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I russi: sono parte del conflitto. E Washington addestra in America i soldati di Kiev

Nato e Unione europea «rafforzano» la cooperazione. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sostiene che «bisogna dare a Kiev tutte le armi di cui ha bisogno», compresa l’artiglieria a lunga gittata e, nello stesso tempo, annuncia sanzioni contro la Bielorussia e l’Iran, i due fiancheggiatori di Mosca.

Il vertice

Ma la leadership militare resta nelle mani degli Stati Uniti. Lo stesso segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ieri ha dato appuntamento al 20 gennaio, quando nella base militare di Ramstein in Germania, il capo del Pentagono, Lloyd Austin, riunirà il «gruppo di contatto» degli oltre 40 Stati che sostengono la resistenza di Kiev. Ufficiali americani e ucraini, riferisce la Cnn, hanno notato come l’intensità di fuoco dell’artiglieria russa sia diminuita drasticamente, in alcune zone anche del 75%. È il segnale che le scorte si stanno esaurendo? O è un cambio tattico in vista di una nuova offensiva? Sono le domande che domineranno l’agenda di Ramstein, insieme con i temi più urgenti, ieri solo evocati da Stoltenberg, von der Leyen e Michel in una conferenza stampa congiunta: come ricostituire gli arsenali svuotati dalle spedizioni in Ucraina; quali ordigni consegnare a Volodymyr Zelensky. Intanto i soldati ucraini impareranno a usare i missili terra-aria Patriot, promessi da Joe Biden, nella base di Fort Still in Oklahoma. Vedremo, invece, se il governo italiano offrirà il sistema di difesa anti aerea «Samp-T», messo a punto con i francesi. Da Mosca arriva la reazione di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: «La Nato e gli Stati Uniti sono certamente coinvolti in questo conflitto, visto che stanno pompando l’Ucraina con armi, tecnologia e informazioni di intelligence».

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Ieri il presidente del Consiglio europeo, Michel, ha twittato: «L’Unione europea si impegna a inviare armi all’Ucraina anche più di quanto stiano facendo gli Stati Uniti».

Ma, al momento, la realtà è profondamente diversa, come per altro si desume dalla «dichiarazione comune» sottoscritta ieri a Bruxelles da Michel, von der Leyen e Stoltenberg. Ecco il passaggio cruciale, il punto numero 8 del documento: «La Nato resta il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri e resta essenziale per la sicurezza Euro-Atlantica. Noi riconosciamo il valore di una difesa europea più forte e più efficace che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e che sia complementare e interoperabile con la Nato».

Gli equilibri militari

In sostanza la guerra in Ucraina ha ridisegnato in modo chiaro gli equilibri militari in Europa. Gli Stati Uniti avevano iniziato, già negli anni di Barack Obama, ad alleggerire il presidio nel Vecchio continente. L’aggressione putiniana all’Ucraina ha indotto il presidente Biden a invertire la tendenza, inviando non solo armi a Kiev, ma anche circa 20 mila soldati in Polonia e negli altri Stati sul fianco Est della Nato.

Michel, soprattutto, ha insistito sulla «capacità di reazione» mostrata dall’Unione europea all’indomani del 24 febbraio, il giorno dell’attacco russo. Ma è evidente che l’Ucraina finora abbia resistito grazie all’intervento americano. Vero, come afferma ancora Michel, le istituzioni europee e i singoli Paesi messi insieme hanno mobilitato più risorse, rispetto agli Stati Uniti. Esattamente 51,8 miliardi di dollari, contro 47,8 stando alle cifre elaborate dal «Kiel Institute for the world Economy», un importante centro studi tedesco. Tuttavia la somma, aggiornata al 20 novembre 2022, comprende anche gli aiuti finanziari e il soccorso ai profughi. Se si parla solo di armi, invece, i pesi si ribaltano. Gli Usa hanno stanziato 22,9 miliardi di dollari: circa il doppio del blocco europeo. La Germania sta aumentando lo sforzo, ma per ora è ferma a 2,3 miliardi; la Polonia a 1,8; la Francia a 500 milioni, l’Italia a 300.

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Nuova strategia

Le figure di vertice della Ue, comunque, sono convinte che il conflitto rilancerà i progetti di difesa comune europea, sia pure in un ruolo «complementare» rispetto alla Nato. Un modo diplomatico per non dire «subordinato». Michel ha più volte citato la «Bussola Strategica», cioè il piano di sviluppo della difesa Ue, già approvato dai governi dei 27 Paesi. L’obiettivo principale è ridurre la frammentazione dell’industria militare europea. Sul piano operativo, però, la «bussola» sembra sfasata rispetto a una situazione di guerra ai confini. Si propone di costituire una «forza di reazione rapida» composta da cinquemila soldati, ma entro il… 2030

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