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Mark Rutte: il burattino olandese alla guida della NATO

C’era una volta in un regno non molto lontano chiamato Paesi Bassi, un leader di nome Mark Rutte. Nato all’Aia il 14 febbraio 1967, con una formazione in storia all’Università di Leiden e una carriera manageriale presso Unilever, Rutte è stato uno di quei personaggi che sembrano usciti da un romanzo di formazione: il bravo ragazzo che fa carriera, che diventa un leader carismatico e che, alla fine, diventa un burattino nelle mani dei potenti del mondo. Sì, perché la storia di Rutte è una di quelle che si raccontano nei corridoi del potere con un sorriso beffardo e un occhio rivolto agli interessi più grandi.

E così, come annunciato negli scorsi giorni, il prestigioso ruolo di segretario generale della NATO è stato assegnato proprio a lui, all’olandese Mark Rutte. 57enne, leader del partito VVD (Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia), e primo ministro dei Paesi Bassi per ben 14 anni. L’uomo che ha saputo destreggiarsi tra crisi politiche interne, disastri economici e scandali, ora si prepara a prendere le redini di un’alleanza militare internazionale. E noi ci chiediamo: ma perché proprio lui?

Rutte è stato scelto come candidato di compromesso, in un momento estremamente delicato per l’Alleanza Atlantica, alle prese con l’aggressione della Russia all’Ucraina e con le crescenti tensioni tra Mosca e diversi governi occidentali, primo tra tutti gli Stati Uniti. Per chi non fosse aggiornato, la scelta di Rutte arriva dopo che il presidente della Romania Klaus Iohannis ha ritirato la sua candidatura giovedì 20 giugno. Un ritiro che, a detta dei maligni, sarebbe stato più un passo indietro “consigliato” che una decisione volontaria. Ma tant’è, Rutte entrerà in carica ad ottobre, allo scadere del mandato di Jens Stoltenberg già prorogato per ben quattro volte.

E ora, un po’ di biografia. Rutte ha iniziato la sua carriera politica nel 2002, entrando nel gabinetto dell’ex primo ministro Jan Peter Balkenende. Nel 2006, ha ottenuto la leadership del VVD e ha portato il partito alla vittoria nelle elezioni generali del 2010. Da allora, è stato primo ministro, e fino a pochi mesi fa risultava essere il secondo leader politico più longevo d’Europa dopo Angela Merkel. Un record di longevità che potrebbe far invidia a una tartaruga delle Galapagos.

Perché la sua carriera politica si è interrotta, chiedete? Crisi e crollo del governo causati da disaccordi interni riguardo all’aumento del numero di rifugiati arrivati nel Paese. Un tema scottante, soprattutto per un paese che si è sempre vantato della sua tolleranza. Ma evidentemente, la tolleranza ha un limite quando si tratta di rifugiati.

Il 7 luglio del 2023, Rutte ha annunciato le dimissioni dell’esecutivo e il suo ritiro dalla guida del VVD. Un colpo di scena che ha lasciato molti senza parole, ma che ha aperto la strada a nuove elezioni. Elezioni vinte dal partito di destra PVV (Partito per la Libertà) di Geert Wilders, con il nuovo governo presieduto dal premier Dick Schoof che entrerà in carica il 2 luglio.

Ma torniamo a Rutte e alla sua brillante carriera. Nonostante i suoi 14 anni da primo ministro, l’Olanda non ha mai raggiunto l’obiettivo di destinare il 2% del Pil alle spese militari, un punto su cui Stoltenberg ha insistito parecchio. Un dettaglio non trascurabile per un uomo che ora guiderà una delle più potenti alleanze militari del mondo.

E poi, come dimenticare la sua posizione rigida durante la pandemia di Covid? Rutte è stato uno dei più ostici oppositori di chi chiedeva maggiore solidarietà e deroghe alle regole comunitarie. Si è espresso più volte contro l’emissione di bond per finanziare il Next Recovery Fund, ritrovandosi però in minoranza. Un uomo di principi, direte. O forse semplicemente un uomo di pregiudizi?

E che dire della sua fedeltà a Washington? Oltre ad essersi distinto come uno dei più intransigenti sostenitori di Kiev, con oltre 2,6 miliardi di aiuti militari all’Ucraina e la promessa di inviare altri 2 miliardi, Rutte ha dimostrato di essere pronto a tutto per compiacere i desideri delle ultime due amministrazioni americane. Una storia emblematica è quella dell’olandese Asml, azienda leader nella produzione di semiconduttori, a cui Rutte ha tagliato le gambe per accontentare Washington.

L’azienda è stata costretta a revocare una licenza di esportazione di tecnologia avanzata verso la Cina, dopo una “cordiale” richiesta degli Stati Uniti. Un sacrificio che non è passato inosservato e che ha probabilmente garantito a Rutte la fiducia della Casa Bianca per la guida della NATO. D’altronde, a volte per fare carriera bisogna essere pronti a sacrificare gli interessi nazionali sull’altare delle relazioni internazionali.

Infine, ricordiamo che Rutte è un habitué del World Economic Forum di Davos, la creatura di quel dubbio personaggio travestito da economista di Klaus Schwab. Un uomo che riunisce annualmente i più potenti della Terra per decidere le strategie guida del pianeta. Non c’è da stupirsi che Rutte, con la sua esperienza di compromesso e politica rigida, sia stato scelto per un ruolo di tale livello.

In conclusione, la nomina di Mark Rutte a segretario generale della NATO è l’ennesimo esempio di come il potere si concentri nelle mani di chi sa muoversi con astuzia nei corridoi della politica internazionale. Un uomo che ha saputo destreggiarsi tra le crisi interne e le pressioni esterne, che ha saputo accontentare gli alleati più potenti e che ora si prepara a guidare una delle più importanti alleanze militari del mondo. Un uomo che, nel bene e nel male, rappresenta la politica del compromesso e della realpolitik. E ora, cari lettori, preparatevi, perché con Rutte alla guida della NATO, il futuro sarà tutto da scrivere. E chissà se sarà un romanzo o una tragedia.

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