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È sconvolgente e inconcepibile come, nell’epoca moderna, ci ritroviamo ancora a lottare contro un mostro che credevamo sepolto con la fine dell’era nazista. In Gran Bretagna, un paese che proclama di essere un modello etico, abbiamo assistito alle tragedie di Charlie Gard e Alfie Evans, dove lo stato si è arrogato il potere di decidere il diritto alla vita. È un affronto alla nostra comune umanità e intelligenza, quella parte di noi che implora di combattere fino all’ultimo respiro. Ma invece, i giudici e i medici che dovrebbero essere custodi della vita, sembrano preferire essere messaggeri di morte. E se Indi Gregory, per un colpo di fortuna, dovesse trovare guarigione con nuove cure e seguire le orme di Tafida Raqeeb, che imbarazzo per questi esecutori delle sentenze di vita o di morte!

Questo sistema ricalca le ombre di un passato che rifiutiamo di accettare come nostro, eppure si ripresenta con un ghigno sprezzante. Il programma di eutanasia nazista, conosciuto come Aktion T4, è stato un capitolo buio della storia che ha visto l’eliminazione di migliaia di persone considerate “indigne di vivere”. La stessa mancanza di umanità si manifesta oggi, non sotto un regime fascista, ma nelle sale d’ospedale e nelle aule di tribunale britanniche, dove giudici e medici si atteggiano a nuovi epigoni di una dottrina disumana.

Aktion T4, il macabro programma nato tra le strade di Berlino, ha lasciato una cicatrice indelebile nell’anima dell’umanità. E adesso, con un’insopportabile ripetizione della storia, ci troviamo a confrontarci con lo stesso spettro della morte travestito da compassione. Non è compassionevole, non è giusto, è semplicemente orribile. E mentre il memoriale di Berlino sta a ricordarci delle vite perdute, noi guardiamo con disprezzo a un presente che non ha imparato nulla.

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