Recentemente, due relazioni contrapposte hanno rivelato la critica condizione della libertà religiosa nel mondo. Il primo rapporto è del cosiddetto “esperto indipendente dell’Onu sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”, Victor Madrigal-Borloz, e il secondo dell’organizzazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che esamina le violazioni a tutte le religioni, pur con un focus cristiano.
Il 22 giugno, ACS ha rilasciato il suo rapporto biennale, sottolineando come la libertà religiosa sia seriamente limitata in quasi un terzo dei paesi (61 su 196). Le persecuzioni più gravi sono presenti tra Africa e Asia, con qualche nazione dell’America Latina anch’essa nella lista (Nicaragua in primis).
L’ACS sottolinea che anche nelle società occidentali la libertà religiosa è in declino, in particolare per coloro che cercano di vivere coerentemente la propria fede cristiana. L’organizzazione critica “l’incremento delle restrizioni alla libertà di pensiero, coscienza e religione nei Paesi membri dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa” (OSCE), composta da 57 nazioni, incluse quelle dell’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada e diversi ex membri dell’Unione Sovietica.
L’ACS sostiene che negli ultimi due anni, l’Occidente è passato da una “persecuzione educata” a una diffusa “cultura dell’annullamento” e al “discorso forzato”, in cui si esercitano pressioni sociali per far conformare gli individui alle correnti ideologiche dominanti. In poche parole, si riferisce alle pressioni derivanti dall’ideologia del politicamente corretto.
Il rapporto dell’ACS presenta anche vari casi specifici, inclusi attacchi a centinaia di chiese a seguito della sentenza Dobbs, l’introduzione nel Regno Unito di “zone cuscinetto” intorno alle cliniche abortive, e la battaglia legale di due ostetriche svedesi che sono state licenziate per aver rifiutato di partecipare ad aborti.
Un secondo grande settore di attacco alla fede riguarda i cosiddetti diritti LGBT. Il rapporto dell’ACS cita il caso della deputata finlandese Päivi Räsänen, perseguita giudiziariamente con l’accusa di “incitamento all’odio” per aver espresso la sua opinione su matrimonio e sessualità basandosi sull’insegnamento della Bibbia.
Passando alla relazione di Victor Madrigal-Borloz, l’ “esperto indipendente” delle Nazioni Unite, si può vedere che l’attacco alla libertà di religione non proviene solo dai singoli Stati ma è anche portato avanti dalle principali istituzioni sovranazionali, con l’Onu in prima linea.
Il rapporto di Madrigal-Borloz, presentato al Consiglio per i diritti umani dell’Onu, sostiene essenzialmente che i diritti LGBT hanno la precedenza sulla libertà di religione. Inoltre, l’esperto dell’Onu contesta il concetto di un ordine “naturale” come guida dell’esistenza umana e sociale, affermando che limita “il pieno godimento dei diritti da parte delle persone LGBT”.
Madrigal-Borloz enfatizza che l’obiezione di coscienza deve essere riconsiderata per dare spazio all’affermazione dei diritti LGBT, suggerendo un’erosione delle libertà fondamentali. L’esperto dell’Onu non approva le esenzioni religiose previste dagli Stati quando approvano leggi a favore dei diritti LGBT, poiché queste possono ostacolare l’implementazione di piani volti a promuovere l’educazione alla diversità e l’uguaglianza di genere.
Il rapporto di Madrigal-Borloz è una chiara chiamata a limitare la libertà di religione, sia per le istituzioni religiose che per i laici, che possono rifiutare, ad esempio, di partecipare a cerimonie di coppie dello stesso sesso a causa delle proprie convinzioni religiose. Madrigal-Borloz sostiene che questo genere di rifiuti equivale a discriminare “i consumatori LGBT” e che gli Stati non dovrebbero tollerarlo.
L’esperto dell’Onu indica inoltre la necessità di un cambiamento delle religioni dall’interno, promuovendo il dialogo tra i leader LGBT e quelli religiosi. Secondo Madrigal-Borloz, tutti i credenti hanno un orientamento sessuale e un’identità di genere, e tutte le persone LGBT hanno credenze religiose.
Madrigal-Borloz richiede infine agli Stati di “prevenire e indagare” chi compie discriminazioni verso gli LGBT e violenze giustificate da “narrazioni religiose”, garantendo che i colpevoli rispondano alle loro azioni davanti alla giustizia. Secondo l’esperto dell’Onu, gli Stati dovrebbero “incoraggiare le istituzioni religiose” a collaborare quando si tratta di punire i loro rappresentanti “non inclusivi”.
Anche se le raccomandazioni di Madrigal-Borloz non sono vincolanti per gli Stati membri dell’ONU, esse costituiscono comunque uno strumento di pressione ideologica. Così, poco a poco, la dittatura dei “nuovi diritti” avanza.
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