Cambiamento epocale in Vaticano che apre la riunione dei vescovi anche ai laici: il prossimo appuntamento, al quale parteciperanno 70 nuovi membri non vescovi, sarà a ottobre
«Il battesimo è lo stesso per uomini e donne, a quanto ne so. E la sinodalità, il camminare insieme nella Chiesa, si fonda sul battesimo». ll cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich, 64 anni, gesuita come Francesco, scelto dal Papa come membro del suo Consiglio e relatore generale del Sinodo, sorride ironico come se fosse la cosa più semplice del mondo. Ma ci sono voluti decenni, da quando Paolo VI istituì nel 1965 il Sinodo dei vescovi, la rivoluzione era nell’aria e ora è ufficiale: nel prossimo Sinodo che si riunirà in Vaticano a ottobre anche le donne avranno diritto di voto, e saranno «la metà» dei «70 membri non vescovi» che parteciperanno all’assemblea a rappresentare gli «altri fedeli del popolo di Dio» tra sacerdoti, suore, diaconi, laiche e laici, non più «uditori» ma votanti a pieno titolo. La modifica è stata approvata da Francesco il 17 aprile.
Sarà lo stesso Papa a scegliere i nomi, in un elenco di 140 persone individuate dalle conferenze episcopali del mondo. La prima breccia nella diga, in realtà, si era aperta all’inizio del 2021, quando Francesco aveva nominato una religiosa, suor Nathalie Becquart, come sottosegretario del Sinodo: a quel punto si era saputo che sarebbe stata la prima donna a votare in un Sinodo, poiché il sottosegretario in quanto tale ne ha diritto. Ma ora non si tratta più di un’eccezione dettata dal ruolo, ma di una riforma strutturale. Le donne, religiose o laiche, potevano finora essere «uditrici» o collaboratrici a vario titolo, e intervenire durante l’assemblea, ma al momento del voto non avevano voce in capitolo. Ed erano stati gli stessi fedeli a farlo notare.
Il prossimo Sinodo sulla sinodalità, nel quale la Chiesa è invitata a riflettere su se stessa, si svolgerà in due tappe finali a ottobre di quest’anno e nell’ottobre del 2024, ma è stato preceduto e fondato da una fase di consultazione della «base» in tutte le diocesi del mondo. Ne è stato tratto un documento di lavoro che fa sintesi delle varie osservazioni, e nel quale tra l’altro si legge: «Da tutti i continenti arriva un appello affinché le donne cattoliche siano valorizzate innanzi tutto come battezzate e membri del Popolo di Dio con pari dignità».
Al Sinodo del 2018 non erano mancate proteste e accuse di sessismo. E una petizione online con migliaia di firme, promossa da varie organizzazioni ecclesiali, aveva del resto fatto notare un paradosso rivelatore del problema di fondo: si diceva che le donne non hanno diritto di voto perché al Sinodo dei vescovi votano i vescovi; ma allora come mai, tra i superiori delle congregazioni religiose che non sono vescovi ma partecipano al Sinodo, i superiori degli ordini maschili avevano diritto di voto e le superiore di quelli femminili no? Già diversi cardinali e vescovi avevano ammesso che, in effetti, non aveva senso. E il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo, aveva fatto capire che la svolta era vicina: «Negli ultimi Sinodi, numerosi padri sinodali hanno sottolineato la necessità che la Chiesa intera rifletta sul posto e sui ruoli delle donne al suo interno. Anche Papa Francesco ha, più volte, sottolineato l’importanza che le donne siano maggiormente coinvolte nei processi di discernimento e di decisione ecclesiali; e già negli ultimi Sinodi il numero di donne partecipanti come esperte o uditrici è aumentato. Con la nomina di suor Nathalie Becquart e la sua possibilità di partecipare con diritto di voto una porta è stata aperta, vedremo poi quali altri passi potranno essere compiuti in futuro…»
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