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Beh, eccoci di nuovo in prima fila a sorbirci il disgustoso spettacolo d’un abuso d’ufficio (sempre che nel frattempo lo zelante e tempestivo ministro Carlo Nordio non ne derubrichi il reato), l’ennesimo. Questa volta, il palcoscenico è tutto per l’ex commissario Domenico Arcuri, accusato di aver trasformato l’emergenza Covid in una piattaforma per sospetti acquisti di mascherine pericolose per la salute. Il 15 settembre, Arcuri dovrà poi esibirsi anche di fronte al giudice per l’udienza preliminare. Seppur con un malcelato sollievo: sembra che le accuse di corruzione e peculato siano evaporate come nebbia al sole. Che fortuna, eh?

E naturalmente, la farsa non si ferma qui. Insieme ad Arcuri, abbiamo l’imprenditore ed ex giornalista Rai Mario Benotti, accusato di un traffico di influenze illecite da far rabbrividire i politici più astuti. L’accusa sostiene che Benotti abbia sfruttato le sue connessioni nascoste con Arcuri per garantire ai suoi partner un monopolio sull’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali. Sai, come un amico aiuta un amico.

Allora, che dire dell’ingente fornitura di 800 milioni di mascherine dalla Cina, che ci è costata la modica cifra di un miliardo e 251 milioni di euro? Antonio Fabbrocini, il responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale, è stato messo sotto accusa per frode nelle pubbliche forniture, falsità e, naturalmente, abuso d’ufficio. Oh, i giochi che solo i potenti sanno giocare.

Vogliamo poi parlare dei 70 milioni di euro di beni confiscati? Tra questi si contano orologi di lusso, motociclette e ville. Anche le mascherine acquisite sono risultate non conformi ai requisiti di efficacia protettiva richiesti. Alcune forniture sono state addirittura giudicate pericolose per la salute. Sembra che non sia bastata una pandemia a scuotere il senso di morale di alcuni. Anzi.

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Diamo, infatti, il benvenuto all’ultimo episodio del nostro dramma preferito: “Affari di stato e malafede”. Oggi, ritroviamo il nostro eroe Marcello Minenna, l’ex capo dell’Agenzia delle Dogane, in una situazione un po’ difficile. Minenna, infatti, è attualmente agli arresti domiciliari, con l’accusa di essere coinvolto in un’inchiesta sulla fornitura di mascherine. E chi si unisce a lui nel club degli arresti domiciliari? Gianluca Pini, ex parlamentare della Lega, che non è più in carica dal 2018.

Le accuse sono degne della sceneggiatura di un film noir: Pini, l’astuto imprenditore, promette a Minenna un posto prestigioso all’interno del partito “Lega Salvini Premier” e la conferma della sua posizione come Direttore dell’Agenzia delle Dogane. In cambio, Minenna avrebbe dovuto mettere i suoi poteri a disposizione di Pini, in particolare per le importazioni di merci per contrastare il Covid-19. Che affare!

Minenna, una pedina del Movimento 5 Stelle nel 2020, è ora assessore regionale in Calabria della giunta capeggiata da Roberto Occhiuto, il nostro ambiguo governatore, che ha avuto il coraggio di rinnovargli la sua fiducia, nonostante le pesanti accuse che pendono su di lui. Sembra che stia cercando di bilanciare il diritto con le sue responsabilità politiche. Che personaggio complesso.

Ma aspettate, c’è di più! Altri personaggi si uniscono al nostro intreccio, incluso personale della prefettura di Ravenna e dell’Ausl Romagna. In totale, 34 provvedimenti cautelari. Non posso fare a meno di chiedermi: chi sarà il prossimo a cadere in questo intricato labirinto di corruzione? Non vedo l’ora di assistere al prossimo episodio.

Ah, dimenticavo (non è vero). Il nostro vecchio amico, Domenico Arcuri, dopo essere stato cacciato a pedate dall’incarico di commissario per l’emergenza Covid da Mariolino Draghi a causa di quei piccoli inconvenienti delle mascherine e delle inchieste su presunte irregolarità commerciali, è stato anche estromesso da Invitalia, la società a partecipazione statale, e quindi anche nostra, che ha guidato con mano ferma (o dovremmo dire gaglioffa?) dal 2007 al 2022. Ma non temete, è stato rimpiazzato dal valoroso Bernardo Mattarella, per puro caso nipote del presidente della Repubblica. È incredibile come le cose funzionino a volte, no?

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Ma torniamo a noi. Pare che il nuovo arrivato Mattarella abbia un bel dossier sul suo tavolo, e tra tutti i temi trattati, quello più spinoso riguarda il business dei villaggi turistici. Italia Turismo, un gioiello dell’Agenzia nazionale, possiede otto lussuosi resort. I bilanci? Beh, mettiamola così: se fossero un film, non supererebbero la prima settimana di proiezione. In 15 anni, sono evaporati 86 milioni di euro. Ma aspettate, le cose sembrano essere andate meglio nel 2021, con un utile di 2,22 milioni. Un miracolo? No, solo un astuto trucco contabile.

E’ qui che fa la sua ricomparsa l’ineffabile Arcuri, uomo dai mille volti e buono per tutte le occasioni, purché scorrano fiumi di “crana”. Italia Turismo è indebitata fino al collo con le banche, che chiedono indietro la bellezza di 51 milioni di euro e hanno persino iniziato a pignorare i conti correnti. Arcuri, l’abile negoziatore, interviene con un’operazione di saldo e stralcio: un accordo “scontato” in cui Invitalia tira fuori 40,5 milioni di euro dalle tasche degli italiani e le banche, generose come non mai, si accontentano. Ah, la magia dei numeri e dei favori tra amici!

Dino Valle

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