
E in effetti a destare perplessità non è solo l’attività editoriale di Fioravanti, ma soprattutto il fatto che i suoi contributi siano ospitati da L’Unità, il giornale fondato quasi un secolo fa da Antonio Gramsci e ora finito in mano ad Alfredo Romeo. L’imprenditore napoletano, già prescritto per tangenti e attualmente co-imputato di Tiziano Renzi in uno dei filoni dell’inchiesta Consip, ha acquistato all’asta la prestigiosa testata dal fallimento della società editrice. L’ha quindi riportata in edicola affidando la direzione a Piero Sansonetti, che ha lasciato la guida del Riformista a Matteo Renzi. Proprio dal Riformista Sansonetti ha portato con sé la collaborazione di Fioravanti, autore su quel giornale di numerosi articoli – soprattutto sulla pena di morte negli Stati Uniti – pubblicati sulla pagina dedicata a Nessuno tocchi Caino, l’ong che si occupa dei diritti dei detenuti. Per l’associazione guidata da Sergio D’Elia l’ex terrorista nero lavora come dipendente fin dal 1999, quando ottenne la semilibertà dopo 18 anni di carcere. Dieci anni dopo è tornato a essere un uomo libero visto che è stata considerata definitivamente estinta la pena di otto ergastoli, 134 anni e 8 mesi di reclusione.
Non è omonimia. Il Valerio Fioravanti che firma un pezzo sull’Unità di Sansonetti è proprio l’assassino fascista Valerio Fioravanti, condannato in via definitiva come autore materiale della strage di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti), oltre che per altri svariati omicidi
— Alessandro Robecchi (@AlRobecchi) May 30, 2023
Fioravanti era stato condannato per 95 omicidi, la maggior parte dei quali sono le persone uccise dalla bomba alla stazione di Bologna, la strage che Fioravanti ha sempre negato di aver compiuto. Per l’eccidio del 2 agosto 1980 vennero condannati anche la sua compagna di una vita Francesca Mambro, poi sposata in carcere, e Luigi Ciavardini, di recente tornato agli onori della cronaca per i legami con Chiara Colosimo, deputata di Fdi e nuova presidente della commissione Antimafia. Nonostante siano passati quasi 43 anni su Bologna i punti da chiarire restano molteplici. Sono ancora in corso i processi a Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, altri due ex estremisti neri condannati recentemente in primo grado. Secondo i giudici ci sono prove eclatanti sul fatto che all’attuazione della strage contribuirono “in modi non definiti” Licio Gelli e Federico Umberto D’Amato, storico capo dell’Ufficio Affari riservati del Viminale, individuato come “il vertice di una sorta di servizio segreto occulto”. Per la procura generale il mastro venerarabile della P2 era il finanziatore della strage, che fu compiuta dai Nar. Nelle motivazioni la corte d’Assise ripercorre anche “i silenzi, le contraddizioni e i repentini mutamenti di versione di Fioravanti”. L’ex neofascita che oggi è una firma de L’Unità, il giornale fondato da Gramsci, morto in carcere dopo essere stato imprigionato dai fascisti.
Stefania Limiti e Giuseppe Pipitone