
All’orizzonte non c’è alcuna crisi energetica. Le incertezze derivanti dalla guerra in Ucraina, e dalle conseguenti sanzioni che hanno colpito la Russia, tra i più importanti esportatori di gas e petrolio al mondo, sembrano essere rientrate. Eppure la Cina è impegnata in un massiccio shopping di gas naturale, con i vari funzionari locali di Pechino ben felici del fatto che gli importatori continuino a concludere accordi su accordi.
Il governo cinese sostiene gli sforzi dei molteplici acquirenti statali per firmare contratti a lungo termine con attori esterni, e investe persino in strutture di esportazione. Il motivo? A quanto pare, rafforzare la sicurezza energetica della Repubblica popolare cinese fino alla metà del secolo.
Come ha sottolineato Bloomberg, il Dragone è così sulla buona strada per diventare il principale importatore mondiale di gas naturale liquefatto nel corso del 2023. Per il terzo anno consecutivo, tra l’altro, le aziende cinesi stanno accettando di acquistarne una quantità maggiore a lungo termine rispetto a qualsiasi singola nazione.
Blindare il futuro
Poiché al momento non sussistono particolari crisi energetiche, è lecito supporre che la Cina stia intervenendo con decisione in proiezione futura, in modo tale da scongiurare l’avvento di possibili rischi energetici. Di pari passo, Pechino cerca di alimentare la propria crescita economica con contratti Gnl a lungo termine.
A proposito di questi contratti, dal momento che le intese commerciali sono spalmate sul lungo periodo, tali accordi risultano particolarmente attraenti in quanto le spedizioni del prodotto richiesto sono promesse e garantite ad un prezzo relativamente stabile rispetto al mercato spot, dove il gas è invece salito ad un livello record dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Toby Copson, consulente presso Trident Lng in quel di Shanghai, ha spiegato che la sicurezza energetica è sempre stata una priorità per la Cina. “Avere un’ampia offerta nel proprio portafoglio consente al Paese di gestire la volatilità futura”, ha dichiarato l’esperto aspettandosi ulteriori accelerazioni.
Nello specifico, il governo cinese ha iniziato a spingere per i contratti a lungo termine nel 2021, dopo il miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti. Le importazioni di gas sono invece diminuite lo scorso anno, in parte a causa dell’indebolimento della domanda interna a causa delle restrizioni dovute al Covid, per poi schizzare alle stelle al termine delle misure anti pandemiche, ma anche e soprattutto grazie allo spostamento della Russia verso l’Asia. Da quando Mosca è stata costretta a tagliare il suo export verso l’Europa, la Cina ha aumentato gli scambi energetici con il Cremlino.
L’importanza della stabilità
La Cina sembra seguire due parole d’ordine: armonia, a livello socio-politico, e stabilità economica. Parte della spinta della Cina per la sicurezza energetica deriva anche dall’esigenza di diversificare le importazioni tra i vari Paesi, come garanzia contro eventuali ed ulteriori sconvolgimenti geopolitici. Nel 2023, secondo i calcoli di Bloomberg, il 33% dei volumi di Gnl a lungo termine sottoscritti è stato destinato alla Cina.
Soltanto nell’ultimo mese, la società statale China National Petroleum ha siglato un accordo di 27 anni con il Qatar e ha preso parte al massiccio progetto di espansione dell’esportatore, mentre Enn Energy Holdings ha firmato un contratto decennale con lo sviluppatore statunitense Cheniere Energy Inc. Le forniture di entrambi i contratti dovrebbero iniziare nel 2026. Ulteriori fumate bianche sarebbero in arrivo. Giganti statali, tra cui Cnooc e Sinopec, sono in trattative con gli Stati Uniti, mentre aziende più piccole, come Zhejiang Provincial Energy Group e Beijing Gas Group, sono alla ricerca di intese.
Il suddetto Qatar sarebbe inoltre in trattative con diversi acquirenti cinesi per contratti di vendita che potrebbero durare più di 20 anni. Allo stesso tempo, Sinopec è tra le società in trattativa per investire in Arabia Saudita.
A tutto ciò bisogna aggiungere un ulteriore fattore chiave: le recenti interruzioni di corrente e le carenze riscontrate negli ultimi anni hanno cambiato il modo di pensare dei politici cinesi, che adesso sembrano preferire la sicurezza energetica a qualsiasi altra prospettiva.
Federico Giuliani
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