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Palestina e ONU, l’assemblea delle ambiguità

Il riconoscimento della Palestina all’ONU e le sue implicazioni

Ah, il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite! Quel meraviglioso luogo dove si fanno gli affari del mondo, spesso con meno chiarezza di una notte senza luna. Il 7 ottobre ha segnato un altro capitolo di questa triste commedia, quando l’Assemblea Generale ha deciso di concedere alla “Palestina” quasi tutti i diritti e privilegi di uno Stato membro, benché il Consiglio di Sicurezza non l’abbia ancora riconosciuta ufficialmente come tale. Ma chi ha bisogno del Consiglio di Sicurezza, vero? Perché preoccuparsi di formalità quando possiamo avere un buon vecchio teatro politico?

Israele: Attacco diretto alla Carta delle Nazioni Unite

Sì, avete capito bene: una risoluzione per dare alla Palestina uno status de facto di Stato membro, aggirando il veto degli Stati Uniti, come se le regole fossero solo suggerimenti decorativi per queste alte istituzioni. L’ambasciatore israeliano, Gilad Erdan, non ha usato mezzi termini, descrivendo l’azione come un attacco diretto alla Carta delle Nazioni Unite, che ha simbolicamente stracciato in un mini distruggi-documenti. Paragonare gli attuali leader palestinesi ad Hitler? E perché no? Dopopotutto, l’iperbole non è mai stata un problema quando si tratta di politica internazionale.

Premiato il terrorismo?

E poi c’è Hamas, quel gruppo che molti etichettano come terroristico e che ancora governa la Striscia di Gaza. Adesso, secondo l’ONU, meritano un posto al sole internazionale, un premio politico per la loro resistenza, o dovremmo dire, per la loro brutalità? E i 143 paesi che hanno votato a favore della risoluzione sembrano pensare che sia una buona idea. Solo nove paesi hanno detto di no, inclusi gli Stati Uniti, Israele, e pochi altri baluardi di saggezza come l’Ungheria di Orban e l’Argentina di Milei. L’Italia, insieme alla Germania e al Regno Unito, ha scelto la via dell’astensione, quel comodo non-dire né sì né no che spesso caratterizza la loro politica estera.

Defund UN: musica per le orecchie di alcuni

Non sorprende che questa mossa dell’ONU sia in contraddizione con le leggi americane – specificamente, la legge approvata nel 1990 che imporrebbe agli USA di tagliare i fondi alle Nazioni Unite se questa concedesse alla Palestina lo status di membro. Anne Bayefsky, un’autorità in materia, ha chiarito su Fox News che se questa risoluzione venisse accettata, i fondi dovrebbero essere tagliati. E dove è il Congresso in tutto questo? Ah, probabilmente troppo impegnato a discutere di altre crisi per notare quello che potrebbe essere un terremoto finanziario per le Nazioni Unite.

Il futuro secondo Trump… e Biden?

Mentre l’attuale amministrazione Biden potrebbe non essere incline a sospendere i finanziamenti all’ONU, chi può dire cosa accadrà se Donald Trump tornasse alla Casa Bianca? Egli potrebbe benissimo decidere di tagliare i fondi, mettendo in seria difficoltà l’organizzazione. D’altronde, il 25% del budget dell’ONU proviene dai portafogli degli Stati Uniti. Senza quella disponibilità di denaro, il funzionamento dell’ONU potrebbe realmente essere compromesso, cosa che, secondo alcuni, non sarebbe un male, considerando che l’organizzazione è vista da molti come un club per dittatori e despoti vari, piuttosto che un effettivo promulgatore del bene globale.

Tra cinismo e speranza

In conclusione, mentre il mondo continua a guardare, la saga dell’ONU e della Palestina si dipana come un infinito serial televisivo, con colpi di scena, retorica inflammati, e decisioni che spesso sembrano più teatrali che pratiche. Forse, un giorno, potremo vedere una risoluzione di pace che sia effettiva e duratura. Ma, per ora, sembra che continueremo a navigare in queste acque turbolente con non più di una bussola politica rotta e una carta nautica stracciata. E in questo scenario, il sarcasmo potrebbe essere l’unica risposta sensata alla follia internazionale.

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Pubblicato inCastelli di sabbia

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