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L’OMBRA DEL GRUPPO WAGNER 3/5 – Le operazioni della Wagner in Africa: dove si muove e quali sono i veri obiettivi

Botswana, Burundi, Repubblica Centro Africana, Ciad, Sudan, Comore, Congo, Guinea Equatoriale e Bissau, Libia, Mali, Madagascar, Mozambico, Nigeria ed Angola sono solo alcuni degli Stati in cui si è osservata la presenza degli ormai famigerati “mercenari” russi. Il gruppo Wagner, salito alla ribalta della cronaca dall’invasione russa dell’Ucraina non è che la punta dell’iceberg. In Africa, e nel mondo, operano numerose altre Pmsc russe, dal profilo sicuramente più discreto ma che servono comunque gli interessi di Mosca.

Se Wagner è una Pmsc sui generis, come dimostra il suo impiego massiccio nel teatro Ucraino, i gruppi Anti-terror, Rossiskie System Bezopasnosti (Rsb), Mar, Enot e Patriot continuano ad operare pressoché indisturbati. Questi gruppi sono diventati un elemento centrale della strategia di penetrazione russa in Africa: laddove la Federazione propone accordi commerciali ed esporta armamenti, questi attori offrono dei servizi di tipo prevalentemente militare e di intelligence (scorta personale VIP, sicurezza marittima, campagne di disinformazione e propaganda e perfino vere e proprie operazioni di controinsorgenza).

La politica estera africana del Cremlino è quindi bicefala, poiché oltre alle consuete relazioni bilaterali conta per una buona parte su attori nominalmente privati che garantiscono una cosiddetta “plausible deniability” a Mosca e sono quindi liberi di agire in palese violazione del diritto internazionale e bellico. Se questa strategia ha riscosso alcuni successi (Siria, Repubblica centrafricana, Sudan), conta anche alcuni – notevoli – fallimenti. In Madagascar il tentativo di influenzare le elezioni presidenziali del 2019 si è risolto in un nulla di fatto.

Sempre nel 2019, questa volta In Mozambico, la Pmsc Wagner è chiamata per “risolvere” l’insorgenza nella provincia di Cabo Delgado, nella parte settentrionale del Paese. I contractors però si rivelano non solo impreparati per questo tipo di missione e incapaci di cooperare con le forze armate locali, ma non riescono nemmeno a comunicare per mancanza di competenze linguistiche. Vittime di svariate imboscate subiscono quindi regolarmente perdite e non riescono ad ottenere alcun risultato sul campo, al punto che il governo del presidente Nyusi si vedrà costretto a recedere il contratto con la Pmsc causandone il ritiro. Nonostante questi fallimenti rivelino alcune deficienze strutturali della politica africana di Mosca, l’ombra di Wagner continua ad aleggiare sul continente e sembra perfino in procinto di espandersi. E davvero così? E soprattutto quanto è sostenibile la presenza di Wagner in Africa sul lungo termine?

Mappa di Alberto Bellotto

L’RCA: un banco di prova

Se la politica africana della Russia si è delineata durante il Summit di Sochi del 2019, la Repubblica Centroafricana costituisce il banco di prova di questa strategia che fa affidamento su attori semi (o pseudo) privati. Sebbene alcune fonti riportino un crescente malcontento della popolazione nei confronti dei contractors russi a causa di ripetute vessazioni contro i civili e svariate accuse di stupro, questo caso si può sicuramente considerare come un successo per il Cremlino.

I russi infatti già nel 2017 concludono un accordo con il governo di Bangui circa l’esportazione di armi e materiale militare. Da lì a poco gli “istruttori militari” di Wagner fanno il loro ingresso nel Paese. Combinando una campagna di controinsorgenza piuttosto feroce che porta rapidamente risultati sul campo ad un più ampio servizio di consulenza politica a base di propaganda e disinformazione, gli “agenti per procura” di Mosca riescono a conquistare il Paese.

Uno dei loro uomini diviene consigliere per la sicurezza nazionale del presidente, i mercenari prendono a pattugliare le strade e proteggono la più alta carica dello stato con una sorta di guardia pretoriana. I contractors giungono perfino – per un breve periodo – a gestire i diritti doganali di questo piccolo Paese che non ha sbocchi sul mare. Non solo: sfruttando le debolezze del settore della sicurezza centrafricano gli uomini di Wagner assumono addirittura il controllo di almeno due battaglioni delle Forze armate centrafricane, precedentemente addestrati da una missione europea (Eutm-RCA).

