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La colossale presa in giro del tour italiano di Mariela Castro

Figlia di Raul e nipote di Fidel, la deputata comunista è in Italia a parlare di politiche per la famiglia, diritti lgbt, sovranità alimentare. Intanto a decine di migliaia fuggono da Cuba e crescono i prigionieri politici

Mentre José Daniel Ferrer e Félix Navarro, fondatore e leader dell’Unione Patriottica di Cuba (UNPACU), l’artista Luis Manuel Otero Alcántara, leader del Movimento San Isidro, e il rapper Maykel Osorbo, uno dei creatori dell’inno Patria y Vida, marciscono in carcere dall’11 luglio del 2021 insieme ad altri 1.100 prigionieri politici – in proporzione, è come se in Italia ne avessimo 7mila. Da qualche giorno la figlia prediletta di Raúl Castro, Mariela, è in tour nel nostro paese, ricevuta con tutti gli onori da varie istituzioni, per diffondere la narrativa della sua dittatura su famiglia, questioni di genere e diritti umani.

La lezione di Mariela Castro su “famiglia e genere”

Mentre escono le cifre che attestano come, nel 2022, 325mila cubani hanno lasciato il loro paese e ne sono nati solo 95mila – due record battuti: il più basso numero storico di nascite e il maggiore esodo di tutta la sua storia – la deputata comunista Castro Espín fa la ruota nella “bela Itália”, in un viaggio organizzato dall’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba (ANAIC), il braccio operativo del regime.

Prima a Milano ha parlato di “diritti familiari e questioni di genere”, poi a Genova ha presenziato a un evento promosso da ANPI, ARCI e Arcigay per dibattere di “diritti umani, famiglia e bloqueo statunitense”, come chiamano l’embargo USA quelli che appoggiano il regime. In entrambi i casi la rampolla miliardaria ha dovuto cambiare la sede prefissata dall’ambasciata di Cuba a Roma perché qualcuno dei tanti fuggiti dalla fame e dalla mancanza di libertà a Milano e a Genova, sapendo del suo arrivo, si era presentato per farle domande evidentemente non gradite agli organizzatori. Meglio la fuga strategica dunque, in qualche standone “last minute”.

Ricevuta con tutti gli onori all’Università di Torino

Venerdì è stata invece ricevuta con tutti gli onori nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale di Via Verdi 9 dell’Università di Torino, nel suo ruolo di direttrice del Centro nazionale per l’educazione sessuale dell’isola (CENESEX) per presentare il nuovo codice della famiglia di regime. Un evento patrocinato anche dall’Università degli Studi di Torino, dal Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Torino, dal Consiglio Regionale del Piemonte, dal Comune di Torino e dalla Città Metropolitana.

Il 20 febbraio la Castro jr sarà a Firenze, il 21 a Roma, il 22 a Pescara e il 24-25 a Catanzaro e Reggio Calabria, dove il governo regionale ha stretto di recente un accordo con il regime castrista per portare 500 medici dell’Avana, che riceveranno appena tra il 9 e il 15 per cento del compenso, mentre tutto il resto pagato dai contribuenti calabresi e italiani finirà direttamente nelle tasche della dittatura.

Una presa in giro senza precedenti

La presenza di Mariela Castro in Italia è una presa in giro senza precedenti. La figlia del dittatore Raúl Castro sta usando il tour nel nostro paese per sponsorizzare, per l’ennesima volta, un sistema politico mono-partitico (all’Avana è possibile candidarsi solo per il partito comunista, gli altri sono illegali) che persegue la libertà di espressione e che al momento ha almeno 1.077 prigionieri politici. Venire a parlare di “famiglia” in Italia quando la deputata arriva da un Paese dove milioni di famiglie sono state distrutte in quanto vittime di un esodo biblico e di una feroce persecuzione politica, è paradossale.

Venire poi a parlare dei diritti della comunità LGBTIQ+ come rappresentante di un regime noto nel mondo per aver creato con Che Guevara, suo zio Fidel Castro e suo padre Raúl le famigerate Unità militari di supporto alla produzione, le UMAP, ovvero campi di concentramento dove gli omosessuali venivano internati e condannati ai lavori forzati, non è solo un paradosso ma è anche vergognoso.

Mariela Castro e la balla della sovranità alimentare a Cuba

Certo, i campi di concentramento per i gay risalgono agli anni Sessanta ma, per parlare di diritti e di narrative fasulle contemporanee (o gigantesche fake news se preferite), basti guardare a quello che è oggi Cuba, ovvero l’antitesi della sovranità alimentare. Riso dalla Guyana, pasta dalla Turchia, sardine venezuelane, cereali dal Portogallo e, lo zucchero, prodotto un tempo tipico all’Avana, dal Brasile. Questi sono infatti i prodotti distribuiti oggi ai morti di fame cubani con “la libreta”, la tessera annonaria che il babbo di Mariela, Raúl, aveva promesso di eliminare una decina di anni fa.

Un altro paradosso, visto che uno dei concetti più abusati dal regime è da sempre quello della “sovranità alimentare”: come se fosse un mantra, e bastasse solo invocarla per trasformare in realtà la produzione interna a discapito delle importazioni. La stampa di regime lo ripete all’infinito: «Cuba avanza nell’attuazione del Piano Nazionale per la Sovranità Alimentare e l’Educazione Alimentare», «Nonostante tutte le avversità, Cuba lavora per la sua sovranità alimentare», «Sovranità alimentare e alimentazione: una delle chiavi della strategia economica e sociale oggi di Cuba». Nell’Isola c’è addirittura una legge, decretata lo scorso maggio, per garantirla.

Una balla, anzi una “fake law”, come una balla è la narrativa della figlia di Raúl Castro su famiglia, questioni di genere e diritti umani. Del resto il papà di Mariela, Raúl, oggi 91enne ex dittatore comunista che ha servito per decenni come la spalla del fratello maggiore Fidel, alle bugie è abituato. Aveva detto due anni fa che avrebbe abbandonato per sempre la politica attiva: è candidato alle elezioni del prossimo 26 marzo in Parlamento in rappresentanza della sua nativa Santiago de Cuba orientale, in ticket con il presidente de facto, eufemismo per dittatore, Miguel Díaz-Canel.

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Pubblicato inFenomeni

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