Sembra che l’eterna controversia tra Evgenij Prigozhin, capo dei mercenari della Wagner, e le alte cariche dello stato, non abbia alcuna fine in vista. E non è certo la prima volta che Prigozhin pare essere risoluto nel suo atteggiamento di disubbidienza e di aperta sfida, non solo nei confronti dell’odiato ministro della Difesa Shojgu e del capo di Stato Maggiore Gerasimov, ma persino del comandante supremo.
È proprio martedì, quando Vladimir Putin aveva dato il suo supporto all’iniziativa dei vertici militari, un’iniziativa che prevedeva l’obbligo per tutte le forze autonome di sottoscrivere un contratto con il Dipartimento della Difesa, che l’ex ristoratore di eccentrica fama aveva risposto con una risoluta negazione. «Nessuno dei combattenti della Wagner è pronto a percorrere di nuovo la via della vergogna. Perciò nessuno firmerà accordi», era stata la sua asserzione ferma e decisa a chi gli aveva ricordato le parole del presidente.
La questione sembra nascere da una necessità burocratica – quella di garantire anche ai mercenari della Wagner e ad altre formazioni indipendenti attive in Ucraina i benefici legali per gli ex combattenti: assistenza, pensione, e così via. Prigozhin, con forza, sostiene che era stata data l’assicurazione fin dall’inizio ai suoi uomini che tali benefici sarebbero stati garantiti comunque.
Poi, l’11 giugno, il ministero ha emesso un ordine secondo il quale tutti i combattenti devono firmare entro il 1° luglio un contratto per avere la garanzia di questi benefici sociali. Tuttavia, con il contratto arriva anche l’inserimento nelle file dell’Esercito e dunque la diretta subordinazione ai comandanti della Difesa. Prigozhin vede questa situazione come una fitta nebbia nei suoi occhi, dato che ha sempre sostenuto che gli alti vertici sono incapaci di condurre le operazioni e che hanno in effetti “privatizzato” il ministero per i loro “loschi scopi”.
Appena una settimana fa, in un’intervista, Prigozhin era andato oltre i soliti insulti. Contro Shojgu, che passa il tempo “con le mani in mano nel suo ufficio” e Gerasimov, che forse “si agita, grida e beve un bicchierino di vodka”, ci sarà alla fine “una rivolta popolare”. E se questo non dovesse accadere, allora la Duma sicuramente abolirà la moratoria sulla pena di morte e “li farà fucilare”.
Ancora una volta, le parole del capo dei mercenari non hanno provocato conseguenze per lui, quasi come se Putin avesse deciso di concedergli un’immunità perenne. È evidente che affermazioni del genere, diffuse attraverso i social media e talvolta anche dai media ufficiali, hanno un impatto devastante sull’opinione pubblica. Tutto questo avviene mentre la linea ufficiale, raccontata dai programmi televisivi di grande ascolto, è di totale sostegno e fiducia nei vertici delle forze armate.
Martedì, il presidente, pur senza nominare esplicitamente Prigozhin, ha sostenuto la necessità della firma del contratto per i mercenari. Ma questo, secondo le parole del capo del Cremlino, solo per assicurare anche a questi militari i necessari benefici sociali: “Sono tutti difensori della Patria e la Patria deve rispondere pienamente… tutti devono essere in posizione uguale… Bisogna farlo e farlo presto”.
Tuttavia, i mercenari della Wagner non sembrano essere d’accordo. “Penso che la Duma e il presidente troveranno una soluzione di compromesso in cui i nostri otterranno comunque le garanzie sociali”, ha dichiarato il loro leader. Prigozhin ha poi ridicolizzato l’idea burocratica del “contratto”, ricordando i numerosi soldati e ex detenuti della compagnia privata caduti dall’inizio della guerra. “Ho già avuto ventimila morti. Adesso dobbiamo far firmare anche a loro il contratto col ministero perché le famiglie possano avere la pensione?”
Dino Valle
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