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Ogni tanto, nel circo burocratico che chiamiamo Europa, ci viene regalata una perla di saggezza così profonda che rischia di affondare nell’oceano dell’assurdo. La recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla “protezione del clima” come diritto umano è un tale gioiello.
La sentenza della discordia
La Corte, quella stessa entità che durante il periodo buio della pandemia sembrava più un fantasma che un baluardo dei diritti, ha recentemente decretato che la protezione del clima è un diritto umano. Questo sorprendente verdetto non solo stupisce ma solleva una domanda fondamentale: di quale clima stiamo parlando? Del clima degli anni ’50, o forse di quello dell’Alto Medioevo? Affermare di proteggere il clima sembra tanto logico quanto tentare di catturare l’arcobaleno.
Il contesto della querelle
La decisione è arrivata dopo una causa sollevata da un gruppo di anziane signore elvetiche, capitanate nientemeno che da Greenpeace sotto le spoglie dei Climate Senior. Nonostante l’apparente innocenza del gruppo, dietro si celano nomi noti come Anne Mahrer e Christiane Brunner, ex esponenti dei partiti verdi. Sostenuti da una pletora di fondazioni, questi moderni Don Chisciotte del clima hanno speso quasi un milione di franchi per vedere la Svizzera simbolicamente condannata per inadeguata protezione del clima. Questo, naturalmente, dopo che Georg Klinger di Greenpeace ha abilmente orchestrato l’intera vicenda.
Il clima, questo sconosciuto
Entrare in questo mondo magico dove il clima è statico e immutabile è come credere nelle favole. Il clima è per sua natura in costante evoluzione, e proteggerne uno specifico è un’idea tanto romantica quanto impraticabile. I dati scientifici paleoclimatici e vari studi di fisica smentiscono un ruolo significativo dell’anidride carbonica (CO2) nelle temperature terrestri. Attualmente viviamo in un’era geologica dove la CO2 è al minimo storico rispetto a periodi passati. La nostra atmosfera, con solamente 480 parti per milione di CO2, è ben lontana dai 2000 ppm di ere passate, livelli considerati ideali per la vita vegetale.
La verità sulla CO2
La CO2 di origine antropica rappresenta solo il 4% del totale, un dettaglio che molti sembrano ignorare. Inoltre, sotto le 150 parti per milione, la vita vegetale sulla Terra rischierebbe l’estinzione: siamo quindi al limite opposto del problema. Questo ci porta a riflettere: è realmente sensato, o anche solo possibile, proteggere il clima da un fenomeno tanto naturale e inevitabile quanto le maree?
Cosa ha pensato la Corte?
Si potrebbe sperare che la Corte si fosse documentata adeguatamente, esaminando pubblicazioni scientifiche e comprendendo che il catastrofico riscaldamento globale è e rimane una semplice ipotesi. Tuttavia, sembra che abbiano optato per la strada meno impegnativa, giudicando su presupposti teorici piuttosto che su basi concrete. Un approccio che trasuda di politica più che di giustizia, basato su due ipotesi altamente discutibili: la costanza del clima terrestre e l’antropocentrismo delle sue variazioni.
Un verdetto fuori dalla realtà
La sentenza solleva preoccupazioni non solo sulla sua validità scientifica ma anche sulla sua utilità pratica. In un mondo dove i diritti umani fondamentali sono quotidianamente violati, sembra che la Corte abbia scelto di concentrarsi su fantasie climatiche piuttosto che su problemi più tangibili e urgenti. Questo non solo dimostra una profonda miopia ma solleva dubbi sulla sua capacità di affrontare le vere sfide che riguardano i cittadini europei.
L’ennesimo tentativo di politicizzare la scienza
Il diritto alla protezione del clima, pur nobile in teoria, in pratica sembra un’espressione della tendenza moderna a politicizzare la scienza e a giudicare sulla base di ideologie piuttosto che di fatti. In questa era di incertezze e cambiamenti, forse sarebbe più saggio concentrarsi su come vivere con il cambiamento piuttosto che su come prevenirlo. Perché, alla fine del giorno, il clima continuerà a cambiare, con o senza il benestare delle corti.