Perché Kim Jong-un militarizza (ancora di più) i confini con Cina e Russia
Ora la fuga è praticamente impossibile. A causa delle doppie recinzioni installate per centinaia di chilometri di confine, solo 67 disertori sono arrivati in Corea del Sud lo scorso anno. La fortificazione dei confini ha avuto effetti anche sull’economia locale, dove prolifera il commercio informale che ha dato possibilità a molte persone, in particolare le donne, di ottenere qualche guadagno in più
Recinzioni metalliche, doppi muri di cemento e nuovi posti di guardia. E ancora, telecamere, filo spinato e recinzioni elettriche, mentre le guardie di frontiera sparano a vista a chiunque tenti di attraversare il confine settentrionale della Corea del Nord. È questa la ciclopica barriera che Pyongyang ha installato lungo la sua frontiera dall’inizio della diffusione del Covid-19. La paura del virus, in un paese isolato a causa delle sanzioni internazionali imposte per il programma di sviluppo di armi nucleari, è stata la scusa su cui ha fatto leva il leader Kim Jong-un per inasprire ulteriormente la presa sui nordcoreani. Con la dichiarata fine della pandemia da parte dell’OMS, permangono comunque dubbi sulla situazione sanitaria nel paese eremita. A più riprese, la leadership coreana ha dichiarato di aver debellato il virus, salvo poi fare un passo indietro lo scorso gennaio quando le autorità hanno imposto un lockdown di cinque giorni nella capitale nordcoreana.
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Doppi muri e fortificazioni per 489 km
A rivelare l’opera di fortificazione della Corea del Nord sono le immagini satellitari analizzate da Reuters e dal Middlebury Institute of International Studies, con sede negli Stati Uniti. Le fotografie danno prova di quanto Pyongyang negli ultimi anni abbia sigillato i confini con la Cina e la Russia attraverso la costruzione di muri e il rafforzamento delle postazioni di controllo lungo i fiumi Yalu e Tumen. Dei 1400 km condivisi con la Cina e dei 18 con la Russia, la Corea del Nord ha fortificato una linea di terra lunga 489km.
Il contenimento del Covid, secondo alcuni analisti, è però l’espediente del Partito dei Lavoratori – di cui Kim Jong-un è segretario – per controllare il commercio (ufficiale e non) e limitare un ulteriore arricchimento di militari, funzionari o “piccoli borghesi”, che potrebbero costituire una minaccia per la leadership nordcoreana. Non solo. L’obiettivo della Corea del Nord è sigillare ulteriormente il paese ed evitare l’ingresso illegale di materiale culturale straniero (come le serie tv sudcoreane, tra cui la popolare Squid Game) e la fuga di dissidenti.
La fine del mercato nero
Ora la fuga è praticamente impossibile. A causa delle doppie recinzioni installate per centinaia di chilometri di confine, solo 67 disertori sono arrivati in Corea del Sud lo scorso anno, rispetto ai 1.047 del 2019. La cifra era in calo anche prima della pandemia, in parte a causa delle restrizioni più severe in Cina, la via scelta da chi voleva scappare dal paese.
La fortificazione dei confini ha avuto effetti anche sull’economia locale, dove prolifera il commercio informale che ha dato possibilità a molte persone, in particolare le donne, di ottenere qualche guadagno in più. Fino all’80% dei nordcoreani dipende dai “Jangmadang”, mercati neri sorti durante la devastante carestia degli anni ’90, quando lo stato non poteva più provvedere alla popolazione. I nordcoreani si sono trasformati in imprenditori per necessità e hanno alimento un’economia informale che ha permesso alla popolazione di ottenere beni di prima necessità. Oggi questi mercati sono legalizzati e rappresentano non solo un luogo dove acquistare cibo, vestiti e articoli per la casa. Sono diventati anche la stanza di compensazione per le informazioni dal mondo esterno, dove si possono acquistare chiavette USB caricate con film stranieri e soap opera provenienti dalla Corea del Sud.
