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In un’epoca dove il clamore sembra essere l’unico linguaggio compreso dalle masse, ieri un nuovo episodio di vandalismo culturale si è consumato tra le sacre mura degli Uffizi a Firenze, tempio indiscusso dell’arte e della bellezza. Due giovani, mossi da un fervore ambientalista tanto cieco quanto pericoloso, hanno deciso che il modo migliore per far sentire la loro voce fosse attaccare il vetro protettivo della Venere di Botticelli, simbolo dell’arte rinascimentale e patrimonio inestimabile dell’umanità.
Con un gesto tanto arrogante quanto futile, hanno appiccicato fotografie di alluvioni, cercando di trasformare un capolavoro in un mero strumento di propaganda. E mentre leggevano il loro comunicato, pieno di richieste economiche astronomiche e irrealizzabili, una domanda sorge spontanea: ma davvero pensano che deturpare l’arte porterà a una maggiore consapevolezza ambientale? O è solo l’ennesima dimostrazione di un egoismo generazionale che, nel nome del cosiddetto progresso, non esita a calpestare la nostra eredità culturale?
Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha parlato chiaro: è tempo di finirla. Con il ddl vandali ora legge, chi osa profanare l’arte e i monumenti nazionali, tesori di una bellezza che ci eleva e ci definisce, dovrà risponderne direttamente. Sanzioni amministrative, irrogabili immediatamente, saranno il minimo che questi nuovi barbari dovranno affrontare. Eppure, mentre le parole del ministro risuonano come un monito, resta il sospetto che non bastino a fermare l’ondata di irrazionalità che sembra aver preso di mira l’arte, vessillo della nostra identità e testimonianza tangibile del genio umano.
È un paradosso amaro quello di chi, invocando la salvaguardia della natura, non esita a infliggere danni irreparabili alla cultura, dimenticando che l’arte, in tutte le sue forme, è espressione suprema di quella natura che pretendono di difendere. Non si può combattere per il futuro del pianeta ignorando o, peggio ancora, distruggendo il passato e il presente dell’umanità.
La questione, quindi, non è solo legale o economica. È una questione di valori, di rispetto, di civiltà. L’arte non è e non deve mai diventare ostaggio di nessuna causa, per quanto nobile possa sembrare. La bellezza, l’ispirazione, la contemplazione che essa suscita, sono beni universali, che trascendono le divisioni politiche e le emergenze del momento.
In attesa delle conseguenze concrete che il ddl vandali porterà, una cosa è certa: la lotta per la protezione dell’ambiente è sacrosanta, ma non può e non deve mai giustificare atti di vandalismo. La vera sfida è trovare un equilibrio, un dialogo costruttivo che non sacrifichi l’arte sull’altare di altri ideali. Perché distruggere un capolavoro, in ultima analisi, non salverà il mondo. Ma rischierebbe di lasciarci in un mondo molto più povero, privato di quella bellezza che, ora più che mai, abbiamo disperatamente bisogno di preservare.