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Benvenuti nel circo politico europeo, dove le giravolte sono all’ordine del giorno e l’arte del riapparire sul palcoscenico dopo un fallimento è più apprezzata della magia di Houdini. In questo straordinario spettacolo, Ursula von der Leyen, vestita da grande illusionista, ha tirato fuori dal suo cappello non un coniglio, ma la candidatura per un secondo mandato alla presidenza della Commissione Europea. Con la suspense di un annuncio di una nuova stagione di una serie TV già vista e rivista, ci promette altri cinque anni di emozioni forti, sperando che il pubblico abbia la memoria corta.
E così, con la leggerezza di chi cammina su una corda tesa su un abisso di controversie, von der Leyen si rilancia alla guida di quel baraccone sgangherato che è ormai l’UE, la cui sopravvivenza è sempre più legata a filo doppio agli USA e al loro braccio armato, la NATO. La sua candidatura, meno sorprendente di un finale di una pellicola di seconda/terza serie di cui tutti conoscono lo spoiler, sembra già scritta nelle stelle dell’Unione. E mentre il Partito Popolare Europeo le stende il tappeto rosso, non si può fare a meno di chiedersi: siamo davvero così a corto di candidati o è semplicemente che amiamo il sapore dolceamaro della nostalgia?
Eppure, come ogni buon sequel, anche questa candidatura promette colpi di scena. Chi avrebbe mai detto che, nonostante il “Pfizergate”, quella piccola macchia sul curriculum che von der Leyen sperava fosse invisibile come i messaggi cancellati, sarebbe stata nuovamente la protagonista di questa saga? E come in ogni buon dramma politico, gli ingredienti ci sono tutti: segreti, sussurri e una trasparenza che fa più ombra che luce.
Già, il Pfizergate, quel piccolo giallo che ha tenuto tutti con il fiato sospeso più di un thriller di Agatha Christie. In questa saga, la nostra protagonista, Ursula von der Leyen, si è trovata a negoziare affari miliardari con la grazia di un elefante in una cristalleria, lasciando dietro di sé una scia di domande senza risposta e documenti ufficiali più invisibili dei calzini spariti nella lavatrice. “SMS? Quale SMS?” sembra essere il mantra di questa operazione di trasparenza al contrario, dove il segreto meglio custodito non è il contenuto del messaggio, ma il motivo per cui nessuno può leggerlo. E mentre l’Europa aspettava vaccini e risposte, von der Leyen ha offerto un masterclass su come mantenere vivo il mistero, alimentando teorie del complotto che neppure la mente contorta di Dan Brown avrebbe potuto partorire.
Ma non dimentichiamo il capitolo forse meno luccicante della carriera di von der Leyen, il suo periodo come ministro della Difesa tedesco. Nonostante una gestione che ha sollevato più interrogativi di un episodio di “Lost”, la nostra eroica leader ha navigato scandali, critiche e progetti falliti con la determinazione di chi, nonostante tutto, non riesce a trovare la strada di casa. “Il nostro ministro più debole” twittava un politico, forse dimenticandosi che in politica, come in guerra, a volte è il più improbabile dei soldati a diventare generale. E Ursula, nonostante le prove non proprio brillanti sul campo di battaglia burocratico, ha dimostrato che anche le figure più controverse possono aspirare a guidare l’Europa, forse non tanto per meriti, quanto per la capacità di sopravvivere politicamente a qualsiasi tempesta.
A proposito di politiche internazionali, la von der Leyen ha dato il suo sostegno incondizionato a politiche estere tanto discutibili quanto controverse, facendo sollevare più di un sopracciglio, tanto da far sembrare le sue posizioni un tentativo di riempire un bingo geopolitico con caselle come “sostegno acritico” e “dichiarazioni fuori luogo”. In particolare, il suo approccio al conflitto in Ucraina e il suo incondizionato supporto a Israele hanno dimostrato una capacità di polarizzazione che farebbe invidia a una calamita. Queste scelte, tanto audaci quanto discutibili, hanno lasciato molti a chiedersi se il compasso morale utilizzato fosse in realtà un frisbee lanciato nel bel mezzo di una tempesta.
La sua ricandidatura per un secondo mandato ha sollevato un coro di reazioni che vanno dall’indifferenza esasperata al disappunto rumoroso, un po’ come quando annunci che il piatto forte della serata è un bis di quella lasagna surgelata che nessuno ha apprezzato la prima volta. Le firme raccolte dai funzionari dell’UE, in una missiva che esprimeva sorpresa e tristezza per le sue posizioni, sembrano la versione burocratica di un collettivo teatrale che decide di mettere in scena “Romeo e Giulietta” con i personaggi principali interpretati da calzini spaiati. La sfiducia espressa è tanto un segnale di allarme quanto una testimonianza della crescente frustrazione nei confronti di una leadership che sembra più concentrata sul mantenere lo status quo che non sul navigare le acque tempestose della politica globale con una bussola affidabile.
E così, cari lettori, ci avviciniamo al termine di questa odissea politica, con la prospettiva di un secondo mandato di Ursula von der Leyen, che pende sull’Unione Europea come una spada di Damocle fatta di burocrazia e tweet mal consigliati. Mentre ci prepariamo a questo possibile futuro, non possiamo fare a meno di chiederci: è questo il leader di cui abbiamo bisogno per le sfide che ci attendono, o semplicemente quello che ci meritiamo, in un’epoca in cui la politica sembra sempre più una serie TV di dubbia qualità, ma dalla quale non possiamo distogliere lo sguardo? Forse il tempo ci darà le risposte che cerchiamo, o forse ci ritroveremo a navigare ancora in questo mare di incertezze, sperando che la prossima stagione abbia una trama migliore e personaggi più convincenti.