La Corea del Nord verso una nuova carestia?
La carenza di cibo in Corea del Nord è peggiorata negli ultimi mesi, in parte a causa della chiusura delle frontiere e della riduzione del commercio tra Cina e Corea del Nord. Per via del grande isolamento e della grande segretezza che circondano il regime nordcoreano, non si hanno notizie certe per capire se sul paese stia per abbattersi un’imminente carestia. Ma un ordine lanciato da Kim Jong-un a tutte le fattorie del paese di aumentare la loro produzione di grano, per raggiungere “senza fallire” gli obiettivi di raccolto, ha sollevato molti dubbi sul fronte della sicurezza alimentare nel paese.
L’Agenzia per l’alimentazione e l’agricoltura dell’Onu, la Fao, prima della pandemia aveva già rilevato che circa la metà della popolazione nordcoreana era malnutrita. Recentemente le autorità sudcoreane hanno accusato Pyongyang di lasciar morire “decine di persone” per fame ogni giorno. Secondo l’Amministrazione per lo sviluppo rurale della Corea del Sud, il raccolto nordcoreano di cereali del 2022 è stato di 4,51 milioni di tonnellate, con un calo ulteriore rispetto al 2021 del 3,8 per cento. E, a peggiorare la situazione alimentare, il regime ha usato più decisione del solito nello schiacciare le transazioni nei mercati (illegali), il che ha creato ulteriori colli di bottiglia nella distribuzione di prodotti alimentari.
Il boom dell’esportazione di parrucche e ciglia finte
Alla diminuzione del contrabbando è corrisposto così un aumento dei commerci formale. Dopo un primo periodo di raffreddamento tra Cina e Corea del Nord, lo scambio economico tra i due paesi è tornato al 90% dei livelli pre-pandemia, grazie alla ripresa del servizio ferroviario tra la città cinese Dandong e quella nordcoreana Sinuiju.
I prodotti più richiesti sono l’acciaio nordcoreano e le terre rare, minerali fondamentali per lo sviluppo dell’industria hi-tech in Cina. Grande attenzione anche allo scambio di derrate alimentari, soprattutto frutti di mare e pesce pescato nel Mare Occidentale (prodotti finiti nel mirino delle sanzioni). Stando a quanto riporta il Nikkei Asia, il commercio bilaterale viene trainato principalmente dai prodotti dell’industria leggera (come orologi, parrucche e ciglia finte che la Corea del Nord produce internamente dopo aver acquistato il prodotto “grezzo” dalla Cina) perché non è soggetta alle sanzioni internazionali come quelle del carbone e del ferro.
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Il commercio tra i due paesi confinanti – che rappresenta oltre il 90% del commercio totale della Corea del Nord – è stato di 684,6 milioni di dollari nei primi quattro mesi di quest’anno, più del doppio della cifra dell’anno precedente e del 91% dello stesso periodo del 2019. Nel solo mese di aprile, l’Amministrazione Generale delle Dogane della Cina ha rivelato che le importazioni di parrucche, barbe e ciglia finte dalla Corea del Nord ammontavano a 121 tonnellate, per un valore di 22,6 milioni di dollari. Questi prodotti costituiscono il 71% delle esportazioni complessive della Corea del Nord verso il suo principale partner commerciale.
Il regime nordcoreano invece importa dalla Cina soprattutto riso: per i primi quattro mesi dell’anno, la Corea del Nord ha importato qualche decina di migliaia di tonnellate del prodotto, confermando la difficoltà alimentare in cui si trova il regime di Kim.
Un successo a metà per la Corea del Nord. Con la nuova stretta lungo i confini, Pyongyang ha esercitato un maggiore controllo sull’economia informale – che cede il passo ormai a quella formale – a discapito però della popolazione, su cui incombe lo spettro di una nuova carestia e per un ulteriore isolamento.
Serena Console