo reale, non simbolico

Il canone 1247 afferma che nei giorni di precetto i fedeli sono tenuti a partecipare alla Messa. Non si tratta di una semplice esortazione morale, ma di un obbligo giuridico ecclesiale, fondato sul terzo comandamento e sulla tradizione apostolica del dies Domini. Il canone 1248 §1 chiarisce che il precetto è adempiuto solo quando si assiste alla Messa celebrata secondo il rito cattolico.

Qui il riferimento non è casuale. Il termine latino assistere è stato interpretato costantemente dalla prassi canonica come presenza fisica all’azione liturgica. Già il Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi, prima ancora dell’era digitale, aveva chiarito che la partecipazione richiesta è reale e personale. La trasmissione televisiva, per sua natura, non costituisce presenza giuridica, perché non inserisce il fedele nell’assemblea celebrante, che è parte integrante dell’atto liturgico secondo la costituzione Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II.

L’impossibilità che libera dall’obbligo

Il diritto canonico introduce subito un correttivo decisivo. Il canone 1248 §2 stabilisce che, quando la partecipazione alla Messa è resa impossibile per mancanza del ministro sacro o per altra causa grave, il fedele non è tenuto al precetto e deve dedicare il tempo alla preghiera.

La nozione di “causa grave” è stata chiarita dalla dottrina canonistica e dalla prassi pastorale: malattia seria, infermità cronica, età avanzata, disabilità, condizioni climatiche estreme, distanza oggettiva, assistenza necessaria a un malato. In tutti questi casi l’obbligo non viene violato, ma cessa di vincolare. Questo principio si fonda su un assioma classico del diritto morale: ad impossibilia nemo tenetur. Nessuno è obbligato a ciò che non può fare.

Eucaristia e presenza reale: il fondamento teologico del diritto

Il canone 897 definisce l’Eucaristia come “fonte e culmine di tutta la vita cristiana”, riprendendo Lumen gentium 11. Questo dato teologico spiega perché il diritto canonico insista tanto sulla presenza. L’Eucaristia è sacramento, non contenuto. È azione di Cristo e della Chiesa, non semplice memoria.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, ai numeri 1374 e 1378, afferma la presenza reale di Cristo sotto le specie eucaristiche e l’adorazione dovuta al Sacramento. A una presenza reale si risponde, ordinariamente, con una presenza reale del fedele. La comunione spirituale, raccomandata da santi come Alfonso Maria de’ Liguori, è un atto di desiderio e di amore, ma il Catechismo stesso, al n. 1389, ricorda che la partecipazione alla Messa implica, quando possibile, l’accostarsi sacramentale all’Eucaristia. Il diritto canonico non fa che tradurre questa teologia in norma.

La pandemia e la dispensa: obbligo sospeso non abolito

Durante l’emergenza sanitaria, molti vescovi hanno fatto ricorso al canone 87 §1, che consente al vescovo diocesano di dispensare i fedeli da leggi disciplinari universali quando lo ritiene utile al loro bene spirituale. Questa norma è fondamentale per capire che cosa è accaduto davvero.

La dispensa non ha mai trasformato la Messa in TV in un equivalente giuridico della Messa in presenza. Ha semplicemente sospeso l’obbligo, riconoscendo un’impossibilità oggettiva e generalizzata. La Congregazione per il Culto Divino, nelle note diffuse durante la pandemia, ha parlato chiaramente di “dispensa dal precetto”, non di “nuova forma di adempimento”. Quando l’impossibilità è venuta meno, la norma è tornata a vincolare automaticamente, come avviene per ogni dispensa canonica.

Il fedele gravemente malato e il peccato mortale: dottrina morale certa

Qui entra in gioco la teologia morale, non solo il diritto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 1857, insegna che per il peccato mortale sono necessarie materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. Se manca uno di questi elementi, il peccato mortale non sussiste.

Nel caso del fedele gravemente infermo, manca il consenso libero. Il canone 1248 §2 lo conferma giuridicamente, mentre il Catechismo lo fonda moralmente. Un malato che desidera la Messa ma non può parteciparvi non solo non pecca, ma vive una condizione riconosciuta e tutelata dalla Chiesa. Al contrario, il canone 1245 consente persino al parroco di concedere dispense individuali dal precetto, a ulteriore conferma che l’obbligo non è cieco né assoluto.

L’idea che un malato possa morire in peccato mortale per non aver adempiuto al precetto domenicale non trova alcun fondamento né nel diritto né nel Catechismo. È una deformazione rigorista, già condannata implicitamente dalla tradizione morale cattolica.

Messa in TV: legittima per l’impedito, insufficiente per il comodo

Per il fedele impedito, la Messa in TV è un mezzo legittimo di unione spirituale. La Congregazione per la Dottrina della Fede, già prima della pandemia, aveva chiarito che tali mezzi sono utili per i malati, ma non sostituiscono la partecipazione sacramentale quando questa è possibile. Il diritto canonico mantiene questa distinzione per evitare un cortocircuito: ciò che è misericordia per il debole diventa alibi per il pigro.

Il problema non è lo schermo, ma l’intenzione e la possibilità reale. Dove c’è impossibilità, c’è pace di coscienza. Dove c’è scelta deliberata, c’è responsabilità morale.

Il diritto come custode dell’umano

Il diritto canonico, letto bene, non schiaccia le coscienze: le libera. Difende il valore della Messa senza trasformarla in una condanna per chi soffre. Ricorda che Dio non chiede l’impossibile e che la malattia non separa dalla grazia. La Messa in TV resta un conforto autentico per chi non può, ma l’altare resta il luogo ordinario dell’incontro, perché la fede cattolica non è virtuale, ma incarnata.

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Pubblicato inReligione

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