Mappa di Alberto Bellotto

Il Mali: un “passo più lungo della gamba?”

Il Centrafrica è uno dei più piccoli stati africani per estensione territoriale, ricco in risorse naturali (in particolare oro e uranio). Wagner può quindi auto-finanziare la propria presenza nel paese attraverso l’estrazione di queste risorse tramite la società Lobaye Invest, la cui proprietà risale indirettamente a Yevgeniy Prigozhin. Per quanto concerne il Mali la faccenda è diversa. È il 24° Paese al mondo per estensione territoriale e presenta un teatro operativo piuttosto affollato: sono presenti infatti una missione ONU (Minusma) che vede una forte componente europea, una missione Ue di addestramento (Eutm-Mali), le forze regionali del G5 Sahel (Fc-G5S) e fino a poco tempo fa l’operazione francese Barkhane coadiuvata dalla task-force Takuba.

L’ingresso di Wagner in questo teatro operativo risponde quindi ad un obiettivo più ampio, cioè quello di estendere l’influenza di Mosca in una zona di interesse strategico per l’Europa e in particolare per la Francia. Sotto questo profilo la missione si può considerare un successo, poiché causa tensioni insanabili fra Parigi e Bamako che hanno avuto ricadute sulle truppe francesi, seguite a ruota da quelle di altri Paesi europei che stanno gradualmente lasciando il Paese. Sorgono però dei dubbi significativi circca la sostenibilità della presenza di Wagner in Mali sul lungo termine. I “contractors” russi per questo teatro non dispongo infatti di un buon appoggio logistico, sono pochi (soprattutto rispetto all’importante dispiegamento francese) per un area così vasta e devono fare affidamento sulle capacità logistiche dell’esercito maliano (Fama).

Non è chiaro quanto il gruppo Wagner costi al governo di Bamako (si ipotizza circa 10 milioni di dollari al mese) e come questo possa finanziarlo, tanto più che il Paese non dispone di importanti risorse naturali. Inoltre, nessuna società Russa ad oggi è riuscita ad aggiudicarsi i diritti per l’estrazione dell’oro presente nel nord del paese (la concessione rimane infatti ad una società canadese). Dal punto di vista prettamente militare è poi difficile pensare che un manipolo di uomini riesca laddove l’esercito francese ha sostanzialmente fallito. Se l’operazione di Peacekeeping “robusto” voluta da Parigi non è riuscita a risolvere l’insurrezione jihadista nel nord e nel centro del Paese, è impensabile che possano riuscirci i russi.

Infatti, da quanto i russi hanno fatto il loro ingresso in Mali, i metodi brutali impiegati per neutralizzare i gruppi insorti non hanno fatto che aumentare il malcontento della popolazione (soprattutto di etnia Fulani), ingrossando le fila dei ribelli. Dal ritiro delle truppe francesi gli attacchi dei gruppi di matrice islamica non hanno fatto che crescere, così come sono aumentate le azioni da parte del governo nei confronti della popolazione civile. Un pericoloso mix che contribuisce a peggiorare ancora di più la situazione dal punto di vista del rispetto dei diritti umani. Negli ambienti governativi si parla così ad oggi di rimpiazzare i contractors russi direttamente con mezzi militari con l’impiego chirurgico di droni, in particolare i turchi Bayraktar TB2.

Mappa di Alberto Bellotto

Obiettivo Burkina

La giunta al potere in Burkina Faso da alcuni mesi sembra “corteggiata” dai russi. Sono infatti aumentate le tensioni con Parigi e si vocifera di un possibile ricorso al gruppo Wagner. Tuttavia, nessun accordo è ancora stato concluso in via ufficiale, ed è probabile che il deterioramento delle condizioni di sicurezza in Mali freni i vertici Ouagadougou.

Se era improbabile che la politica africana di Mosca riuscisse a riscuotere successi significativi laddove l’Occidente aveva fallito, il rischio di un “overstretch” (allargamento eccessivo) del gruppo Wagner in Africa è decisamente alto. Se l’impiego in questi numerosi e diversi scenari dovesse concludersi con un fallimento, la politica africana di Mosca, incentrata sul fornire successi militari in breve tempo, subirebbe così un duro colpo d’immagine.

Jean Marie Reure

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