In un’epoca dove la coerenza sembra ormai essere diventata un optional più raro della verità in politica, ecco spuntare dalla galassia dell’assurdo un nuovo episodio degno di nota, protagonista il nostro illustre ex ministro della salute, Roberto Speranza. Già il cognome suona come una beffa del destino, se ci pensiamo bene. Ma procediamo con ordine.
Il tempo ritrovato (o meglio, inventato)
Speranza, con una faccia tosta degna di un personaggio da commedia dell’arte, ha avuto il coraggio (o meglio, la pessima idea) di ripresentarsi in pubblico per promuovere il suo primo (e speriamo ultimo) capolavoro letterario. Una sequela di farneticazioni e falsità per un pastone autocelebrativo così indigesto da costringere la pur sinistrorsa casa editrice che aveva avuto l’incauta idea di pubblicarlo a ritirarlo dagli scaffali di tutta Italia dopo nemmeno due settimane e a stracciare il contratto col nostro versatile Robertino.
Già, perché sembrerebbe che, tra un DPCM e l’altro, l’ex guardiano del faro nella notte tempestosa del Covid abbia trovato il tempo non solo per scrivere appunti di viaggio sul suo trovarsi catapultato (per caso, non certo per titoli o meriti) al timone della salute pubblica, ma addirittura per trascriverli in un libro. Questo sì che è multitasking!
È lecito chiedersi: ma quando mai? Tra una conferenza stampa e l’altra, tra un’allerta rossa e una zona arancione, tra uno “state a casa” e un “lavatevi le mani” o un “tachipirina e vigile attesa”, Speranza ha trovato il tempo per dedicarsi alla scrittura? O forse il libro è frutto in uno di quei rari momenti di pausa, magari mentre il paese era sospeso in attesa di capire se il Natale sarebbe stato cancellato o solo posticipato a data da destinarsi?
Assediato dai fantasmi
Il nostro prode ex ministro si dipinge poi come un eroe tragico, incomprensibilmente assediato da barbariche orde di assatanati no vax che, a suo dire, lo hanno costretto a vivere sotto scorta. Un’immagine da romanzo di spionaggio, se non fosse per il piccolo dettaglio che, a guardarsi intorno, i più accaniti detrattori sembrano a tutt’oggi più impegnati a cercare di capire come venire fuori dalle ultime restrizioni del suo ex governo che a organizzare spedizioni punitive contro un burattino rimasto senza fili. Ma, come si sa, ogni eroe (o presunto tale) ha bisogno del suo drago da sconfiggere, anche se deve inventarselo.
Speranza lamenta poi di essergli stata preclusa – sempre dai soliti, tignosi no vax che gli insidiano il calcagno – addirittura la candidatura alla presidenza della “sua” Basilicata. Oh, tragedia! Un intero popolo che piange e si dispera per questa mancata opportunità… o forse no? Forse la Basilicata semplicemente continua a campare, indifferente a queste vicissitudini shakespeariane, concentrata più sul peperone crusco da coltivare e raccogliere che sulle smaniose ambizioni politiche di un figliuol prodigo a dir poco scomodo.
Il nemico immaginario
Nel suo racconto, Speranza si erge a paladino contro gli aggressivi no vax, quegli stessi che lui dipinge come nemici della civiltà. Ma, a un’analisi più attenta, sembra che i veri risentimenti vengano da coloro che hanno subito danni permanenti a causa dei vaccini, dai familiari che piangono le vittime degli effetti collaterali, da chi ha perso cari nonostante le promesse di protezione assoluta.
E poi ci sono gli altri, i non vaccinati, che secondo Speranza sarebbero i veri antagonisti della storia. Eppure, molti di loro sembrano invece semplicemente persone che hanno scelto una strada diversa, non per sfida ma per una personale valutazione del rischio, più che mai felici di aver evitato quella che si è poi rivelata una trappola ben congegnata. E io sono grato e fiero di essere fra questi ultimi.
Manie di persecuzione
Speranza, proprio lui, con un colpo di scena degno di un thriller, lascia intendere che dietro l’angolo c’è sempre un complotto, una rete di connivenze pronta a scattare. E in questo reticolo di sospetti e alleanze, chi può davvero dire di essere al sicuro? O trappole che evocano immagini di inganni e insidie lungo il cammino, come se la vita fosse un percorso costellato di tranelli da evitare. Ma in questa narrazione, chi è il cacciatore e chi la preda? Speranza si dipinge come vittima di un sistema che lo supera, eppure non era lui parte di quel sistema? Non era forse lui uno dei volti principali della (disastrosa) gestione della pandemia?
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