Tra tradizione e modernità: la Chiesa cattolica alla prova dell’era Fernández
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Con la scomparsa di Papa Benedetto XVI, si conclude un periodo storico, fondamentale, culminato con una penosa e insostenibile coabitazione di due Papi all’interno delle mura Vaticane. Questo evento ha aperto la strada a quelle che molti definiscono ‘riforme autentiche’, attese con impazienza sin dal 2013, ma che in realtà rappresentano un’aberrazione nel corso storico della Chiesa cattolica.
La prima ‘grande riforma’, una mossa da parte di Papa Francesco per nulla attesa, che non ha esitato ad attuare nemmeno di fronte al decesso del Papa Emerito, è stata la promulgazione del motu proprio ‘Traditionis Custodes’. Un atto che ha capovolto in modo oltraggioso la decisione presa da Benedetto XVI sulla cosiddetta Messa tradizionale. Riducendo a semplici figure nostalgiche e arretrate sacerdoti e fedeli che, sempre più numerosi, vedono nella Messa tridentina una fonte inestimabile di grazie spirituali e santità.
Segue poi la seconda mossa rivoluzionaria, una vera e propria tempesta teologica: la nomina dell’argentino Victor Manuel Fernández a capo del dicastero per la Dottrina della fede. Una scelta che molti hanno interpretato come una rottura drastica con il passato, un affronto alle fondamenta teologiche di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger, due “giganti” di ben altro spessore che hanno guidato la Chiesa nel delicato periodo post-conciliare.
L’epoca di Fernández si annuncia come una demolizione sistematica dei pilastri teologici che hanno sostenuto la Chiesa per secoli. La sua nomina è stata interpretata immediatamente, dagli osservatori più sagaci, come una frattura irreparabile con il recente passato, un distacco dalla tradizione custodita dai Papi precedenti, per alcuni addirittura un distacco dalla vera essenza cattolica.
La dichiarazione ‘Fiducia Supplicans’ del dicastero per la Dottrina della fede, sotto la guida di Fernández, rappresenta una palese rottura con il passato. Questo documento, focalizzato sulle benedizioni, sembra sfidare apertamente la tradizione cattolica, spingendo per un palese sdoganamento delle coppie omosessuali. Questa decisione ha mandato in subbuglio non solo i circoli conservatori, ma anche i fedeli che vedono in essa una deviazione inaccettabile dalla dottrina cattolica.
La posizione precedentemente espressa dal cardinale spagnolo Luis Ladaria, allora prefetto del Dicastero, che si opponeva alla benedizione delle unioni omosessuali, è stata completamente ribaltata. Papa Francesco, nel suo stile tipicamente ambiguo, ha risposto ai dubia di quattro cardinali sullo stesso argomento aprendo la porta a tali benedizioni ma avvertendo contro l’interpretazione di queste come un riconoscimento di un matrimonio. Questo approccio, mascherato da “accoglienza pastorale” e “misericordia”, sorvola bellamente sulla fermezza dottrinale necessaria per mantenere l’integrità della fede cattolica.
Fernández, supportato dalle dichiarazioni ambigue del Papa, ha optato per un linguaggio elusivo, pieno di vaghezze e aperto a molteplici interpretazioni, che lascia spazio a interpretazioni pericolose. Questo modo di comunicare è diventato una caratteristica dell’era attuale, iniziata con “Amoris Laetitia”, che ora prosegue in un percorso di confusione e ambiguità dottrinale.
In passato, il ruolo del dicastero per la Dottrina della fede era chiaro: fornire una guida ferma e inequivocabile su questioni di fede, dottrina e morale. Ora, invece, sembra che il Dicastero contribuisca a diffondere incertezza e confusione tra i fedeli, offuscando la dottrina e lasciando che ognuno interpreti le scritture secondo il proprio desiderio.
In questo clima di incertezza, la pubblicazione della “Bibbia Queer” nelle librerie cattoliche italiane, se non un vero e proprio oltraggio, rappresenta un ulteriore simbolo della deriva della Chiesa contemporanea. Questa edizione, che interpreta le Sacre Scritture attraverso una lente di diversità, femminismo, teorie queer e decostruzionismo, non fa altro che aggiungere smarrimento e dubbi tra i fedeli.
La situazione attuale richiede un intervento deciso per difendere la fede e la verità, specialmente quando persino i cardinali sembrano metterle in discussione. La dichiarazione ‘Fiducia Supplicans’ apre pericolosamente la strada a un’accettazione completa delle pratiche omosessuali e a una modifica definitiva del catechismo della Chiesa cattolica.
L’era di Fernández, quindi, si preannuncia come un periodo di incertezza e confusione, dove tutto è possibile e il contrario di tutto. La Chiesa sembra scivolare lungo un pendio scivoloso, lontano dalla dottrina che ha sostenuto i suoi insegnamenti per oltre duemila anni.
Al di là di questi cambiamenti radicali, c’è da interrogarsi sul vero impatto di queste scelte sulla Chiesa Universale. La ‘riforma’ iniziata con Papa Francesco e portata avanti con zelo da Fernández sembra più una demolizione sistematica della tradizione che una vera evoluzione dottrinale. La Chiesa, sotto la loro guida, appare come una nave senza timone, alla mercé di venti di modernità che soffiano in direzioni opposte a quelle della sua millenaria rotta.
