La Russia del dopo Wagner: ipotesi e futuro dopo la rivolta di Prigozhin

L’avanzata di Prigozhin verso Mosca di sabato scorso, durata 36 ore e interrotta a 300 km dalla città, ha lasciato un solco indelebile nella Russia di Putin. Per la prima volta dal 31 dicembre 1999, giorno in cui l’ex presidente Boris Eltsin ha lasciato all’ex capo dell’Fsb la valigetta con i codici nucleari in un simbolico passaggio di consegne, il potere del capo del Cremlino è apparso seriamente in discussione. Anche se Prigozhin con la sua Wagner, almeno stando alle sue dichiarazioni, non voleva attuare un colpo di Stato ma dirigersi contro il ministro della Difesa Shoigu, l’avanzata dei suoi mercenari ha inferto gravi danni alla credibilità e all’immagine dell’intero entourage russo. Il quale adesso risulta profondamente indebolito. Così come del resto risulta indebolito lo stesso Prigozhin, costretto a rifugiarsi in Bielorussia per chissà quanto tempo. A prescindere dalla prospettiva da cui si vede la vicenda, la Russia del dopo Wagner sarà profondamente diversa.
L’indebolimento di Putin
Il presidente russo probabilmente sapeva dei piani di Prigozhin. Le mosse attuate dal capo dei mercenari per preparare l’avanzata hanno lasciato tracce raccolte dall’Fsb. Dal Cremlino quindi hanno colto con anticipo le avvisaglie delle mosse della Wagner. Putin ha probabilmente giocato in difesa. Era a conoscenza del fatto che contrastare apertamente i 25mila uomini di Prigozhin avrebbe significato, nella migliore delle ipotesi, l’inizio di una guerra civile. Nella peggiore anche una possibile totale disfatta sul campo. I media vicini al Cremlino hanno lasciato intendere che l’ordine di non sparare a Rostov, prima città presa sabato 24 giugno dei mercenari, è partito direttamente da Mosca. Circostanza verosimile: probabilmente Putin ha preferito organizzare la difesa della capitale, aspettando magari l’opera di mediazione su Prigozhin arrivata poi dal suo principale alleato, il presidente bielorusso Alexandar Lukashenko.
In poche parole, il presidente russo ha limitato i danni. Ma si è trovato nella posizione di non poterli eliminare del tutto. Sta in questo probabilmente il principale aspetto del suo indebolimento. Tanto interno, quanto internazionale. In Russia e all’estero hanno potuto osservare come Putin, in una fase cruciale della guerra in Ucraina, non ha potuto avere in mano il controllo di parte del Paese. E anche se l’avanzata di Prigozhin non è andata a buon fine, le immagini degli escavatori che provavano affannosamente a creare fossati alle porte di Mosca è destinata a rimanere una macchia indelebile per la sua presidenza.
C’è poi un altro elemento da considerare. Se al Cremlino sapevano i piani di Prigozhin, quest’ultimo era stato informato a sua volta del fatto che nella capitale russa conoscevano le sue intenzioni. Così come sottolineato in un reportage del Wall Street Journal, dove sono stati intervistati funzionari dell’intelligence statunitense ed europea, Prigozhin ha dovuto anticipare i suoi piani perché consapevole di essere stato scoperto. Qualcuno quindi, direttamente dall’entourage di Putin, lo ha chiamato e informato. I sospetti sono proiettati su Sergej Surovikin, ex comandante delle operazioni in Ucraina e superato poi a gennaio dal capo di stato maggiore Valery Gerasimov. Surovikin, secondo diversi media (tra cui anche alcuni russi) sarebbe stato arrestato sabato. Non ci sono però conferme. Ma la sua vicinanza con la Wagner è oggetto di monitoraggio, al Cremlino così come in altri centri del potere russo. Ad ogni modo, Putin è sempre più consapevole di avere ampie falle all’interno del suo apparato di potere.
Che ne sarà dalla Wagner
Prigozhin non è riuscito nell’intento né di arrivare a Mosca e né di far arrestare Gerasimov e Shoigu. Non sembra però del tutto fuori dai giochi. La sua Wagner è ancora in piedi, nonostante i proclami del Cremlino sul suo assorbimento nell’esercito regolare. L’accordo mediato da Lukashenko prevede infatti che chi non ha preso parte all’avanzata, può firmare con la Difesa e proseguire con le divise dell’esercito la battaglia in Ucraina. Tuttavia, la compagnia guidata da Prigozhin sta continuando ad arruolare persone. E lo stesso leader dei mercenari, sempre per effetto degli accordi, si è trasferito a Minsk. Qui si sta allestendo almeno una base da destinare agli uomini della Wagner arrivati in Bielorussia.
Migliaia di combattenti quindi alle porte della Polonia e dei Paesi baltici. Circostanza quest’ultima che sta preoccupando e non poco i politici dell’Europa orientale. Ma forse la Wagner non è più interessata al Vecchio Continente e nemmeno all’Ucraina. I grandi affari per Prigozhin e per i suoi mercenari arrivano dall’Africa, dove sono presenti come “longa manus” del Cremlino al fianco di milizie e governi vicini a Mosca. Qui amministrano e occupano miniere, campi petroliferi e giacimenti. Affari a cui Prigozhin non vuole certo rinunciare.
Le conseguenze sul campo di guerra in Ucraina
L’impatto sui fronti ucraini del caos russo al momento non appare significativo. Le truppe di Kiev stanno premendo soprattutto su due settori: Zaporizhzhia e Bakhmut. In quest’ultimo hanno compiuto diverse avanzate sia a nord, in direzione Soledar, che a sud della città conquistata dai russi (con l’apporto decisivo della Wagner) a maggio. Ma si tratta di dinamiche indipendenti dalle mosse di Prigozhin contro Mosca.
L’unico vero possibile impatto è nel lungo periodo: con l’indebolimento di Putin, il morale delle truppe potrebbe essere ancora più basso di quello attuale, circostanza se non decisiva però molto importante all’interno di un campo di battaglia. Se l’avanzata di Prigozhin fosse arrivata a Mosca, il quadro sarebbe stato certamente molto diverso.