Il Belgio, che ha dato il via libera all’eutanasia per bambini e adolescenti nel 2014, non avrà più questo mortifero primato. O meglio, dovrà condividerlo con l’Olanda che, nelle scorse ore, ha fatto sapere di voler aprire alla «dolce morte» per i bambini tra il primo e il dodicesimo anno di età. È quanto deciso dal governo dell’Olanda, che intende riservare la nuova misura ai piccoli che versano in condizioni estremamente critiche e senza alcuna possibilità di guarigione.
Più precisamente, secondo quanto riferito dai media dei Paesi Bassi – che già furono, nel 2002, la prima nazione al mondo a legalizzare l’eutanasia -, la nuova disposizione introdotta sarà per i bambini che, da un lato, soffrono «in modo insopportabile per una malattia mortale», e, dall’altro, non hanno speranze di miglioramento e per i quali le cure palliative non risultano sufficienti ad alleviare le sofferenze.
In questo modo, ha fatto sapere ai parlamentari il ministro della Salute, Ernst Kuipers – che aveva pubblicato tale proposta lo scorso giugno –, si estenderà e rivedrà il protocollo vigente, al momento valido finora solo per i neonati. Fino a ieri c’era chi lamentava infatti una sorta di “vuoto legislativo”, spingendo affinché le linee guida sull’eutanasia per i neonati – valide come detto fino ai 12 mesi dalla nascita -, potessero essere estese fino ai dodicenni, età dopo la quale varrebbe la disciplina sulla «dolce morte» per gli adulti; una macabra e sconvolgente richiesta “finalmente” soddisfatta.
Nelle intenzioni del governo, la misura interesserà un numero limitato di minori: tra i 5 e i 10 l’anno. Sembra suffragare questa stima quanto riferisce il Guardian, secondo cui nel 2022 è stato segnalato un solo caso soltanto di eutanasia per un minore di età compresa tra 12 e 16 anni. Tuttavia, conviene non farsi alcuna illusione. Non le ipotesi o le insinuazioni, bensì l’esperienza – peraltro proprio quella olandese – indica che, una volta aperto un varco, l’eutanasia inizia a dilagare.
Se infatti nel già richiamato anno 2002 si registrarono 1.882 di decessi medicalmente assistiti, nel 2020 essi erano lievitati a quasi 7.000 – 6.938, per l’esattezza – con una crescita di quasi il 270%. Non solo. Secondo quanto pubblicato nel 2017 sul New England Journal of Medicine, oltre il 20% delle morti assistite nei Paesi Bassi non sarebbe registrato; il che vuol dire che il boomeutanasico è già, di fatto, stato ancora più devastante di quanto già appaia – e che legalizzare il fenomeno non elimina affatto, neppure dopo anni, il suo lato clandestino.
Per quanto riguarda i giovanissimi, poi, è difficile togliersi dalla mente un caso. Quale? Quello della diciassettenne olandese Noa Pothoven la quale, nel 2019, si lasciò morire in casa, ad Arnhem, con l’assistenza medica fornita da una clinica specializzata. La giovane non era affatto terminale, ma gravemente depressa. Ora, posto che lasciar morire o sopprimere un minore gravemente malato è comunque inaccettabile, come escludere che la nuova misura varata dal governo possa far aumentare vertiginosamente i casi di bambini soli e depressi intenzionati a farla finita?
I dati ci dicono che più di un giovane su cinque (il 22%) tra i 12 e i 25 anni di età, in Olanda, ha già pensato seriamente di porre fine alla propria vita. Nulla ci porta ad escludere, anzi, che un dato simile possa valere anche per chi ha meno di 12 anni. Ne consegue come, con la nuova apertura del governo all’eutanasia per i giovanissimi, si sta con ogni probabilità compiendo un nuovo passo verso l’abisso; anche se difficilmente nei Paesi Bassi sapranno rendersene conto dato che parliamo della stessa nazione i cui pediatri, nel giugno 2005, approvarono il Protocollo di Groningen, che sono delle linee guida per l’eutanasia infantile. Dopo un po’, a quanto pare, ci si abitua pure all’orrore.
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