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Liguria: trionfo del centrodestra e naufragio della sinistra forcaiola

Alla fine, la Liguria è rimasta fedele a sé stessa. Lì, dove una volta i demagoghi di sinistra avevano messo radici profonde, ecco che il centrodestra vince, mentre il “campo largo” inciampa su sé stesso e rotola giù per la china della sconfitta. Giovanni Toti, un tempo presidente e leader del centrodestra ligure, è stato costretto a dimettersi dopo un’inchiesta per corruzione, montata ad arte da certa magistratura, che avrebbe dovuto sancire la fine della destra e aprire il palcoscenico per la sinistra. Così, almeno, contavano i leader del Partito Democratico, illusi da un vento di giustizialismo e dall’eco delle inchieste di “Report” che soffiavano nell’etere.

Il “campo largo” delle occasioni mancate

Con la presunzione di avere la vittoria in pugno, la sinistra si è gettata in una campagna che sembrava già scritta: un gran polverone di forconi e accuse. Hanno cercato di raccattare un po’ di tutto e un po’ di tutti, trasformando la coalizione in un’accozzaglia indefinita. Ma come sempre, la somma delle ambizioni senza una visione non fa un programma. Avevano persino “l’effetto Ranucci” — quella mano invisibile pronta a sferrare l’ultimo colpo con le inchieste di “Report” mandate in onda in pieno silenzio elettorale. Ma non c’è stato “effetto Ranucci”, niente onda giustizialista capace di trascinare i cittadini alle urne con torce e forconi. Anzi, è sembrato che gli elettori abbiano capito tutto e non si siano fatti prendere per il naso.

Il risultato? Marco Bucci è riuscito a battere Andrea Orlando, e la Liguria ha scelto, ancora una volta, la stabilità della destra. Uno schiaffo in pieno volto per chi pensava che bastasse qualche denuncia e due o tre programmi tv per soffiare il potere dalle mani del centrodestra.

Il disastro del Movimento 5 Stelle e la risata di Grillo

E poi c’è il Movimento 5 Stelle, quel partito che un tempo raccoglieva folle e passioni. Nella patria di Beppe Grillo, proprio lui non è andato nemmeno a votare. Il guru genovese non si è presentato alle urne, lasciando i “grillini” come naufraghi senza capitano. E come biasimarlo, d’altronde? Giuseppe Conte è riuscito a trasformare il Movimento in un partito senza anima, senza coerenza, e senza speranza. Il risultato? Un umiliante sotto-5%, peggio dell’alleanza Verdi-Sinistra, una Waterloo in miniatura. Siamo davvero all’apice dell’assurdo quando si sente dire che la colpa di questa sconfitta è proprio di Grillo, come sostiene Vittoria Baldino, perché avrebbe “disorientato l’elettorato”.

Insomma, il M5S ha dimostrato di essere ormai solo una caricatura sbiadita del suo glorioso passato. Cosa resta? Uno scudo contro i “potentati”? Una finta promessa di cambiamento? No, resta solo l’ombra di un partito che si illude ancora di essere l’alternativa. Un Movimento che in verità non si muove più da nessuna parte, immobilizzato in una politica fatta di veti incrociati e insuccessi sempre più clamorosi.

Il PD: un orso in letargo in un partito sognatore

E cosa dire del Partito Democratico? La grande roccaforte della sinistra in Liguria si è confermata primo partito con un 28%, ma è un primato amaro, un trofeo di latta. Andrea Orlando, il candidato sostenuto dal PD, si è trovato più solo di un orso in letargo. Anziché lottare con coraggio per portare avanti una visione, Orlando ha dovuto piegarsi a un progetto di coalizione sgangherato, voluto da Elly Schlein e condito dai diktat di Giuseppe Conte.

Il risultato? L’esclusione di Renzi, la cui “area riformista” avrebbe forse potuto raccattare qualche voto in più, è stato il colpo di grazia. Dario Nardella, sindaco di Firenze e figura di spicco del “campo riformista”, ha accusato Schlein di avere un partito che balla da solo, troppo spostato a sinistra e incapace di parlare alla pancia dell’elettorato moderato.

E mentre Schlein e Conte discutevano del nulla, il centrodestra si riorganizzava, serrava i ranghi e portava Marco Bucci alla vittoria. Non è difficile intuire come siano andate le cose: da una parte un centrodestra compatto e lucido, dall’altra un centrosinistra che sembrava più impegnato a cercare capri espiatori che non a trovare soluzioni.

Il “campo largo”: la grande illusione

Ed eccoci di nuovo al “campo largo”. Questa alleanza, pensata per inglobare chiunque tranne l’odiato Renzi, si è rivelata ancora una volta (e c’era bisogno della riprova?) per quello che è: un castello di sabbia. Qualcuno aveva davvero creduto che bastasse dire “no” alla destra per vincere? Creare una coalizione ampia è facile a parole, ma quando l’unico cemento è l’odio per l’avversario, il rischio di implosione è inevitabile. E così è stato. La sinistra ha giocato la carta del populismo giudiziario, ha cercato di agitare lo spettro del “cattivo” centrodestra, eppure il popolo ligure non si è lasciato impressionare.

E mentre a sinistra ci si affanna a dare colpe a chiunque, il centrodestra resta in vantaggio a livello nazionale. Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, continua a crescere, mostrando che un progetto politico coerente e forte può durare anche in tempi di inchieste di parte e polemiche farlocche.

I grandi assenti: un popolo che non si fa ingannare

Ma c’è un altro dato che merita di essere sottolineato: l’astensione. Molti elettori hanno preferito stare a casa, scegliendo di non votare piuttosto che sostenere un “campo largo” che sembra più largo nella confusione che nella convinzione. In Liguria, come altrove, l’astensione è il grande segnale di una politica che non sa più parlare alle persone, che non riesce più a farsi capire. La sinistra ha provato a giustificare il tutto parlando di “astensione fisiologica”, ma la realtà è un’altra: gli elettori sono stanchi di promesse vuote e di coalizioni di cartone.

Il centrodestra, almeno per ora, è riuscito a mantenere una base solida e a proporre candidati credibili, mentre la sinistra è ancora intrappolata in un’autocommiserazione senza fine. C’è chi, come da prassi, alla fine parla di “riflessioni profonde” e di “nuovi assetti”. Ma non è forse troppo tardi?

Un vecchio ritornello

La vittoria del centrodestra in Liguria è un monito per tutti. Mentre la sinistra si accusa, si divide e si incolpa, la destra avanza, forte di un’unità che in politica fa la differenza. Chi sperava che perlomeno la Liguria fosse l’inizio di una rinascita per il centrosinistra, si è trovato ancora di fronte a una nuova sconfitta, resa ancora più bruciante dall’arroganza di chi credeva di avere già la vittoria in tasca.

Forse la lezione di tutto questo è semplice: per vincere non bastano le inchieste, i veti incrociati e le coalizioni di comodo. Serve una visione, serve convinzione, e soprattutto serve rispetto per gli elettori. E la Liguria, ancora una volta, ha dimostrato che gli elettori non si fanno prendere in giro. Non basta la paura, non bastano le denunce: servono idee. Il centrodestra ha dimostrato di averle, il centrosinistra, per l’ennesima volta, ha dimostrato di averle dimenticate.

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