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La Svezia indossa il gilet NATO

E così, signore e signori, il grande circo geopolitico ci regala un nuovo, strabiliante numero: la Svezia, la terra dell’IKEA, degli ABBA e del Nobel, decide che il suo secolare impegno per la neutralità era, probabilmente, solo una fase passeggera. Un po’ come quei tatuaggi fatti in una notte di follia che poi, sobri, si guarda con un misto di rimpianto e rassegnazione. Sì, perché dopo aver elegantemente schivato due guerre mondiali – un po’ come quei ragazzi che riescono a non essere mai colpiti a dodgeball – la Svezia ha deciso che era il momento di unirsi alla festa. E quale festa migliore della NATO, l’eterna festa dell’era della Guerra Fredda che, a quanto pare, non ha mai davvero smesso di ballare?

Entrando ufficialmente come 32° membro, la Svezia ha scelto di abbandonare quella secolare politica di neutralità che l’aveva resa un po’ l’adulto responsabile in una stanza piena di adolescenti litigiosi. Ad annunciare l’adesione, un Primo Ministro svedese visibilmente eccitato, Ulf Kristersson, e un Antony Blinken che probabilmente si stava già sfregando le mani al pensiero di tutte quelle nuove basi in Svezia pronte ad accogliere truppe americane con le braccia aperte.

“Oh, è un momento storico!” hanno esclamato, e sicuramente lo è. Storico nel senso che fra qualche decennio, gli storici si gratteranno la testa cercando di capire il perché di questa mossa. “La nostra alleanza NATO è ora più forte, più grande di quanto sia mai stata”, hanno proclamato. Ma la domanda sorge spontanea: più grande equivale a più saggio? O è solo un altro caso di “più siamo meglio stiamo”, sperando che la quantità trionfi sulla qualità?

Nel frattempo, dall’altra parte del ring, la Russia non sembra essere rimasta particolarmente colpita da questo nuovo sviluppo. “Ah, avete aggiunto un altro giocatore alla vostra squadra? Interessante. Forse è ora di rafforzare un po’ le nostre difese”, potrebbe essere stato il pensiero di Sergei Shoigu, ministro della Difesa russo, che ha prontamente annunciato un potenziamento militare. Insomma, la solita risposta misurata e proporzionata che ci si aspetterebbe in questi casi.

Non possiamo dimenticare, però, la promessa fatta dagli Stati Uniti alla fine della Guerra Fredda, quella di non allargare la NATO a est della Germania. Una promessa che, come molti impegni presi alla fine di una relazione, non è stata mantenuta. E se da una parte abbiamo gli Stati Uniti che hanno deciso di interpretare la Russia post-sovietica come il cattivo di turno, dall’altra abbiamo un Putin che, di fronte all’idea di vedere l’Ucraina entrare in NATO, ha scelto di rispondere con quello che lui definisce un’ “Operazione Militare Speciale”. Un nome che suona un po’ come chiamare un uragano “brezza estiva”: suona meglio, ma il risultato non cambia.

Allora, cosa ci guadagna la Svezia da tutto questo? Oltre alla discutibile gioia di ospitare basi militari straniere e al dubbio onore di essere l’ospite d’onore al discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Biden (evento che molti scambierebbero volentieri con un biglietto per l’Eurovision), rimane da vedere quale sarà il vero impatto di questa mossa. Forse, in un mondo che sembra correre verso una nuova Guerra Fredda con lo stesso entusiasmo di un bambino verso un negozio di caramelle, la Svezia ha deciso che è meglio essere dentro con gli amici, piuttosto che fuori al freddo. Ma come in ogni festa che si rispetti, solo il tempo dirà se la scelta di indossare il gilet NATO era la mossa giusta, o se alla fine della serata, la Svezia si ritroverà a chiedersi: “Ma io qui, cosa ci faccio esattamente?”

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