Da quando è stata ratificata la legge n. 219 sulle cosiddette Dat nel 2017, abbiamo messo in evidenza il rischio di un percorso scivoloso che il nostro paese stava intraprendendo: l’eutanasia era ormai una realtà legalmente riconosciuta.
Vogliamo ricordare il coro generale di coloro che – inclusi i presunti cattolici “maturi” – sostenevano che le Dat non equivalgono all’eutanasia, affermando piuttosto che le Dat rappresentano un esempio supremo di autodeterminazione, simbolo di libertà e civiltà. Recentemente, è ancora possibile vedere i cartelloni dell’associazione “Luca Coscioni” che promuovono l’idea del controllo della propria vita, insistendo sul diritto individuale di decidere quando e come morire.
Tuttavia, sarebbe necessario far comprendere questo concetto ad Andrea Manca, ex sindacalista della Cgil di 58 anni proveniente da Solarussa, che ha subito una lesione cerebrale per mancanza di ossigeno a causa di un infarto il 13 settembre 2021 ed è da allora in uno stato di minima coscienza.
Come per chiunque si trovi nelle sue condizioni, nessuno può essere certo di ciò di cui egli è effettivamente cosciente. Non reagisce agli stimoli e – con una terminologia inappropriata e imprecisa – viene definito in “coma irreversibile”. Non si tratta di un “coma” dal punto di vista tecnico e l’irreversibilità si riferisce solo alla morte, secondo le neuroscienze, ma tali concetti sembrano essere ignorati.
Invece, entra in gioco la legge 219: il fratello di Andrea, Alessandro, ha fatto appello a questa legge davanti al Tribunale di Oristano: Andrea sarà “terminato”, dopo aver consultato vari esperti che hanno confermato l’impossibilità di un recupero. La vittima sarà sedata, privata di cibo e acqua fino alla morte, garantendo che non soffra. Ma questo preoccuparsi non implica che sia vivo e “sente”?
Dove è la sua autodeterminazione? Non ha lasciato alcun documento scritto… Quindi la sua volontà di morire è “presunta”. Si presume che non voglia più vivere, proprio come la sfortunata Eluana Englaro che ha aperto la strada a questa pratica disumana.
Alcuni giornali addirittura chiedono una legge sul fine vita, dato che questo processo legale è stato lungo e complicato.
Intanto, Andrea Manca muore non per sua scelta, ma per la volontà del fratello e di un giudice.
L’unica legge che dovremmo auspicare è quella che protegga le persone fragili, incapaci di esprimersi o di difendersi, da un tale destino.
Dino Valle