Ancora una volta ci troviamo a fare i conti con la necessità di compiere scelte coraggiose per salvare vite innocenti, scelte che i governi sinistrorsi del passato non hanno mai avuto il coraggio di compiere. Oggi, il Consiglio dei ministri si è riunito in una seduta urgente e straordinaria, prendendo in una manciata di minuti una decisione storica: conferire la cittadinanza italiana alla piccola Indi Gregory, strappandola così a una sentenza dell’Alta Corte londinese che aveva già fissato la sua condanna per le 15 di oggi.
La deliberazione fa seguito alla disponibilità espressa dall’ospedale pediatrico «Bambino Gesù», presidio ospedaliero privato di proprietà della Santa Sede, al ricovero e alle cure della piccola che, nata a febbraio, è affetta dalla sindrome da deperimento mitocondriale, una rarissima malattia genetica degenerativa che provoca il mancato sviluppo di tutti i muscoli.
La situazione di Indi, ora al Queen’s Medical Center di Nottingham, riflette le circostanze di altri minori, nei quali i magistrati inglesi hanno decretato in passato l’interruzione delle terapie salvavita. Le decisioni sono state orientate dal principio, contemplato dall’algido ordinamento giuridico britannico, del “miglior interesse del bambino”. Secondo tale fondamento, è un tribunale ad arrogarsi il potere di morte del paziente di un ospedale, qualora i medici stabiliscano l’irreversibilità di un processo o l’impossibilità di sopravvivenza, ordinandone la cessazione dell’assistenza meccanica – che la famiglia sia d’accordo o no, non importa – e negandogli ulteriori possibilità di cura all’estero.
Questo atto non è solo un fulmine a ciel sereno nel panorama politico, ma una pietra tombale sull’inadeguatezza dei precedenti esecutivi, che hanno lasciato che bambini come Charlie Gard, Alfie Evans e Archie Battersbee venissero privati della possibilità di lottare per la vita, accondiscendendo a decisioni giudiziarie perlomeno dubbie senza tentare ogni via possibile per opporsi.
Mentre i genitori di Indi si aggrappano a questa nuova speranza italiana, possiamo solo chiederci perché questo sentimento di compassione e l’azione decisiva siano stati così a lungo assenti. “Grazie di cuore al Governo italiano”, dice il padre di Indi, esprimendo un riconoscimento tardivo, perché inizialmente scettico, ma meritato per una nazione che finalmente mette l’umanità al di sopra del cinismo burocratico (ed eutanasico).
La lotta non è ancora finita ma, con il battagliero ex senatore leghista e nota figura cattolica Simone Pillon legale della famiglia, il messaggio è chiaro: non ci sarà più indifferenza o mancanza di azione di fronte al sacro valore della vita umana. Mentre i preparativi per il trasferimento di Indi a Roma continuano, una domanda echeggia nel silenzio colpevole del passato: quanti potrebbero essere oggi tra noi, se solo avessimo agito prima?