Di Maio, la caduta e la «sparizione». Ora torna con un biglietto per il Golfo (e una nuova fidanzata)
L’ex ministro dal 1° giugno sarà il diplomatico Ue inviato in Medioriente per trattare sull’energia. «Luigi» è sparito anche dai radar dei suoi compagni di avventura e ora inizia una terza vita
«Mi sto dedicando a una nuova vita. Perché, posso assicurare, che c’è vita oltre la politica». Il concetto, chiaro, Luigi Di Maio lo ha ribadito più volte dopo la sonora bocciatura alle elezioni politiche del 25 settembre scorso, quando il suo partito (Impegno civico, creato dagli scissionisti del M5S) è nato e morto nel giro di poche settimane, incassando lo 0,6 per cento. L’ex ministro degli Esteri, già grande capo dei Cinque Stelle, con la caduta improvvisa del governo Draghi aveva messo in conto una possibile débâcle. Ma nel frattempo, durante la sua esperienza alla Farnesina con piglio ultratlantista a sostegno dell’Ucraina, aveva già seminato ciò che avrebbe potuto germogliare in futuro: la candidatura come inviato speciale Ue nel Golfo Persico, traguardo tagliato tra vibranti polemiche.
«Ci vuole un’altra vita…», cantava il grande Franco Battiato. E l’obiettivo – parola più, parola meno – Di Maio lo ha ribadito anche nei messaggi della chat con i suoi fedelissimi, prima di congedarsi (su WhatsApp e non solo). Perché subito dopo il responso delle urne «Luigi» (come lo chiamano gli amici) si è inabissato. Sparito dai radar. Tanto che, diversi suoi fedelissimi, rimasti appiedati si sono sfogati amaramente. Gli stessi delusi d’amor (politico) ammettono però che «Luigi» si sarebbe potuto tranquillamente salvare accettando quel posto blindato che Enrico Letta gli aveva offerto per candidarsi nelle liste del Pd, possibilità poi declinata per correre da solo: «Non avrei mai mollato i miei dopo la scissione dal Movimento», spiegò l’ex leader.
L’isolamento dopo la sconfitta
Dall’inizio di ottobre Di Maio «si è poi totalmente isolato, così come faceva quando era al governo e doveva prendere decisioni importanti» racconta chi lo conosce molto bene: «prima ascoltava i consigli di chi si fidava, poi chiudeva le comunicazioni e decideva. Da solo». E così ha fatto anche stavolta, mentre costruiva la sua «terza vita»: dopo quella da studente che arrotondava allo stadio San Paolo vendendo bibite, è arrivata quella da leader politico, vicepremier e due volte ministro. E alla fine, dopo il brusco stop alle urne, Di Maio ha centrato un obiettivo che sembrava essersi dissolto a causa dell’opposizione di ampie frange del governo Meloni (Lega in testa): dal 1° giugno prossimo entrerà in carica come diplomatico di alto livello, con ufficio e staff che farà la spola tra Bruxelles e il Medioriente. Ma in concreto, di cosa si occuperà in questa nuova veste?
L’accelerazione Ue verso il Golfo
La guerra in Ucraina, con l’esplosione dei prezzi di gas e petrolio, aveva costretto l’Europa in difficoltà drammatiche, poi la situazione è migliorata grazie a nuovi accordi sulle fonti di approvvigionamento. Dopo il crollo delle forniture energetiche dalla Russia, l’Ue ha accelerato verso il Medioriente, realizzando però di non avere nello scacchiere una figura diplomatica ad hoc. È in questo quadro che Josep Borrell ha pensato di creare questo nuovo profilo. Toccherà a Di Maio tenere le fila dei rapporti con i Paesi del Golfo, per trattare sul prezzo di gas e petrolio. A indicare l’ex leader del M5S è stato appunto Borrell, Alto rappresentante Ue per la Politica estera che parla fluentemente italiano e ama visceralmente cibo e vino del nostro Paese, che aveva stretto un’ottima alchimia con Di Maio proprio durante i primi drammatici mesi dell’invasione russa in Ucraina.
Il fattore umano, oltre al gradimento dell’ex premier Mario Draghi rispetto a questa indicazione, avrebbe giocato un ruolo chiave nella mossa di Borrell, che doveva tenere di conto anche la forte concorrenza di Dimitris Avramopoulos, che ambiva alla medesima poltrona. Ma in questo caso, la fortuna è stata dalla parte del candidato italiano, visto che la corsa del greco è poi finita dopo essere incappato nello scandalo del «Qatargate».
