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Eccoci qui, a parlare di una notte da thriller geopolitico, dove la settimana scorsa un missile quasi magico diventa protagonista di un’azione che sembra uscita da un film di spionaggio di Hollywood, piuttosto che dalle pagine noiose della diplomazia internazionale. Israele, con un “coup de théâtre” che ricorda un prestigiatore che estrae un coniglio dal cappello, ha lanciato un missile “dimostrativo” verso le difese aeree dell’Iran, precisamente vicino al sito nucleare di Natanz. E cosa c’è di così speciale, vi chiederete? Beh, semplicemente, il missile aveva la sorprendente capacità di rendersi invisibile ai radar iraniani. Abracadabra, e il radar non vede più niente!
L’arte dell’inganno: il missile che l’Iran non ha potuto intercettare
Il New York Times riporta con una certa enfasi teatrale che questo non era un comune missile. Oh no, signori e signore, era dotato di una tecnologia che gli permetteva di schivare elegantemente i radar iraniani. “Guarda ma non toccare”, sembra essere il nuovo motto della difesa aerea iraniana, che non ha potuto fare altro che assistere impotente al passaggio di questo ospite indesiderato. Due funzionari occidentali, probabilmente con un sorrisetto compiaciuto, hanno condiviso questa chicca di informazione, mentre i loro omologhi iraniani si grattavano la testa, chiedendosi se fosse il momento di chiamare il tecnico dei radar.
Da dove è stato lanciato? Un mistero avvolto in un enigma
Il dettaglio succulento è che il missile è stato lanciato da un punto così misteriosamente lontano che né lo spazio aereo israeliano né quello iraniano sono stati violati. Si dice che il jet da cui è partito il missile si trovava in una zona così neutrale che neanche il più accanito dei fan di teorie del complotto potrebbe localizzarlo su una mappa. E ovviamente, nessuna traccia dello spazio aereo giordano è stata sfiorata, perché, si sa, nessuno vuole tirare in ballo il regno di Abd Allah II in questo teatro di marionette internazionale.
L’obiettivo: non solo un radar, ma un messaggio chiaro
L’attacco non si è limitato a fare un buco nell’aria. Il missile aveva un bersaglio ben preciso: un radar del sistema S-300 presso la base aerea di Shekari a Isfahan. Il messaggio sembra essere: “Abbiamo la capacità di colpirvi dove più vi fa male, senza nemmeno essere visti”. E per un paese che adora vantarsi delle proprie difese aeree, questo è sicuramente un boccone amaro da ingoiare.
Una lezione di umiltà per l’Iran?
La finezza di questo attacco, come suggerito dal New York Times, era duplice: dimostrare la vulnerabilità iraniana e, contemporaneamente, servire come monito. “Pensateci due volte prima di muovere guerra a Israele”, sembra essere il sottinteso di questa operazione, che ha più di un sapore di avvertimento serio mascherato da esercizio di stile.
Questo episodio non solo sottolinea l’avanzamento tecnologico militare di Israele, ma solleva anche questioni morali e strategiche. Cosa significa per la sicurezza globale quando un paese può colpire un altro senza essere nemmeno rilevato? È un progresso tecnologico o un gioco pericoloso ai limiti della provocazione? Queste sono domande che richiedono risposte ponderate. Nel frattempo, il missile invisibile rimane un simbolo potente di come la moderna guerra sia focalizzata meno su chi colpisce per primo e più su chi non viene visto affatto.