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In un mondo dove il clamore mediatico sembra concentrarsi esclusivamente su polemiche effimere e su scenari politici vicini, è assordante il silenzio sulla barbarie che sta dilaniando il cuore della Nigeria. In un efferato sfoggio di violenza inaudita, un gruppo di animali – pardon “uomini” – armati, nell’ombra della vigilia natalizia, ha perpetrato una strage spietata, mirando a comunità cristiane indifese nello Stato di Plateau.
Questa tragedia, una vera e propria macchia sulla coscienza dell’umanità, ha visto la morte di circa 160 persone innocenti, spazzate via come nulla fosse. Oltre trecento feriti hanno riempito gli ospedali locali, testimoni muti di un orrore che sembra superare l’immaginazione. Più di duecento case, simboli di vite e ricordi, sono state distrutte, lasciando dietro di sé solo cenere e disperazione.
Il Governatore dello Stato, Caleb Mutfwang, ha denunciato questi atti come “barbari, brutali e ingiustificati”, parole che però sembrano svanire nell’eco di un mondo troppo occupato a guardare altrove. Questi “banditi”, identificati come militanti Fulani, hanno agito con una ferocia che scuote l’anima.
E qui si palesa il nodo cruciale: la complicità della Nigeria. Non è un fenomeno nuovo. Questi attacchi dei pastori musulmani Fulani contro i villaggi cristiani hanno una storia tenebrosa, tinta di sangue e di lacrime ignorate. Jo Newhoise di Open Doors sottolinea come, nonostante le spiegazioni ufficiali attribuiscano questi orrori a motivi climatici, etnici o socio-economici, non si può ignorare il chiaro substrato religioso di questa violenza inqualificabile. È un assalto diretto, un tentativo di radere al suolo la presenza cristiana in queste regioni.
Le associazioni cristiane lanciano accuse pesantissime contro le forze dell’ordine e l’esercito, colpevoli, secondo loro, di chiudere un occhio, se non entrambi, di fronte a questi massacri. Bitrus Pogu, presidente di Mbf, parla di un massacro in corso, avvenuto con la palese “complicità del governo e delle forze dell’ordine”. Come è possibile che, a fronte di tali atrocità, i nascondigli dei terroristi rimangano noti ma intoccati?
La Nigeria è diventata l’epicentro mondiale della persecuzione anticristiana. Pensate, solo lo scorso anno, 5.014 cristiani sono stati uccisi a causa della loro fede. È uno scenario da incubo, dove il rapimento e lo stupro di donne cristiane diventano strumenti di terrore nelle mani di questi gruppi terroristici, tra cui Boko Haram e i pastori Fulani.
Cristian Nani di Porte Aperte/Open Doors in Italia descrive una situazione allarmante: lo stato nigeriano sembra incapace di arginare queste violenze, lasciando spesso impuniti i colpevoli. Questo non è solo un fallimento della giustizia, ma un vero e proprio segnale di complicità in un processo di sterminio sistematico di intere comunità cristiane.
È un grido di dolore e di rabbia che si leva da questa tragedia, una chiamata all’azione per un mondo che sembra aver perso la capacità di indignarsi di fronte alla sofferenza altrui. Questo Natale, mentre molti di noi erano avvolti nelle celebrazioni e nei festeggiamenti, in Nigeria si consumava un capitolo oscuro della storia umana, un capitolo che merita di essere raccontato, gridato ai quattro venti, perché nessuna vita umana dovrebbe mai essere dimenticata o ignorata in questo modo. La domanda che rimane sospesa, un eco inquietante, è: fino a quando resteremo in silenzio?