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Trump: quando il clima d’odio si trasforma in proiettile

Purtroppo era nell’aria… Non ci sorprende affatto il tentato assassinio di Donald Trump durante un comizio in Pennsylvania. E come potrebbe sorprenderci? Se ne parlava da giorni, tra sussurri e grida, tra ipotesi e previsioni. Ma eccoci qui, a fare i conti con un evento che sa di inevitabile.

L’America, si sa, non è nuova a tentativi di assassinio di presidenti e candidati presidenziali. Ma questa volta il bersaglio era Trump, l’uomo che, nonostante tutto e tutti, si staglia come una figura di spicco, amata e odiata con la stessa intensità. Ed è proprio questa intensità che getta nel panico i suoi nemici, politici e mediatici. Un panico che trasuda da settimane, quasi palpabile.

Il clima d’odio

E come potrebbe essere altrimenti? Il clima di odio che si respira oggi negli Stati Uniti è insopportabile. Non è un’esclusiva americana, però: anche in Europa vediamo tentativi di eliminazione fisica di avversari politici. La polarizzazione è ovunque, il veleno si diffonde, e il clima d’odio raggiunge livelli di guardia. Ma chi è che soffia sul fuoco? Non certo i cosiddetti “fascisti”, o in questo caso i repubblicani, ma i loro autoproclamati antagonisti, che non esitano a usare la violenza per imporre il loro punto di vista.

La sinistra, o in questo caso i democratici, il complesso dei media mainstream, e tutte le altre forze dell’establishment sono sempre pronte a dipingere l’avversario come una “minaccia per la democrazia”. E poi si sorprendono se qualcuno, abbastanza ingenuo o abbastanza pazzo, decide di agire di conseguenza. Se ripeti ogni giorno che un candidato è un pericolo per la democrazia, prima o poi qualcuno ci crede e passa all’azione.

Gli opposti complottismi

Ed eccoci, quindi, a speculare sui “come” e sui “perché”. A sinistra si parla di un false flag orchestrato dallo stesso Trump per fare la vittima e guadagnare consensi. A destra, si accusa il Deep State di complicità. Ma, diciamocelo, queste cose semplicemente accadono.

Certo, qualcosa è andato storto nella sicurezza. Su quel tetto, a soli 150 metri dal podio, un agente avrebbe dovuto esserci. Le segnalazioni sulla presenza di un possibile attentatore sono state ignorate. Ma è chiaro che bisogna resistere alle tentazioni del complottismo, pur indagando tutte le piste. Gli uomini della sicurezza presidenziale sono valorosi e leali, ma anche loro sono umani e possono commettere errori.

L’impatto sulla campagna

Ora, quali saranno le conseguenze politiche di questo attentato? Facile prevedere una polarizzazione ancora più esasperata, una sfiducia nelle istituzioni, e una demonizzazione reciproca. Le immagini di Trump, insanguinato ma indomito, che alza il pugno e grida “fight, fight!”, rimarranno impresse nella memoria collettiva. Un momento a metà tra Iwo Jima e Rocky Balboa, che compatterà ulteriormente i suoi sostenitori.

Ogni elettore di Trump sarà ancora più motivato a votarlo, mentre Biden, o chiunque altro i democratici riusciranno a scovare per gettarlo nella fossa dei leoni, non avrà la stessa certezza di partecipazione, anzi. Da qui si riparte, ma è ovvio che questo evento ha cambiato per sempre la corsa alla Casa Bianca 2024. E non è detto che sarà l’unico a farlo.

E quindi, eccoci qui, con il solito copione: l’odio chiama odio, la violenza chiama violenza. E chi ci perde, alla fine, è sempre la democrazia. Ma almeno, questa volta, nessuno può dire di non essere stato avvisato.

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Pubblicato inPolitica

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