La carenza di lavoratori
Mancano operai specializzati: saldatori, fresatori, tornitori, manutentori, elettricisti. Ma anche muratori, carpentieri e falegnami, gelatai e pasticcieri. E ancora baristi, camerieri, addetti alla ristorazione e stagionali nei campi. Per non parlare di paramedici, ingegneri, matematici e fisici, quasi introvabili. Non è solo un problema di stipendi. La difficoltà di soddisfare i fabbisogni professionali richiesti delle imprese sta diventando un problema strutturale del mercato dal lavoro, che si è ampliata in concomitanza con la ripresa economica post pandemia. Secondo le stime del ministero del Lavoro sono un milione i posti di lavoro che non si riescono a coprire. Le ragioni sono diverse: dal trend demografico alla mancanza di competenze adeguate alle esigenze del mercato.
La questione demografica
Il calo della popolazione e il suo invecchiamento nei prossimi 20 anni (+4,9 milioni gli over 65 e -900 mila gli under 15) faranno crollare il numero delle persone in età lavorativa (15-64 anni) di 6,9 milioni di unità nel 2043. A dirlo è uno studio della Fondazione Di Vittorio. «La diminuzione della popolazione – spiega la ricerca – è un fenomeno ormai consolidato con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro. Le previsioni probabilistiche a vent’anni (2043) segnalano una drastica riduzione della popolazione residente di oltre 3 milioni rispetto a oggi, come risultato di una diminuzione dei più giovani (- 903 mila) e delle persone in età di lavoro (-6,9 milioni) e di un aumento degli anziani (+4,9 milioni)». Un apporto aggiuntivo al saldo migratorio di +150 mila persone all’anno, secondo la Fondazione Di Vittorio, consentirebbe in vent’anni di mitigare la diminuzione della popolazione totale e ridurrebbe il calo previsto della popolazione attiva.
Il «mismatch» tra domanda e offerta
In Italia le aziende, nonostante un tasso di disoccupazione ancora elevato ( a marzo 2023 è sceso al 7,8% dal 7,9% del mese precedente secondo i dati Istat), fanno fatica a trovare lavoratori. Secondo l’ultimo bollettino di Excelsior realizzato da Anpal e Unioncamere il gap tra domanda e offerta di lavoro è arrivato al 46,1% a maggio 2023. In un anno la difficoltà delle imprese ad assumere è aumentata di 7,8 punti. La ragione è la mancanza di candidati più che la scarsa preparazione. Con riferimento ai giovani, il tasso tocca il 47%. Resta molto difficile reperire operai specializzati (63,0%), specie quelli addetti alle rifiniture delle costruzioni (73,5%, ma 81% tra i giovani) e i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (72,2%), nonché i tecnici (50,2%), in particolare quelli in campo ingegneristico (65,2%), della salute (63,1%) e della gestione dei processi produttivi (63,0%).
Quanto costa il «mismatch»
La difficoltà di reperimento del personale è costata all’Italia circa 38 miliardi di euro nel 2022, secondo il report sulle «Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine» elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior. Il costo del mismatch rischia di aumentare nei prossimi anni in considerazione dei trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro. In particolare, evidenzia il report, «il trend demografico comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici e quindi delle uscite dal mercato del lavoro, sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa per l’invecchiamento della popolazione (secondo le previsioni Istat fino al 2030 la popolazione di 18-58enni diminuirà ad un tasso dell’1% annuo), aumentando lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita».
Quali sono le professioni più richieste
Secondo il bollettino mensile di Unioncamere e Anpal, le professioni più richieste sono gli esercenti e gli addetti nelle attività di ristorazione (83.030 assunzioni previste a maggio), il personale non qualificato nei servizi di pulizia (42.780), gli addetti alle vendite (37.290) e i conduttori di veicoli a motori (20.930). Nel complesso a maggio 2023 le assunzioni programmate sono 466.750.
Nel turismo mancano 280 mila lavoratori
Anche Confcommercio denuncia il problema della carenza di manodopera, in particolare nel settore turistico. Secondo un’analisi del Centro studi dell’associazione, se nel 2023 si osservasse una crescita delle presenze del 15,3% rispetto al 2019 (oltre 500 milioni), ci sarebbe bisogno di 280 mila lavoratori in più rispetto allo scorso anno solo nelle attività di alloggio e ristorazione. Circa il doppio se si considera l’indotto.
L’allarme di Coldiretti
La difficoltà a reperire manodopera è molto sentita in agricoltura, dove le attività di raccolta si basano soprattutto su lavoratori stagionali, nella maggior parte dei casi stranieri. Per garantire le campagne di raccolta estive secondo le stime di Coldiretti servono almeno centomila lavoratori stagionali. «Occorre velocizzare il rilascio dei nulla osta necessari per consentire ai lavoratori extracomunitari, ammessi all’ingresso con il decreto flussi, di poter arrivare in Italia per lavorare nelle imprese agricole al più presto. Rispetto all’anno scorso – spiega la Coldiretti – le quote di lavoratori extracomunitari ammessi per decreto in Italia è stato alzato a 69mila e di questi, la fetta riservata all`agricoltura è di 42 mila posti, a fronte dei quali sono però pervenute circa 100mila domande».Secondo i dati del dossier statistico sull’immigrazione curato da Idos, un prodotto agricolo su quattro viene raccolto in Italia da mani straniere che rappresentano più del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore.
Confartigianato: 50% delle assunzioni irreperibili
Per trovare personale nel 2022 le imprese di artigianato hanno impiegato in media 3,3 mesi, ma i tempi si sono allungati a 4,7 mesi per gli operai specializzati: per 96.350 di queste figure professionali qualificate occorre oltre 1 anno di ricerca. Le piccole imprese del settore hanno avuto difficoltà a coprire il 50% delle assunzioni previste secondo i calcoli di Confartigianato. All’origine di questa penuria di manodopera specializzata ci sono diversi fattori: dalla crisi demografica al gap tra scuola e mondo del lavoro alle nuove aspettative nei confronti del lavoro. Secondo Confartigianato i lavoratori che scarseggiano di più sono gli autisti di mezzi pesanti e camion (85.490 i lavoratori difficili da reperire nel 2022, pari al 56,7% delle richieste), seguiti dagli operai edili (80.620 i lavoratori che non si trovano, pari al 46,2% del totale necessario) ed elettricisti nelle costruzioni civili (41.460 posti scoperti, equivalenti al 63,4% dei lavoratori da assumere).
Il gap scuola-lavoro
Per ridurre il gap scuola-lavoro, che è uno dei fattori all’origine della difficoltà a incrociare domanda e offerta, anche se non il principale, secondo Confartigianato è fondamentale puntare sull’innalzamento della qualità dell’offerta formativa di istruzione tecnica e professionale. Per l’istruzione tecnico-professionale si registra una difficoltà di reperimento del 42,0%, corrispondenti a 1 milione 377 mila entrate, secondo un’analisi dell’associazione. Nel livello secondario la difficoltà di reperimento più elevata, e superiore alla relativa media (40,6%), si riscontra per indirizzo elettronica ed elettrotecnica con il 59,8% delle entrate difficili da reperire e indirizzo meccanica, meccatronica ed energia con 56,2%. La difficoltà di reperimento è superiore alla media anche per indirizzo turismo, enogastronomia e ospitalità con 47,6%, indirizzo produzione e manutenzione industriale e artigianale con 47,5%, indirizzo informatica e telecomunicazioni con 43,7%, indirizzo socio-sanitario con 42,5% e indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria con 40,8%.
Valentina Iorio
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