La promulgazione di ‘Traditionis Custodes’ e la conseguente marginalizzazione della Messa Tridentina sono state un chiaro segnale di questa nuova direzione. Benedetto XVI, con il suo Motu Proprio ‘Summorum Pontificum’, aveva cercato di preservare questa ricca eredità liturgica, riconoscendo il valore e la bellezza di una tradizione che risale a secoli addietro. La decisione di Papa Francesco, invece, ha creato un netto distacco, trasmettendo un messaggio di disprezzo per la tradizione e per quei fedeli che in essa trovavano un punto di riferimento spirituale solido e ininterrotto.
La discussa e discutibile nomina di Victor Manuel Fernández come prefetto del dicastero per la Dottrina della fede è stata un’ulteriore conferma di questa tendenza al cambiamento radicale. Fernández, noto per le sue idee teologiche progressiste, rappresenta una frattura netta con il passato. La sua visione, per molti, si allontana pericolosamente dalle fondamenta della dottrina cattolica, aprendo la porta a interpretazioni e modifiche che minacciano di alterare l’essenza stessa della fede.
Il documento ‘Fiducia Supplicans’, mirato a fornire una direzione sulla questione delle benedizioni per le coppie omosessuali, è emblematico di questo cambiamento. Si assiste a un’allontanamento dalla dottrina tradizionale, con un linguaggio ambiguo e aperto a interpretazioni che sfociano in una sorta di relativismo morale. Questo approccio rischia di minare la coerenza e l’autorità della Chiesa nel suo ruolo di guida spirituale e morale.
Inoltre, la presenza di pubblicazioni come la “Bibbia Queer” nelle librerie cattoliche è sintomatica di una crisi d’identità all’interno della Chiesa stessa. La reinterpretazione delle Sacre Scritture in chiave moderna e progressista rappresenta non solo un distacco dalla tradizione, ma anche un pericoloso gioco di rilettura dei testi sacri secondo le mode e le ideologie del momento.
Di fronte a questi eventi, i fedeli si trovano disorientati e confusi. La Chiesa, un tempo faro di certezza e chiarezza dottrinale, sembra ora cedere al fascino di una modernità effimera e inconsistente. La questione non è solo liturgica o dottrinale; è una questione di identità. Cosa significa essere cattolici oggi? Qual è il ruolo della Chiesa in un mondo che cambia rapidamente e spesso senza un chiaro senso di direzione?
L’era Fernández, quindi, non solo apre a nuove e discutibili interpretazioni della fede, ma solleva interrogativi più profondi sulla natura stessa della Chiesa Cattolica. Questa nuova direzione, caratterizzata da ambiguità e relativismo, pone sfide enormi. È necessario un ritorno alle fondamenta solide della tradizione e della dottrina, affinché la Chiesa possa continuare a essere quella guida spirituale e morale di cui il mondo ha infinitamente bisogno.
È indubbio che le azioni e le decisioni prese sotto l’egida di Fernández e, più ampiamente, dell’attuale Pontificato, abbiano innescato un profondo malcontento tra i fedeli tradizionalisti e conservatori. Questi gruppi vedono nelle recenti iniziative una sorta di tradimento, un distacco non solo dalla tradizione ma anche dalla verità fondamentale del Vangelo. Questa percezione di tradimento si radica non solo nelle decisioni liturgiche o dottrinali, ma anche in un apparente abbraccio di ideologie contemporanee che sembrano più radicate nella cultura popolare che nella teologia profonda.
Il dibattito sull’omosessualità e la sua accettazione all’interno della Chiesa è solo un esempio di come il dialogo teologico sia stato deviato verso temi che, per molti, sono secondari rispetto alle questioni centrali della fede e della morale cristiana. L’incapacità di Fernández e del suo dicastero di fornire una guida chiara e inequivocabile su queste questioni ha lasciato molti fedeli in uno stato di perplessità e di sfiducia.
La crisi d’identità che attraversa la Chiesa è aggravata dall’ascesa di una teologia che sembra più preoccupata di adattarsi alle esigenze del mondo moderno piuttosto che di guidarlo. La fede, nella sua essenza, dovrebbe fornire una bussola morale, un punto fermo che rimane costante nonostante i cambiamenti della società. Tuttavia, sotto la guida di Fernández, si assiste a una sorta di ‘teologia adattiva’ che mina la percezione della Chiesa come istituzione eterna e immutabile.
Questo periodo di turbolenza non è solo una sfida per la Chiesa in termini di coerenza interna, ma pone anche una minaccia per il suo ruolo nel mondo. La Chiesa, tradizionalmente vista come un baluardo contro le mode passeggere e le ideologie di turno, ora sembra vacillare sotto il peso di un relativismo culturale che rischia di eroderne l’autorità.
La risposta a questa situazione non è semplice. Mentre alcuni invocano un ritorno alle pratiche e alle credenze tradizionali, altri vedono nella modernizzazione un passo necessario per la Chiesa per rimanere rilevante in un mondo in rapido cambiamento. Tuttavia, ciò che è chiaro è che un equilibrio deve essere trovato. La Chiesa deve navigare in queste acque agitate con una mano ferma, cercando di preservare le verità eterne della fede pur rimanendo aperta al dialogo e alla comprensione del mondo contemporaneo. Quella che Papa Francesco e Fernández mostrano chiaramente di non avere.