Perché proprio ora? Perché solo ora Xi Jinping ha finalmente parlato con il presidente dell’Ucraina aggredita dalla Russia? Il presidente cinese è un calcolatore e una possibilità è che abbia scelto i tempi del suo intervento «guardando» alle mappe dei generali di Kiev di cui tutti gli analisti militari occidentali discutono: sul tavolo ci sono i piani di una controffensiva ucraina prevista per maggio.
Il piano militare sta creando grandi attese e altrettanto nervosismo, da Washington a Mosca. Si teme un allargamento del conflitto, l’ombra di una reazione nucleare russa. Xi, aprendo il canale personale con Zelensky, spedendo un suo inviato con l’incarico di sondare «tutte le parti», forse vuole evitare o almeno far rinviare il contrattacco ucraino. Non sappiamo se il presidente cinese si sia di nuovo consultato in segreto nelle ultime ore con l’amico Vladimir Putin; se tema che l’Armata russa sia destinata a subire altri rovesci sul campo, o che il Cremlino immagini una risposta disperata con l’arma nucleare tattica. Certo, ora Kiev e Mosca (e anche gli occidentali) dovranno valutare il passo della superpotenza cinese, l’ipotesi di una mediazione. Xi ha evocato «il pensiero razionale» e «l’importanza di cogliere le opportunità». Sembra un invito anche agli Stati Uniti.
Stiamo ai fatti emersi. La nota di Pechino sulla telefonata, ieri è arrivata a tempo di record. La portavoce degli Esteri cinese ha anticipato nell’annuncio anche Zelensky, lo ha dato su Twitter in inglese, russo e spagnolo. Si capisce che Zhongnanhai (quartier generale del Partito-Stato) aveva già scritto la velina con il riassunto del discorso di Xi, pronta per il lancio internazionale, per impressionare il mondo.
Tre i punti chiave:
1) La cosa più concreta è l’annuncio dell’invio del Rappresentante speciale cinese per gli affari euroasiatici a Kiev e «in tutti gli altri Paesi interessati alla soluzione della crisi ucraina». Si tratta di Li Hui, in passato e per dieci anni ambasciatore a Mosca: dunque molto esperto di discussioni con il Cremlino.
2) Xi ha evocato il rischio di uso dell’arma nucleare, dicendo che «nessuno esce vincitore da uno scontro del genere». Si tratta di una ripetizione della posizione cinese, ma ricordarla in questa fase del conflitto, mentre personaggi come il russo Medvedev continuano ad agitarne lo spettro, aggiunge un senso di urgenza, quasi che i cinesi vogliano convincere gli ucraini della necessità di sedersi rapidamente al tavolo per scongiurare un esito atroce e umanamente insostenibile.
3) A Pechino nelle ultime settimane si è svolta una processione di leader europei, dal premier spagnolo Pedro Sánchez, al presidente francese Emmanuel Macron, che hanno chiesto a Xi di premere su Putin e di proporsi come grande mediatore, chiamando Zelensky. Per dare copertura alle missioni politiche (e commerciali) degli europei e rispondere alla posizione più critica espressa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il leader comunista aveva bisogno di un bel gesto. Ha finalmente telefonato a Kiev.
Secondo il riassunto cinese, Xi ha citato a Zelensky le idee elaborate in questi lunghi mesi per «avviare colloqui, ristabilire e preservare la pace, i confini riconosciuti e la sovranità di ogni Paese».
Gli ha ricordato i suoi «4 si dovrebbe», i «4 punti comuni» e i «3 punti di riflessione». Il mandarino della politica è linguaggio difficile da comprendere, dall’interpretazione ambigua. In quel groviglio di «punti» dello «Xi pensiero» c’è la consueta dichiarazione cinese di rispetto della sovranità nazionale (che per Pechino comprende anche e soprattutto la questione della «riunificazione» di Taiwan); e poi l’osservazione piuttosto ovvia che «non ci sono soluzioni semplici a problemi complessi»; infine il monito che «la Cina non ha creato questa crisi» e «uno scontro tra grandi potenze va evitato» (qui l’appello è agli Stati Uniti). Sono frasi del repertorio di Xi. Il punto debole è che continua a non definire l’azione russa per quella che è: aggressione. E non ha accennato a un ritiro degli invasori dai territori ucraini occupati.
Però, la telefonata da Pechino e la partenza di un inviato speciale per Kiev mette per la prima volta davvero sul tavolo una ipotesi di mediazione.
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