Incontro drammatico tra Netanyahu e i sindaci delle città israeliane, in cui il premier lancia un messaggio assordante che avrà ripercussioni epocali: «La risposta di Israele all’aggressione terroristica di Hamas da Gaza segnerà una svolta nel Medio Oriente». Ci aspetta una guerra senza precedenti. La Striscia di Gaza, già stritolata dalla presa militare di Gerusalemme, potrebbe essere presto irriconoscibile.
E non solo per la mostruosità dell’ultimo atto di terrore perpetrato da Hamas, che ha superato ogni limite di decenza e storia, ma per la necessità impellente e incontestabile di Israele di rispondere in modo mai visto. Una minaccia di tale calibro legittima, e perché no, spinge il governo Netanyahu a voler dire definitivamente “basta” all’egemonia travolgente di Hamas in quella zona.
Hamas ha giocato e ha perso, suicidandosi con quella folle operazione terroristica. Sarebbe stato così semplice mostrare i muscoli contro gli avversari in campo aperto, prendendo di mira gli obiettivi militari. Ma no, hanno scelto il percorso più vigliacco, rapendo e uccidendo innocenti. Il mondo intero, arabi compresi, li guarda con sdegno e orrore.
Era un momento d’oro per Hamas, avrebbero potuto unire le forze degli “oppressi” e chiamare alle armi i loro “amici” in Libano. Un’opportunità persa, ora li vediamo allinearsi a quelle canaglie di infimo calibro dell’Isis, calando nel modo peggiore l’unica carta vincente che avevano in mano.
Un’ulteriore mazzata arriva dall’Unione Europea, che ha deciso di bloccare aiuti economici fino a quasi 1,2 miliardi di euro. L’isolamento di Hamas è totale, senza appoggi significativi da parte di alleati storici.
Riflettiamo: nel 2006, Hamas ottenne la liberazione di mille palestinesi in cambio di un solo soldato israeliano. Avrebbero potuto ottenere molto di più questa volta. Ma no, hanno preferito il sangue e ora pagheranno il prezzo supremo.
E adesso? Israele è pronto ad entrare in Gaza e restarci fino a quando non avrà eliminato ogni singola minaccia di Hamas. La domanda non è “se”, ma “quando”. E lo farà, anche a costo di mettere a rischio la vita degli ostaggi.
Una cosa è certa: Israele non dimentica e non abbandona mai i suoi. Ha liberato centinaia di prigionieri per recuperare il corpo di un solo soldato e continuerà a farlo. Non dimentica. Non perdona.
E mentre il mondo osserva con orrore, è bene ricordare che Hamas, ormai considerato un gruppo terroristico da molte nazioni, non fa che ripetere il suo modus operandi: attacchi periodici, risposte feroci e poi cessate il fuoco, in un ciclo infinito di violenza.
L’esercito israeliano si trova davanti ad un dilemma: proteggere gli ostaggi o colpire con forza? Ma qualunque sarà la risposta, una cosa è certa: la sicurezza e la protezione del popolo israeliano saranno la priorità.
E la causa palestinese è ormai relegata in fondo all’agenda internazionale. I tempi sono cambiati. I palestinesi stessi vogliono una vita migliore, lontana dall’estremismo. E con la recente operazione di Hamas, la Striscia di Gaza che conoscevamo potrebbe presto diventare solo un lontano ricordo. E la soluzione a due Stati? E’ ormai una chimera del passato.
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