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Proprio pochi giorni fa, sul sito NicolaPorro.it, raccontavamo il singolare caso di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e candidato a guidare la segreteria del Pd, dopo essersi fatto immortalare (e poi pubblicare fieramente sui social) con alle spalle una bandiera falce e martello del Partito Comunista Italiano, a Livorno.

Sottolineavamo l’ipocrisia di un certo mondo progressista, sempre pronto a puntare il dito sull’allarme fascismo, sull’onda nera e sull’inesistente ritorno dell’autoritarismo delle destre; ma così tanto debole e fragile dinanzi all’altra faccia della medaglia, quella della sanguinaria Unione Sovietica.

Eppure, scava, scava, anche alla Cgil di Bologna di comunisti ne rimangono in abbondanza, e questa volta sono più agguerriti che mai. Clamoroso è stato infatti il momento della proclamazione del nuovo segretario del sindacato, che andrà a sostituire Maurizio Lunghi. Al momento della lettura dei risultati, che hanno visto trionfare l’ex segretario generale della Fiom di Forlì, Michele Bulgarelli, si sono innalzate le note dell’inno dell’Unione Sovietica, sotto gli applausi scroscianti del pubblico presente.

Una scena a dir poco paradossale, che però si congiunge alle prime parole del neo-leader della Cgil, che sanno intrinsecamente di marxismo. Bulgarelli parla di indirizzo sindacale programmatico “rivendicativo e contrattuale”, di “proselitismo e rinnovato insediamento nei luoghi di lavoro”, accanto ad “una contrattazione con la priorità dei salari e della lotta alla precarietà, il rafforzamento della formazione e della comunicazione sindacale e un ruolo anche internazionale del sindacato e della Camera del lavoro”. Il tutto condito dall’abbraccio fraterno con Landini, rimasto impassibile dinanzi all’inno dell’Unione Sovietica a pieno volume. “Ti pare normale – dice il viceministro Galeazzo Bignami di FdI – che il nuovo segretario di sezione della Ggil sia salutato alla presenza di Landini con l’inno della ex Urss? E lui zitto”.

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Se Bonaccini, in risposta al nostro articolo di qualche giorno fa, ci ricordava come il Pci fosse storia; vorremmo chiedere ai kompagni della Cgil se effettivamente anche l’Urss, il leninismo, lo stalinismo, i gulag, la dittatura rossa facciano parte della storia d’Italia. Sicuramente, una macchia rossa nelle nostre pagine c’è, ed è proprio quella che gli ispirati da Mosca del dopoguerra hanno deciso di nascondere per molti decenni: le Foibe.

Ma si sa, questo è il Paese in cui si mette in croce il presidente del Senato, Ignazio La Russa, per aver ricordato con orgoglio l’anniversario della nascita del Movimento Sociale Italiano (il partito che sì raccoglieva migliaia di repubblichini, ma che ha seduto in Parlamento dal 1948 al ’94); ma non si dice e non si dirà nulla sulle scene avvenute a Bologna ieri.

Si badi bene. Da veri liberali, mai ci sogneremmo di mettere il bavaglio alla Cgil di Bologna. Però, per favore, si elimini l’insopportabile retorica sul pericolo estremismo, che in questi anni ci ha accompagnato prima con Silvio Berlusconi, poi con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Altrimenti, a queste condizioni si cade in un orribile doppiopesismo politico. E inesorabilmente nella farsa.

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