La polemica: curriculum non adatto
La prima domanda che si sono posti in molti, soprattutto i detrattori dell’ex ministro, è scontata: quanto guadagnerà? L’indennità per questo incarico, che prevede lo status di diplomatico, sarà definita solo a procedura conclusa, attraverso un contratto stipulato con la Commissione europea, ha spiegato la portavoce Nabila Massrali. Ma secondo una fonte Ue, in base agli stipendi per ruoli analoghi, si potrebbe arrivare a circa 12 mila euro netti al mese. «È inconcepibile affidare un incarico così importante a uno con il curriculum di Di Maio», ha tuonato più di un nemico, ricordando anche i suoi diversi inciampi su più di un congiuntivo, davanti alle telecamere e non solo. In verità, racconta ancora uno dei suoi ex fedelissimi, «Luigi è sempre stato ben consapevole dei suoi limiti: è molto umile. Ogni volta che si presentava un problema, studiava per trovarne la soluzione. Non a caso, alla Farnesina, era spesso impegnato in lezioni intensive d’inglese: ora lo parla in maniera fluente. Ha diversi difetti, come tutti, ma lui è come una spugna: lavora in maniera indefessa e riesce ad assorbire nozioni a tempo di record. Pochi vizi, poco calcio e una sola vera passione: Ferrari e Formula 1».
Ritorno al potere
E adesso? Per ripartire spediti, ça va sans dire, prima bisognava però chiudere i conti con il passato. Più d’uno degli uomini (e donne) a lui vicini è rimasto interdetto per la sua scomparsa dai radar, lamentando addirittura «anaffettività». Ma il reset è andato avanti su più fronti: in primis quello politico, con il forte raffreddamento dei rapporti con gli ex ministri Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, gli unici con cui Di Maio aveva stretto una vera amicizia prima di mollare i Cinque stelle. Ma nelle settimane prima del voto, «Luigi» aveva chiuso pure la sua lunga relazione con la giornalista sarda Virginia Saba, con la quale, racconta un amico di lei, non coincideva la prospettiva di costruire una famiglia. Un paio di mesi e «Luigi» è rispuntato sui rotocalchi, paparazzato accanto ad Alessia D’Alessandro, 30 anni, che si era candidata con i Cinque stelle in Campania nel 2018, l’anno dello storico boom, finendo però non eletta.
Mano nella mano a Venezia
D’Alessandro – con l’ex ministro mano nella mano, a Venezia prima e a Napoli poi – ha una bimba di 4 anni, parla cinque lingue e fino a poco tempo fa viveva a Berlino, vantando nel suo curriculum esperienze di studio alla Sciences Po di Parigi e alla Jacobs University di Brema. In passato era stata assistente al marketing della Wirtschaftsrat, organizzazione imprenditoriale vicina alla Cdu, il partito dell’ex cancelliera tedesca Angela Merkel. E il pacifista Giuseppe Conte come ha preso la nomina dell’ultratlantista? Non bene. «Non parliamo della persona, a Di Maio auguriamo buon lavoro» ha detto. «Ma diciamo che suo malgrado è diventato la metafora della logica perversa del potere».
Claudio Bozza
Chi è Luigi Di Maio
LA VITA – Luigi Di Maio è nato il 6 luglio 1986 ad Avellino ma è cresciuto a Pomigliano d’Arco: il padre è un imprenditore edile, la madre insegnante di latino e italiano. Dopo il liceo classico si è iscritto alla Facoltà di Ingegneria informatica per poi passare a Giurisprudenza, ma non si è mai laureato.
LA CARRIERA – Entrato da subito nel Movimento di Beppe Grillo, nel 2007 ha fondato il Meetup di Pomigliano. Nel 2013 è stato candidato alle Politiche ed è stato eletto diventando il più giovane vicepresidente della Camera della storia repubblicana: nel 2014 è entrato con altri quattro parlamentari nel Direttorio voluto da Beppe Grillo.
AL GOVERNO – Rieletto nel 2018, è diventato vicepremier e ministro dello Sviluppo economico nel Conte I. Nel 2019, dopo la crisi di governo e il reincarico a Conte, è diventato ministro degli Esteri, incarico mantenuto anche nell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Il 21 giugno 2022 in contrasto con Conte ha lasciato i 5 stelle con un gruppo di parlamentari. Alle elezioni successive il suo partito, Impegno civico, ha incassato appena lo 0,6 per cento, ben lontano dalla soglia di sbarramento fissata al 3 per cento.