“…sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare…”

Questa notte tra il 12 e il 13 novembre 2023, alle 01:45, è deceduta la piccola Indi Gregory. La notizia arriva da Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, e dall’avvocato Simone Pillon, che hanno seguito gli sviluppi del lato italiano della vicenda in contatto con i legali inglesi e la famiglia.
In questi giorni sconcertanti, assistiamo a un’azione di un governo che si atteggia a giudice della vita altrui. È un momento in cui, per alcuni, sorge un orgoglio nazionale per gli sforzi compiuti nel tentativo di sottrarre la piccola Indi a una morte imposta da decisioni statali fredde e distaccate.
Ma questa mentalità, che dovrebbe farci rabbrividire, sembra aver messo radici anche in Italia, come dimostrato dalle politiche nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia. Si assiste a un’inquietante accettazione di una filosofia eutanasica in regioni governate da coloro che, per etichetta politica, dovrebbero opporvisi.
Quando si parla di casi come quello di Indi, Charlie Gard e Alfie Evans, vediamo una netta divisione nelle reazioni. C’è chi si è battuto con preghiere e proteste, e chi ha risposto con un silenzio imbarazzante, giustificando la morte di questi innocenti con una logica distorta che confonde la cura con l’accanimento terapeutico.
La nostra società sembra dimenticare le molte altre vittime della mentalità eutanasica, non solo in Inghilterra ma anche in Italia. Sembra che il valore della vita umana venga scartato facilmente, camuffato dietro la maschera dell’autodeterminazione. Testimonianze dal Belgio, dall’Olanda e dal Canada mostrano la triste realtà di persone lasciate sole a morire, con la loro “volontà” di morire che diventa conveniente per le finanze statali.
La vita è sacra e inviolabile, senza se e senza ma. Bene e male non possono essere confusi o compromessi. La chiarezza morale è essenziale: un sì deve essere sì, un no deve essere no; tutto ciò che è diverso proviene dall’oscurità.
Eppure, in mezzo alla tristezza di queste storie, c’è un aspetto ancor più allarmante che spesso passa inosservato: la nazione che si considera la “culla della democrazia” promuove politiche che superano in crudeltà quelle di tempi bui e passati e che negano ai genitori il diritto di curare i propri figli. È l’atto di uno Stato padrone che calpesta non solo i diritti individuali ma quelli della famiglia, nucleo fondamentale della società.
Un vero Stato democratico deve rimuovere gli ostacoli che limitano lo sviluppo umano, non erigerli. Indi, e tanti come lei, meritavano di vivere ogni possibile giorno, mese o anno; meritavano di amare ed essere amati. Invece, un sistema freddo e calcolatore ha deciso per loro, rubando l’amore e la speranza.
Abbiamo alzato la voce? Abbiamo protestato davanti ai consolati, inviato lettere di fuoco alle ambasciate, affrontato il disprezzo dei cosiddetti progressisti per difendere la sacralità della vita? Abbiamo pregato abbastanza? No, non lo abbiamo fatto. E per questo, cara piccola Indi, dobbiamo chiederti scusa.