La scelta controversa del cardinale Pizzaballa: la kefiah al collo nella processione a Betlemme
Nel cuore della notte natalizia, una scena insolita ha attirato l’attenzione dei fedeli e degli osservatori a Betlemme. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha preso parte alla tradizionale processione e alla Messa di mezzanotte nella chiesa di Santa Caterina, accanto alla Basilica della Natività. Tuttavia, ciò che ha destato scalpore non è stata la sua presenza, ma piuttosto un particolare del suo abbigliamento: una kefiah al collo.
La kefiah, noto copricapo tradizionale palestinese, è diventata negli anni un simbolo carico di significati politici e culturali. La sua apparizione in un contesto così strettamente religioso e in una celebrazione di grande rilevanza come la Messa di mezzanotte a Betlemme ha sollevato diverse questioni sull’opportunità di tale scelta.
Da un lato, alcuni interpretano il gesto del cardinale Pizzaballa come un segno di solidarietà e vicinanza con il popolo palestinese, in un’area dove il conflitto israelo-palestinese continua a lasciare una traccia profonda. La kefiah potrebbe essere vista come un simbolo di pace e di speranza per un futuro di coesistenza e dialogo.
D’altro canto, però, vi è chi considera, se non proprio una provocazione, quanto meno inopportuna l’introduzione di un simbolo tanto politicizzato in un contesto puramente religioso. La preoccupazione principale riguarda il rischio di strumentalizzazione della fede e delle celebrazioni religiose per fini politici, un pericolo sempre in agguato in una regione dove religione e politica sono spesso intrecciate in modo complesso e delicato.
Questa scelta del cardinale Pizzaballa apre quindi un dibattito più ampio sulla linea sottile che separa l’espressione di solidarietà e impegno sociale da parte dei leader religiosi dall’uso politico dei simboli religiosi. In un mondo ideale, forse, simboli come la kefiah potrebbero essere liberati dalle loro connotazioni politiche e adottati come gesti di fraternità universale. Tuttavia, nella realtà attuale, ogni gesto e simbolo viene inevitabilmente letto attraverso il prisma delle tensioni e delle dinamiche politiche esistenti.
La scelta del cardinale Pizzaballa, dunque, mentre riflette un possibile desiderio di avvicinamento e comprensione, solleva anche interrogativi sull’adeguatezza e le conseguenze di tali gesti in contesti altamente sensibili. La speranza è che tale episodio possa essere un’occasione di riflessione e dialogo, piuttosto che un ulteriore elemento di divisione in una terra che ha un disperato bisogno di pace e comprensione reciproca.